i Maestri del fumetto: GIANNI SEDIOLI
Quattro chiacchiere con uno degli artisti più poliedrici del fumetto italiano
Artista completo e versatile, uomo disponibile e intelligente,
Gianni Sedioli ci ha gentilmente concesso una lunga intervista sulla sua ormai ventennale carriera. Dagli esordi sul settimanale “Tiramolla”, passando per le sue esperienze di autoproduzione, fino alle epiche avventure bonelliane di “Zagor”. Audaci amici, eccovi le parole del nostro Audace amico Gianni: buona lettura!
I tempi del tuo esordio sul settimanale “Tiramolla” (edito dalla romana ComicArt) sembrano molto lontani. Che ricordi hai di quell’esperienza? È stata per te una palestra importante?
È stata un'esperienza entusiasmante! Per la prima volta ero a contatto con il mondo del fumetto, quello vero delle redazioni, dei disegnatori professionisti, dei responsabili artistici . Ebbi modo di conoscere Lorenzo Bartoli e Andrea Domestici che a quel tempo erano i curatori del settimanale ed imparai tantissimo sul fumetto come mestiere. Io sono autodidatta e devo molto a persone come Lorenzo e Andrea che con incredibile pazienza mi spiegarono le regole del fumetto professionale da edicola.
Tiramolla |
La prima storia che hai disegnato è stata “Bombarda e l'assalto alla diligenza”, nel 1992. Cosa ci puoi dire a proposito?
Beh, la prima storia pubblicata non si scorda mai!!! Ricordo quasi la paura nel disegnare queste poche pagine della storia. Sapevo che sarebbe stata considerata una sorta di esame, un lasciapassare per un futuro come disegnatore di fumetti e la tensione era tanta. Poi con l'aiuto della redazione per fortuna tutto andò per il meglio.
Mentre è stato sul n. 5 di “Tiramolla” sempre nel 1992, per la precisione con la storia “Tesori nascosti”, che hai esordito anche come autore: un aspetto del tuo lavoro – questo di essere autore completo – che ti ha sempre interessato…
Sì, per me il fare il fumetto vuol dire sostanzialmente raccontare delle storie. Tuttora, anche se ormai disegno da anni storie scritte da altri, non mi sento “illustratore” ma “narratore di storie”. A quei tempi mi si presentò l'occasione e fu una bella esperienza. Telefonavo a Bartoli raccontandogli più o meno il soggetto e lui mi diceva «ok fammi una storia di circa 12-14 pagine». Io la sceneggiavo e dopo approvazione disegnavo le tavole a matita.
Hai continuato a lavorare per “Tiramolla” fino alla chiusura del settimanale nel 1993, realizzando in totale ben 6 storie. A quale di queste sei più legato e perché?
Ricordo molto volentieri “I racconti di Bombarda: il prototipo XY7” perché cominciai a guardare il mio lavoro con soddisfazione. Cominciavo ad essere soddisfatto del disegno, dell'inchiostrazione e anche la sceneggiatura scorreva via molto comprensibile e dinamica. Diciamo che con quella storia cominciai a sentirmi fumettista dentro!
Se il periodico non avesse chiuso i battenti, avresti continuato la tua collaborazione?
Probabilmente sì. Mi piaceva e mi piace tutt'ora il fumetto umoristico per bambini ed il fatto di lavorare come autore completo mi appagava parecchio dal punto di vista creativo.
Una pagina di Tiramolla illustrata da Sedioli |
Poi, nel 1994, per i tipi della Luca’s hai realizzato “Cronache di Mondi Fantasy”. Di che tipo di fumetto si tratta? A chi ti sei ispirato?
I tipi della Luca's erano appassionati di giochi di ruolo e così mi proposero di realizzare una storia tratta da un'avventura realmente giocata con i protagonisti tratti dai veri personaggi giocati e così nacque “Cronache di mondi fantasy”. Un prodotto piuttosto amatoriale ma ben confezionato.
Sappiamo anche che hai collaborato con la B.B.D.Press: quale è stato il frutto di questo incontro?
