Lovecraft - Memorie dall'abisso ~ Quando il caos primordiale guarda dentro di te
"La domanda che mi viene posta più spesso è: «Cosa ti fa paura?». La mia risposta è semplicissima: «Le stesse cose che spaventano chiunque. Abbiamo tutti paura delle stesse cose. E una di queste è il male»."
Si parte da Chicago. Siamo nel 1895. Una coppia di amanti è intenta a giacere nella camera di un albergo. Succede però qualcosa di insolito: l’uomo tutto ad un tratto apparirà come sconvolto, allucinato e alquanto terrorizzato dalla visione di una creatura mostruosa, femminile e grottesca, arrivata a lui come segno di morte imminente. È l’inizio di un episodio psicotico.
Le urla di Winfield sono al limite della disperazione, sofferente mentre cerca di allontanare il mostro da sé. Ma alla fine, chi entrerà in quella stanza troverà soltanto un uomo spaventato rannicchiato su se stesso in un angolo della stanza e la sua amante a letto, sconvolta dal suo comportamento.
Nelle poche pagine successive ci troveremo al Butler Hospital di Providence, nel Rhode Island, luogo dove Winfield viene ricoverato (e in cui rimarrà fino al 1898, anno della sua morte). Scopriamo allora che il suo cognome è Lovecraft, e che ad aspettarlo ci sono sua moglie Sarah e suo figlio Howard, di soli tre anni.
È proprio da questo evento disturbante e misterioso che si dipana la vicenda del fumetto, tra realtà storica e immaginazione visionaria, mescolando gli elementi biografici con le atmosfere allucinate tipiche dei racconti lovecraftiani.
Il ricovero del padre, colpito da una forma di psicosi, probabilmente dovuta dalla sifilide, che lo porterà all’isolamento e alla morte, rappresenta il primo trauma fondativo nella vita del piccolo Howard (la fobia del sangue, cosiddetto, “contaminato” e il terrore di poter sprofondare nella pazzia sono alcuni dei temi che ritroviamo nell’opera di Lovecraft). Nella narrazione di Rodionoff, questo trauma si trasforma nella chiave d’accesso a un’altra dimensione, fatta di incubi, presenze e segreti celati tra le pieghe della realtà. Ma non sarà l’unica.
In Memorie dall’abisso, l’infanzia di Lovecraft è dipinta come un tempo sospeso, popolato da presenze invisibili, dai sussurri del passato e da un’angoscia che si annida nei dettagli della quotidianità. Il piccolo Howard passa infatti le sue giornate a leggere il Necronomicon. Noi sappiamo che il vero autore dell’opera è Howard, ma gli autori ci propongono l’affidamento del ruolo di autore del Necronomicon a suo padre Winfield (che di mestiere faceva il rappresentante per la Gorham Silver Company, una ditta di argenteria, mica lo scrittore) come espediente per raccontare e spiegarci delle folle visioni del bambino ereditate dal padre, come se il libro stesso fosse stato la vera causa dell'impazzimento di padre e figlio. Infatti, quando la madre Sarah scopre il figlio imitare Abdul Alhazred, l’arabo pazzo protagonista del libro, e gli vieta assolutamente di continuare a leggerlo, avendo paura che egli possa veramente impazzire come il padre.
Ma Howard non ci sta: il Necronomicon va messo al sicuro. Scappando di casa con il libro sotto il braccio, in cerca di un luogo sicuro per l’oggetto, avrà altre visioni orrorifiche, che si confondono tra la realtà e l’immaginazione. Lo scontro con un gruppo di bulli è il primo caso che ci porterà in una dimensione di straniamento. Il libro è in pericolo, i bulletti cercano di prenderlo dalle mani di Howard che però viene, diciamo così, “soccorso” da una grottesca e imponente creatura mostruosa che risucchia e inghiottisce i tre ragazzini. Non capiamo se quello che è appena successo fosse vero o no, ma intanto Howard e il suo libro prezioso sono salvi. Correndo per Arkham, ancora inseguito da spaventosi mostri e luoghi inquietanti, Howard trova una chiesa abbandonata. Qui, lascia il Necronomicon, con la promessa che sarebbe tornato a riprenderlo.
