DYLAN DOG Color Fest #10
Altroquando
Un’analisi efficace di questo decimo Color Fest dylandoghiano non può prescindere da alcune considerazioni più ampie sui Color Fest. L’idea iniziale di questo tipo di pubblicazione era quella di affidare storie di Dylan Dog brevi, inedite e a colori, a vari scrittori e/o disegnatori, molte volte presi tra quelli che non rientrano nel parco autori della serie regolare di Dylan (con le ovvie “eccezioni” dei vari Gualdoni, Recchioni e Barbato ecc. che nel tempo hanno contribuito all’operazione pur facendo parte dello staff dylaniato). Questo concept aveva dei pro e dei contro: da una parte dà spazio alla fantasia dei vari autori, dall’altra limita questo spazio nel recinto di 32 tavole, un terzo di un albo bonelliano regolare. In più, si è passati col tempo dalla periodicità annuale alla periodicità semestrale, raddoppiando il numero complessivo di storie messe in cantiere ogni anno.[Fine del preambolo]
Venendo a questo volume, i nomi degli autori coinvolti e le tavole d’anteprima circolate in rete nelle settimane precedenti all’uscita dell’albo potevano dare adito a buone speranze. Bella la cover di Davide De Cubellis (già copertinista dell’ultima stagione di John Doe e, tra le altre cose, disegnatore di Martin Mystère). Bello anche il tema scelto per le quattro storie brevi: “Altroquando” (prendendo spunto dallo storico secondo Speciale Dylan Dog del luglio 1988, “Gli orrori di Altroquando”, di Tiziano Sclavi e Attilio Micheluzzi) ovvero immaginare il protagonista in contesti diversi dal punto di vista dell’epoca storica o di scelte differenti o di “universi paralleli” (un po’ il corrispettivo dei “What if…?” o degli “Elseworlds” dei comic book americani, insomma).
Tutto molto bello? In realtà qualche deficit lo si intravede nel modo in cui il tutto viene applicato alle singole storie. Eccezion fatta per “Addio, Groucho”, che merita un discorso a parte, le altre tre storie risentono abbastanza delle poche pagine messe a disposizione, e globalmente non vanno molto oltre lo spunto azzeccato e i disegni di gradevole fattura.
Nello specifico, la seconda storia, “La banda maculata”, ad opera di Serra e Bignamini, ritrae il nostro Dylan in versione Sherlock Holmes! E l’idea è bella, in una ricostruzione storica che la coppia di autori aveva già dimostrato d’essere abile a ricreare (nei vari albi della miniserie Greystorm che portavano la loro firma). Per il resto il plot si muove su binari non troppo innovativi, eccezion fatta per le ultime due tavole finali, che rimescolano le carte in maniera opportuna e sorprendente.
La terza storia, invece, è un vero e proprio “Cosa sarebbe successo se…”.
Il “se” prende spunto da alcune storie (il numero 100 in primis) che narravano l’infanzia di Dylan. Quindi la storia narra la vita del nostro eroe che è rimasto nel ‘600 senza essere catapultato nel nostro tempo, a vivere quindi una sorta di horror-fantasy (scritto da Chiara Caccivo e splendidamente illustrato dai Cestaro Bros). L’episodio, in cui torna un po’ anche lo splatter dei primi Dylan Dog, di certo conferma l’annotazione della mancanza di spazio, con un finale aperto che lo configura un po’ come un ipotetico prologo di un’eventuale serie a parte (chissà che gli autori non riprendano lo spunto in altre forme e in altre sedi?).
Chiude il “veterano” Gualdoni accompagnato dal dampyriano Raimondo, con “Doppia identità”, in cui il nostro Indagatore dell’Incubo è un bamboccione nerd un po’ sfigato che aiuta una sua amica a risolvere dei delitti. Anche in questo caso, il finale piacevole e un certo gusto per i colpi di scena rendono godibile una storia globalmente non memorabile.
Dicevamo, però, che è giusto soffermarsi sulla storia di Alessandro Bilotta e Paolo Martinello (rispettivamente ideatore e copertinista di Valter Buio, solo per citare l’esperienza precedente in comune dei due autori).
“Addio, Groucho” costituisce il piovoso prequel di un’altra storia breve, sempre di Bilotta (per i disegni di Carmine di Giandomenico): “Il pianeta dei morti”, pubblicata nel secondo Color Fest, che “si svolgeva in un ipotetico, oscuro futuro in cui gli zombi dominano il mondo e dove un malinconico e alcolizzato Dylan Dog, promosso a ispettore di Scotland Yard, combatte una guerra persa contro la malvagità del potere” (come riassume il sito Bonelli).
Ora, scopriremo come Groucho è arrivato al suo destino (che già conosciamo perché abbiamo letto il seguito) e come è inziata l’epidemia di zombie. Tralasciando il fatto che già si fosse a conoscenza di gran parte della trama, Bilotta riesce a lanciarci vari spunti (e tanti occhiolini per fan dylandoghiani), facendo poi muovere tutto con accuratezza.
Lo scrittore ancora una volta ci dà modo di apprezzare una delle sue doti più preziose: la coerenza, lo spessore nelle scelte narrative e nello studio dei personaggi e delle situazioni. Davvero notevole come tutto si intersechi e riesca a risultare avvincente e godibile. Per finire, giusto un inchino di fronte ai dipinti di Martinello, finora visto in Italia più che altro come copertinista: sinuosamente gioca con le linee, i colori e le atmosfere e ci regala un risultato maestoso che probabilmente vale da solo il prezzo dell’albo. E scusateci se abbiamo tenuto il meglio per le ultime righe, ma temevamo di distrarci e parlare solo di “Addio, Groucho”.
Giuseppe "Giuppo" Lamola
Bignamini |
Cestaro |
Martinello: l'illustrazione realizzata per i DylanDogofili in occasione del Comicon |
Martinello |
DYLAN DOG COLOR FEST n.10
• Data di pubblicazione: Aprile 2013
• Editore: Sergio Bonelli Editore
• Copertina: Davide De Cubellis
CREDITS
“ADDIO, GROUCHO”
• Testi: Alessandro Bilotta
• Disegni e colori: Paolo Martinello
“LA BANDA MACULATA”
• Testi: Antonio Serra
• Disegni: Alessandro Bignamini
• Colori: Overdrive Studio
“I GIORNI OSCURI”
• Testi: Claudia Caccivo
• Disegni: Gianluca e Raul Cestaro
• Colori: Overdrive Studio
“DOPPIA IDENTITA’”
• Testi: Giovanni Gualdoni
• Disegni: Luca Raimondo
• Colori: Overdrive Studio