Con la BBD Press provai a passare al genere realistico. Finita l'esperienza con “Tiramolla” mi sono dovuto reinventare un altro ruolo come disegnatore di fumetti e mi si presentò l'occasione per provare con un genere diverso. Cosa più semplice a dirsi che a farsi. Non avevo mai disegnato niente di “realistico” e da buon autodidatta cominciai a studiare sui manuali di anatomia e sulle tavole disegnate dai grandi maestri con il risultato di riuscire a produrre tavole sì dal gusto amatoriale ma fare anche tantissima esperienza ed essere persino pagato. Esperienza che da lì a poco mi sarebbe servita!
Sei stato l’autore di due dei tre numeri totali della miniserie “Steampunk” che a cavallo tra il 1994 e il 1995 è stata pubblicata dalla Hobby & Work; ti va di raccontarci come sei arrivato a questo lavoro?
Arrivai alla H&W praticamente per caso! Incrociai per il centro di Ravenna Riccardo Crosa, il grandissimo disegnatore papà del “Rigor Mortis” ora impegnato per il mercato francese, che mi accennò ad un nuovo progetto di bonellide. Così mi presentai a Milano alla H&W presentandomi come disegnatore e dopo alcune prove mi diedero da realizzare ben due albi di tre della miniserie!
È stato un lavoro che ti è servito a crescere e migliorare come disegnatore?
Esattamente! Due numeri interi in formato Bonelli. Tantissima esperienza nel genere “realistico” e anche la soddisfazione di essere pagato per la prima volta degnamente. Tornato a casa dall'ultima consegna con un bell'assegno finalmente potevo dimostrare alla mia famiglia che di fumetti ci si poteva campare e psicologicamente non è cosa da poco!
Una delle cose che maggiormente colpisce di te è il fatto che a un certo punto della tua carriera hai deciso di autoprodurti. Come è stato possibile per te produrre il tuo fumetto? È stato difficile fondare una tua casa editrice, la SeagullComics?
L'idea di autoprodurmi fu veramente decisiva per la mia carriera di fumettista. Ero arrivato al punto di avere già avuto alcune esperienze di lavoro ma ancora non ero riuscito ad inserirmi completamente nel mondo del fumetto da farne la mia unica attività come desideravo. Così decisi, con grande incoscienza, di autoprodurmi una serie da fumetteria tutta mia. Passai in banca a chiedere un prestito e credo di essere stato molto convincente visto che me lo concessero nonostante l'idea “spericolata”. Con questi soldi riuscii a produrre solo due numeri, uno speciale e pagarmi la presenza alla fiera di Roma nel 1996. Le vendite in fumetteria ovviamente non erano state sufficienti a ripagarmi il prestito e l'operazione dal punto di vista economico fu un vero fallimento. Ma la parte creativa, i personaggi, lo stile adottato, la grafica dell'edizione, la storia furono invece un vero successo!
Mi arrivarono a casa lettere da lettori entusiasti, il mio ”giornalino “cominciò a girare tra le mani degli addetti ai lavori e mi diede modo di conoscere persone già inserite nel mondo del fumetto. Insomma, “The Witch” della SeagullComics fu un bellissimo biglietto da visita da proporre agli editori e funzionò molto meglio di tanti pacchi di fotocopie che avevo spedito fino a quel momento alle redazioni.
Fu proprio quest'iniziativa a permettermi di riuscire ad entrare in Bonelli! A un appuntamento presentai a Michele Pepe alcune fotocopie ispirate ai loro personaggi che lui sfogliò
pigramente e quando alla fine, me la stavo vedendo brutta, fu colpito dal mio fumetto e dagli originali che mi ero portato dietro da usare in caso di necessità. Lo stile adottato in “The Witch” non era infatti per niente “bonelliano” e per questo l'avevo tenuto come ultima carta da giocare e invece Pepe disse:«...però simpatici questi personaggi!» e mi assicurò che avrebbe fatto vedere i disegni ad Antonio Serra. Ebbene, dopo pochi giorni mi arrivò la telefonata da Milano e da quel momento cominciò la mia collaborazione con la SBE che dura tutt'ora con mia grande soddisfazione!
