30 ANNI DI MARTIN MYSTèRE: il numero 100
A trent’anni dall’uscita del primo numero di “Martin Mystère”, gli
Audaci lanciano una serie di iniziative per omaggiare l’opera di Alfredo
Castelli; eccovi quindi la recensione del mitico numero 100 di “Martin
Mystère”, uscito nell’ormai lontano luglio 1990.
L’albo, come da
tradizione Bonelli, è speciale, a colori e quando si tratta di fare
qualcosa di particolare Castelli è la persona giusta perché niente con
lui è lasciato al caso e anche per questa celebrazione usa la scusa del
colore per scrivere a proposito dei colori. Sì, infatti l’albo numero
100 di “Martin Mystère” si chiama appunto “Di tutti i colori!” ed ecco
come viene presentato sul sito della Bonelli:
Il numero 100 della serie regolare |
«Il numero cento
della serie regolare […] contiene tre brevi racconti in cui proprio il
colore fa da filo conduttore. Nel primo, un bizzarro inventore mette a
punto un apparecchio in grado di evidenziare mysteriosi alieni fatti di
luce, invisibili a occhio nudo. Nel secondo, un fotolitista impazzisce
nel tentativo di riprodurre il perfetto blu di Prussia di un quadro di
Yves Klein. Nel terzo, Martin e Java esplorano una grigia valle perduta
delle Ande, i cui abitanti considerano l’essere ‘a colori’ come un
sacrilegio...»
[Siamo riusciti a incuriosirvi? Sì? No? Poco
importa! Cari Audaci – in bianco e nero o a colori che siate – eccovi la
nostra recensione! Buona lettura!]
È sempre difficile tentare
di spiegare l’emozione che si prova nel leggere una storia scritta da
Alfredo Castelli. L’occasione è ghiotta, le cose da dire sono tante!
L’albo
si sviluppa nel modo seguente: c’è una macrostoria di cornice che vede
Martin, Diana, Java e l’amico e agente letterario Jerry Finnegan che
sono andati ad assistere – su consiglio di quest’ultimo – a uno
spettacolo di magia del Doctor Spektor, Master of Colors. Durante questo
spettacolo il potente mago parla al suo pubblico dei poteri dei colori e
induce in due spettatori delle terribili allucinazioni che andranno a
costituire le prime due storie brevi dell’albo (dove Martin è
coprotagonista), mentre la terza è una storia un po’ più lunga che ha
come protagonista i soli Martin e Java.
Nel primo breve
racconto, un esperto di colorazione fotografica e informatica, Richard
Fielding, si reca a casa Mystère perché sente di dover condividere con
il BVZM una sua sensazionale scoperta: è riuscito a scoprire, tramite
una sua particolare invenzione, l’esistenza di esseri alieni! Queste orribili
creature (di colore bianco, azzurro e arancione), invisibili all’occhio
umano, si trovano dietro ciascuno di noi e – secondo il suo punto di
vista – stanno per preparare un attacco alla terra. Egli, dopo tanto
duro lavoro e grazie al suo notevole ingegno, è riuscito a mettere a
punto un sistema in grado di eliminarle definitivamente, tramite il
lancio di onde di colori complementari. Ma da quando si è liberato del
‘suo’ alieno, al signor Fielding accadono ogni sorta di disgrazie:
infatti pensa di essere perseguitato dai complici alieni di quello da
lui ucciso e si rivolge al professor Mystère per avere consiglio. Il
nostro cerca di tranquillizzarlo dicendogli di non trasformare la sua
‘scoperta’ in un’ossessione ma quando Fielding esce di casa viene
investito e nello stesso momento Martin ha una folgorazione e si
precipita per strada a comunicarla allo sventurato, ormai prossimo alla
morte: quello che il protagonista di questa storia aveva scoperto e
ucciso non era un alieno, ma il proprio angelo custode! Ecco perché da
quel momento gli capitavano soltanto disgrazie.
Nel secondo
breve racconto (“Blu di Prussia”), Castelli decide di parlarci di colori
esplorando il mondo dell’arte presentandoci indirettamente Yves Klein
(1928 –1962), una delle più importanti figure artistiche nel panorama
europeo post bellico, faro del movimento artistico francese del Nouveau
Réalisme. Il favoloso dottor Spektor continua il suo esperimento sul suo
pubblico rivelandoci che c’è gente che è disposta a uccidere per i
colori. Subito dopo troviamo Martin, Diana e Java in un museo davanti al
famoso quadro di Klein, “Monochrome” (quello blu, per la precisione). I
nostri stanno discutendo piacevolmente sul valore del dipinto citando
lo stesso Klein («Mes propositions monochromes sont des paysages de la
liberté / Le mie proposte monocromatiche sono dei paesaggi della
libertà») quando sono bruscamente interrotti da un infervorato
fotolitista di nome Petrus Zell che dice di essere il curatore del
catalogo sulla mostra del museo. L’uomo ammette di essere in difficoltà
perché non riesce a riprodurre su carta l’esatta tonalità del blu del
dipinto di Klein e si congeda dai nostri dicendo che farà arrivare a
casa Mystère una copia del catalogo perché è sicuro di riuscire, in un
modo o nell’altro, nel suo intento. Dopo mesi, Martin riceve realmente a
casa il catalogo della mostra e rimane un po’ perplesso perché il blu
del quadro non gli sembra proprio quello di Klein. Mentre lui e Diana
discutono di questo arriva Travis Travis, l’ispettore amico di Martin,
che chiede al professore se conosce un certo Petrus Zell: l’uomo,
accusato di essersi introdotto nottetempo nel museo Guggenheim e di aver
ucciso delle guardie, prima di essere arrestato ha tentato di aprire il
fuoco contro gli agenti i quali lo hanno anticipato uccidendolo. Ciò
che egli sia andato a fare nel museo resta un mystero, poiché nulla è
stato toccato nella struttura. La storia si conclude con il BVZM che si
reca nuovamente presso il museo e constata che il blu è diverso:
Zell ha ridipinto il quadro con una tonalità di blu riproducibile su
carta, di fatto distruggendo il capolavoro di Klein.