Da qui, le visioni non finiscono: lo accompagneranno per tutta la vita.
Dunque, ci viene proposto non un semplice racconto biografico, ma una rilettura immaginifica e spettrale: la storia si snoda come se le opere di Lovecraft - Il richiamo di Cthulhu, Le montagne della follia, lo stesso Necronomicon - fossero nate da esperienze realmente vissute, da incontri con entità che l’hanno marchiato nel profondo.
Dopo aver recuperato il Necronomicon, Lovecraft inizia a scrivere la sua opera: Lo Shoggoth. Da qui, la transizione dall’età fanciullesca a quella adulta. Howard ora è uno scrittore di racconti fantastici e dell’orrore che vive di ciò che scrive, viaggia con la sua macchina da scrivere in una valigetta, e durante il suo percorso troverà anche l’amore della sua vita, Sonia Green.
Ma le creature maligne continuano a presentarsi nella vita di Lovecraft. Il confine tra autore e orrore si sgretola: Lovecraft non è solo un narratore di incubi, ma un sopravvissuto ad essi.
Il Necronomicon rimane un elemento centrale nella vita dei Lovecraft. Quando Sarah, ormai anziana, lo ritrova sotto il letto del figlio, tenta di bruciarlo, decide di leggerne alcune pagine. Quell’atto le risulterà fatale: le sue parole spaventose del racconto diventato tremendamente vive, e Sarah subisce la stessa sorte del marito. Anche lei viene ricoverata e internata.
Il libro maledetto torna così nelle mani del suo legittimo proprietario. Intanto, la vita di coppia va avanti. Sonia è per Lovecraft l’unico e vero punto luminoso nella sua vita, che non pretende nulla di lui se non quello di sposarla e avere dei figli insieme, di amarla come lei lo ama. E anche quando si perde nei suoi discorsi criptici o si spaventa davanti alle sue allucinazioni, Sonia non scappa mai. Gli incubi di Howard non li lasciano in pace nemmeno quando fanno l’amore, divenendo elementi di disturbo in un momento così intimo fra lei e l’amato. Ma non le importa. Rimane con lui, lo ascolta anche se non comprende del tutto, ma cerca con tutte le sue forze di capire in quale strano e contorto mondo viva la mente di suo marito.

Inizia così una nuova fuga, in parallelo con quella vissuta da bambino, in cui realtà e immaginazione si fondono fino a diventare un tutt’uno, in cui non si comprende più dove trovare un inizio e una fine nella deforme e terrificante dimensione in cui Lovecraft trascina con sé Sonia, che, accettata la natura della mente del marito, apre con lui la porta per Arkham e lo segue, così come il lettore viene trascinato con loro in questa dimensione deformata e terrificante. Noi che siamo semplici spettatori di una storia bizzarra ed epica insieme giunta ormai al suo epilogo.
Dopo vari incontri rocamboleschi, Lovecraft riesce a mettere la parola fine al suo supplizio, chiudendo definitivamente la porta. Ma quello che egli era riuscito a sopportare e sconfiggere, sapeva invece di essere troppo grande per un’anima buona come quella di sua moglie. Prende così la decisione più ardua: lasciare andare Sonia e tornarsene a Providence (dove vivrà fino alla morte avvenuta nel 1937) insieme al Necronomicon.
Hans Rodionoff porta nel fumetto un approccio narrativo fortemente cinematografico e visionario. La sua scrittura si distingue per la capacità di intrecciare realtà storica e immaginazione, fondendo dettagli biografici con atmosfere oniriche e allucinate. Nel raccontare la vita di Howard Phillips Lovecraft, non si limita alla cronaca dei fatti (ovviamente romanzati), ma trasforma eventi traumatici e esperienze quotidiane in porte verso mondi inquietanti e sovrannaturali. La sua prosa è densa di tensione psicologica, costruita con ritmo calibrato: momenti di calma e introspezione si alternano a sequenze di puro terrore, rendendo la lettura un’esperienza immersiva e disturbante. Rodionoff eccelle anche nel lavorare sul punto di vista dei personaggi: la mente di Lovecraft diventa il filtro attraverso cui il lettore percepisce il caos e l’orrore, rendendo ogni visione mostruosa credibile e intimamente personale. L’uso di simboli e linguaggio inventati e accenni letterari (come il Necronomicon o Abdul Alhazred) amplifica l’illusione di un mondo in cui il confine tra realtà e immaginazione si dissolve completamente.