Come sei arrivato all’ideazione di “The Witch”? Vuoi descrivere la mini serie a chi non l’ha mai letta?
Con “The Witch” volevo metter a frutto le mie esperienze e fare vedere cosa sapevo fare e cosa potenzialmente avrei potuto fare. Così adottai uno stile allora moderno alla “Gen13”. Pensai ad alcuni personaggi dotati di simpatia e da movenze da fumetto umoristico. Nella storia c'era di tutto! In breve, 4 ragazzi rockettari si imbattono in Alice Nemved, giovane strega rapita dagli alieni nella Praga del 1600. La ospitano ma si trovano a che fare con improbabili mostri extraterrestri a caccia della fuggitiva a loro volta inseguiti dall'agente Nolan del FBI. Alice inoltre, quando dorme vive un mondo onirico fantasy ispirato alle rovine dei fori imperiali di Roma....insomma un turbine di idee e di energia creativa, magari caotica, mescolata alle mie esperienze di lavoro e i miei gusti personali. Un'esperienza di cui tutt’oggi vado fiero!
Ti va di raccontarci qualcosa anche dell’avventura dei “Sunglasses”?
I “Sunglasses” era il nome della rock band composta dai quattro dei protagonisti della serie “The Witch”. Diciamo che fu uno speciale o spinoff legato alla serie principale. Raccontava le avventure molto giovanilistiche di questi ragazzi, tra spiagge, discoteche e musica dove saltava fuori tutto il mio essere romagnolo. Ovviamente senza troppe pretese ma tanto divertimento soprattutto da parte mia nel disegnarle.
Nel 1997 hai iniziato a collaborare con la Sergio Bonelli Editore che, nel bene e nel male, in Italia vuol dire entrare a far parte nel mondo del fumetto che conta, o no?
Collaborare con la SBE significa tante cose. Sicuramente una soddisfazione personale per essere all'altezza di tanto nome e poi finalmente un certa tranquillità nel lavorare in maniera
continuativa e permettersi di poter avere un vita privata abbastanza normale anche svolgendo un attività come il fumettista! Io non so se automaticamente si diventa uno che conta solo per il fatto di collaborare con la SBE. Certamente ci sono tantissimi autori validi in Bonelli ma ce ne sono tanti anche fuori e tanti autori giovani ancora in attesa di essere scoperti.
Step by step per una illustratione |
Chi ti ha scelto all’inizio?
Come dicevo prima, il mio arrivo alla SBE è molto legato all' esperienza di autoproduzione ma dovrei ringraziare Michele Pepe (purtroppo non è più con noi) ed Antonio Serra che hanno visto in me la “follia” da fumettista più che le abilità tecniche!
Ricordi con piacere il tuo primo lavoro svolto per la testata legata a “Martin Mystere”, “Zona X” (“La guardiana della fonte”)?
Sì e no. Onestamente il mio inizio alla SBE fu abbastanza difficile. Arrivai sull'onda dell'entusiasmo del mio stile adottato su “The Witch”. Poi però questo stile, lo stesso per cui ero stato preso, in qualche maniera non piaceva particolarmente a Bonelli e a Canzio, o perlomeno, lo trovarono troppo alternativo (...effettivamente col senno di poi...) per cui fui costretto ad una rapida “bonellizzazione” se non volevo rischiare di restare fuori. Così il lavoro su “Zona X” fu ancora una volta un trapasso tra uno stile ed un altro. Se aggiungiamo poi che la storia fungeva da semplice fill-in da riempimento a un capolavoro di Alessandrini...sicuramente sarei uscito massacrato dal paragone che i lettori avrebbero inevitabilmente fatto...e così fu. Però da buon autodidatta imparavo. Imparavo l'arte e facevo tesoro di tutte le esperienze e dei suggerimenti avuti dai grandi professionisti che mi circondavano.
Il 2000 ti ha portato una piacevole novità: il tuo esordio per una serie Bonelli regolare! Si tratta della storia “Il Laboratorio Segreto” scritta da Memola e Vietti per la serie “Jonathan Steele” (n. 10 del gennaio 2000). Che effetto ti fece?