Nel terzo e
ultimo racconto, “Nella Regione delle Nebbie”, troviamo Martin e Java
nella terra degli Incas per venire a capo di un mystero: scoprire la
natura di una ‘strana pietra’ che uno sconosciuto regalò tanti anni
prima a Von Hansen, archeologo e vecchio amico del BVZM. Nel loro
peregrinare i nostri incontrano un indio cieco che racconta loro una
storia singolare relativa a un cantante spagnolo e alla pietra che
portano con loro. Finito il racconto del vecchio indigeno, i due
riprendono la marcia e si addentrano nella regione delle nebbie e ne
restano completamente prigionieri. Poi, con un po’ di fortuna, riescono a
giungere nei pressi di un’antichissima città Incas dove tutto – perfino
i suoi abitanti – è grigio, di un grigio piatto e stranissimo, proprio
come quello della pietra mysteriosa. La cosa che colpisce Martin è che
in una città dimenticata dal resto del mondo, in una valle sperduta
delle Ande ci siano indigeni – completamente ricoperti di polvere grigia
– che cantano “A Media Luz”, un tango argentino degli anni Dieci.
Quando Mystère – completamente coperto di polvere – decide di
presentarsi agli indios scopre che i loro antenati hanno ospitato Carlos
Gardel, famoso cantante argentino di tango, creduto morto in un
incidente aereo nel 1935. Ma Gardel era sopravvissuto ed era stato
accolto da questa popolazione che però lo vedeva come una minaccia
perché era ‘colorato’ e non grigio come tutti gli altri: per questo
motivo era stato imprigionato (gli era stata risparmiata la forca perché
cantava divinamente e dilettava così tutto il popolo); poi era riuscito
a scappare e a portare con sé pezzi del motore dell’aeroplano (che nel
frattempo erano diventati irrimediabilmente grigi per via della polvere
delle rocce che circondavano e circondano ancora la valle) come prova di
tutto l’accaduto. Ecco chi era l’uomo che donò la pietra a Von Hansen
ed ecco che cos’era la pietra: una parte del motore del vecchio aereo di
Gardel! A questo punto i due vengono presentati al sovrano e per
l’occasione iniziano a togliersi di dosso tutta la polvere e ciò – agli
occhi degli indigeni – è sintomo di pericolo: i colori sono considerati
una malattia da temere, il germe della differenza che con tanta fatica
era stato eliminato nel corso dei secoli! La storia termina con
l’impiccagione di Martin e Java che successivamente si risvegliano allo
spettacolo – ormai terminato – di Spektor e ritornano a casa un po’
scossi ma salvi.
Inutile citarvi tutti i riferimenti che il
maestro Castelli riesce a inserire nella trama: i Beatles di “Yellow
Submarine”, il Louis Armstrong di “Black and Blue”, l’Elvis Presley di
“Are You Lonesome Tonight”…
Qualche parola va spesa per parlarvi
della straordinaria bravura del disegnatore Giancarlo Alessandrini,
colonna dello staff di disegnatori e storico copertinista della serie. È
facile sottolineare il fatto che Alessandrini sia un artista
particolarissimo, degno di essere annoverato tra i maestri assoluti del
fumetto italiano. Il suo stile unico, inconfondibile ha fatto scuola e
in questo albo in particolare offre una delle sue migliori prestazioni
di sempre regalandoci disegni audaci e soprattutto alcune delle sue
inquadrature più ardite coadiuvato, per l’occasione, dall’ottima
colorista Laura Battaglia…
Questo “Di tutti i colori!” rimane un
capolavoro castelliano di sperimentazione narrativa e grafica senza
precedenti e che ha fatto scuola: leggere per credere!
MARTIN MYSTÈRE numero 100
• Serie: MARTIN MYSTÈRE
• Titolo: DI TUTTI I COLORI
• Numero: 100
• Data: LUGLIO 1990
• Testo: ALFREDO CASTELLI
• Disegni: GIANCARLO ALESSANDRINI
• Colori: LAURA BATTAGLIA
R O L A N D O V E L O C I