Fu lo stesso Antonio Serra a propormi di entrare nello staff di una nuova serie che si stava preparando. Si trattava per l'appunto Jonathan Steele. Far parte dello staff originale di JS fu una grande e piacevole esperienza. Imparai tantissimo sui meccanismi di lavoro di una grande casa editrice. La preparazione dei personaggi, le riunioni, le prove. Eravamo un buon gruppo di autori e anche se la
serie, a mio parere, uscì troppo in anticipo sui tempi per tematiche e scelte grafiche, quello di JS fu per me un buon periodo. Tecnicamente “il laboratorio segreto” consisteva ancora nell'avvicinamento alla linea Bonelli dal mio stile originale ma credo che già allora fosse di buon livello.
In totale hai realizzato ben cinque avventure per questa serie: a quale sei più legato e perché?
Sicuramente a “Vincitori e vinti”. Lo stile di disegno si era ulteriormente modificato e si adattava particolarmente ai toni della storia. Ancora oggi me la passo tra le mani con molto piacere.
Il tuo nome è legato anche a un’altra icona della Bonelli, “Legs Weaver”. È stato piacevole lavorare all’albo “Spectrum” (per i testi di Piani, LW n. 69 agosto 2001)?
Tra un Jonathan e l'altro mi capitò quest'esperienza. Da irrequieto quale sono non mi accontentai di disegnare Legs con lo stile di JS, ma volli provare un’ulteriore sperimentazione. Adottai infatti, uno stile molto grafico, ruvido, essenziale e cattivo. Forse più da graphic novel che da serie Bonelli. Antonio Serra e Stefano Piani non dissero di no, anzi, gradirono la cosa ed io mi divertii molto a disegnare astronavi e basi spaziali!
Nel febbraio 2004, invece, è uscito il tuo primo albo della serie regolare di “Zagor”. Come ti sei trovato a cambiare ancora una volta ambientazione, sperimentando per la prima volta lo stile classico italiano d’avventura?
È vero. Con Zagor si passa allo stile classico italiano che però non mi era nuovo, almeno nella testa. Zagor è sempre stato il mio personaggio preferito fin da piccolo e sapevo benissimo quali erano i punti di riferimento grafici: Ferri, Donatelli, Bignotti. Disegnatori che ho sempre amato. Certo passare da uno stile comics-manga di JS e Legs al classico italiano di Zagor non è cosa semplice, e infatti mi servì un po’ di rodaggio per infilare la cosa giusta.
Finora hai disegnato sei albi (3 storie) per la serie dello Spirito con la Scure e ben tre mastodontici (320 pagine l’uno) “Maxi Zagor” (nn. 6, 10 e 14): ti senti più a tuo agio sulla serie regolare o sugli albi extra? Per voi autori cambia qualcosa, la pressione e le aspettative magari?
Non trovo molte differenze nell'affrontare storie per la serie regolare o quelle per i maxi. Forse saper che la serie regolare è più seguita dai lettori rispetto ai maxi può caricare leggermente la
tensione ma non troppo. Più o meno riesco ad affrontare l'impegno allo stesso modo.
Come vedi la grande ristampa a colori di “Zagor” in edicola da metà febbraio? È un’iniziativa destinata a incontrare il favore del pubblico, secondo te? Riuscirà a resistere al passare del tempo, dopo i fasti iniziali dettati dall’euforia?
Sono molto felice di quest'iniziativa. Zagor sta passando un buon momento. È seguito appassionatamente da un buon gruppo di lettori. È protagonista di numerose iniziative legate al fumetto in tutt'Italia e all'estero. Ragion per cui son convinto che questa ristampa a colori possa avere un buon successo. Certo, dopo i primi numeri le vendite si assesteranno ma penso che quelli di Repubblica non rimarranno delusi dagli zagoriani.
Parliamo del tuo stile: come lo definiresti?
“Trasversale”!!! In effetti sono passato dall'umoristico al realistico classico passando per lo stile comics...in quasi vent'anni di lavoro mi sono adattato alle situazioni cercando di fare la cosa migliore a seconda delle esigenze. Forse è proprio questa “adattabilità” il mio punto di forza.
Sei un artista che si è cimentato con tanti stili e completamente diversi tra loro riuscendo sempre a trovare il giusto equilibrio. Per te vale la regola che se uno sa disegnare, allora può fare qualsiasi cosa, oppure c’è dell’altro?
Non saprei, come dicevo prima mi sono sempre adattato alla situazione. Probabilmente perché all'inizio mi sono avvicinato al fumetto come appassionato. La mia passione era così forte che avevo deciso di fare fumetti fin da piccolo. Nel senso del “fare fumetti” intendo proprio il lavorarci sopra e non ho mai pensato di usare i fumetti per esprimere chissà quali capacità artistiche. Queste se ci sono, sono venute col tempo, col duro lavoro e tanta tanta passione. Il fatto di essere autodidatta mi ha aiutato forse nell'avere l'umiltà di ascoltare tutti i consigli e “accontentarsi” di lavorare con i fumetti per cui mi sono sempre posto il problema di accontentare il committente prima ancora che me stesso, come un semplice artigiano. Forse è un limite forse no, ma sta di fatto che sono ormai vent'anni che disegno fumetti e questo mi basta.
Su quale testata di sei trovato più a tuo agio a disegnare?
Direi Tiramolla e Zagor!!!
C’è un personaggio di cui ti piacerebbe disegnare un’avventura?
Più di uno! Tex e l'Uomo Ragno su tutti!
Uno sketch di SpiderMan di Gianni |
Qual è il tuo personaggio a fumetti preferito di sempre?
Zagor senza dubbio! Subito dopo viene Thor; quello di Kirby e Colletta era una meraviglia!
Chi sono stati i tuoi maestri, i tuoi modelli? Chi ti ha spinto a prendere la matita e a disegnare?
Tanti e di tanti generi. Ferri, Galep, Donatelli, Letteri, Bignotti, Kirby, Colan, Buscema, Romita, Wrightson, Red Candrall, Campbell, Silvestri, Lee, Alan Davis, G. B. Carpi, Scarpa, Asteriti, Bottaro...
È stata la mia indole naturale a spingermi a disegnare! Questa passione non è mai stata appoggiata in casa perché i miei temevano per me un futuro difficile e non credevano che con i fumetti ci si potesse vivere tant'è che sono autodidatta. Le cose sono cambiate quando ho cominciato a girare le redazioni mostrando i miei disegni dove ho incontrato persone squisite come Marina Baggio alla Vallardi, Bartoli e Domestici alla Comic art , Carpi alla Disney che mi hanno, loro sì, incoraggiato a fare sul serio con questa passione per i fumetti.
Il Maestro Gianni Sedioli |
Qual è il fumetto senza il quale non potresti vivere?
Zagor, letteralmente in tutti i sensi!
Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Che cosa c’è in cantiere?
Sono al lavoro su tre storie di Zagor contemporaneamente. Una, “Terremoto”, in collaborazione con Marco Verni e con i testi di Burattini; l'altra scritta da Luigi Mignacco che farà parte del ciclo di storie della trasferta zagoriana dal titolo “Patagonia” ed un Maxi scritto da Rauch dal titolo provvisorio “Ritorno alla terra maledetta”, uno spettacolo di storia! Inoltre sto finendo una breve storia scritta da Federico Memola per “Agenzia Incantesimi” con protagonista Myriam dalla serie Jonathan Steele. Per il momento sono a posto!
Qual è il tuo sogno nel cassetto (se c’è)?
Mi piacerebbe riprendere in mano i personaggi della mia autoproduzione ai quali devo moltissimo!
Un sentito ringraziamento per la disponibilità.
Non c'è di che. Anzi scusatemi per il ritardo al quale ho risposto a queste domande ma sono molto più a mio agio con la matita che con la tastiera!
ROLANDOVELOCI
P.S. Grazie a Giuseppe ‘Giuppo’ Lamola per la revisione finale dell’intervista