Keith Giffen, noto principalmente per il suo lavoro nel fumetto supereroistico e fantascientifico, porta nel progetto la sua esperienza nella costruzione di trame complesse e nella caratterizzazione dei personaggi. La sua scrittura, descrittiva ma mai ridondante, adatta la sceneggiatura di Rodionoff ai ritmi del fumetto: i dialoghi sono funzionali alla tensione narrativa e contribuiscono a delineare le psicologie dei protagonisti. Assicurando ritmo e chiarezza, Giffen permette al lettore di seguire anche i passaggi più allucinatori senza perdere il filo della storia.
Da questa collaborazione nasce una sceneggiatura in cui, in un crescendo narrativo descrittivo e dialogato, organico e coerente, sorprendente e mai banale, ci viene mostrata la grande capacità di alternare suspense, azione e introspezione psicologica che permette una strutturazione di momenti di intensa ansia, in cui il lettore si sente sospeso tra terrore e meraviglia.
Se l'intento era quello di restituire, anche solo un minimo, le atmosfere che caratterizzano le opere di Lovecraft, loro ci sono riusciti.
Ma parliamo dei disegni: a dare forma visiva all’universo lovecraftiano è l’argentino Enrique Breccia, con un tratto pienamente pittorico che sembra trasudare incubo e febbre. Ogni tavola è un’esplosione di materia viva e allucinata, conferendo all’universo lovecraftiano una densità emotiva unica: pennellate nervose, texture materiche e colori saturi creano un senso di movimento e instabilità, come se ogni tavola fosse viva e pulsante. Le anatomie sono spesso distorte, i volti liquefatti o spezzati, e le ombre si insinuano tra i dettagli più minuti, generando un costante senso di inquietudine.
L’intera opera sembra un sogno febbrile — o un delirio, perfettamente in sintonia con i temi lovecraftiani dell’ignoto e dell'indicibile. Breccia infatti eccelle soprattutto nell’evocare piuttosto che nel mostrare: le creature mostruose non sono sempre illustrate in maniera chiara, ma suggerite attraverso forme, luci e prospettive deformate, lasciando spazio all’immaginazione del lettore. Questo approccio rafforza l’effetto di mistero e terrore tipico dei racconti di Lovecraft, dove l’indicibile e l’incomprensibile prevalgono sulla semplice rappresentazione visiva. Anche nei momenti più calmi o nelle scene apparentemente quotidiane, il suo stile mantiene una tensione latente: ogni gesto, ogni sguardo e ogni sfondo trasuda un’inquietudine sottile. L’uso del colore, che varia da toni saturi e aggressivi a sfumature più morbide e tenue, contribuisce a creare un ritmo visivo che guida il lettore attraverso l’orrore e la meraviglia della narrazione. In sintesi, lo stile di Breccia è perfettamente in sintonia con la scrittura di Rodionoff e Giffen: insieme trasformano Memorie dall’abisso in un’opera che non solo racconta, ma fa vivere l’orrore lovecraftiano, mescolando incubo e realtà in ogni pagina.
Il risultato del lavoro di queste tre grandi artisti è un fumetto che trasmette pienamente l’essenza dell’universo lovecraftiano: inquietante, oscuro e profondamente immersivo, dove la follia e il terrore cosmico emergono naturalmente dalla narrazione. Il fumetto mostra come le esperienze, i traumi e le paure personali possano trasformarsi in narrazione. Leggere Memorie dall’abisso significa scoprire il lato umano di Lovecraft e capire come l’orrore possa essere tanto interiore quanto universale.
Chi ama il fumetto, il fantasy oscuro, l’horror psicologico o la letteratura di Lovecraft troverà in questo volume un’opera completa e affascinante, un grande omaggio a questo grande maestro dell’horror. Perfetto anche per chi vuole avvicinarsi all’universo lovecraftiano senza iniziare dai testi originali, più densi e complessi. Una lettura consigliata perché fonde letteratura, immaginazione e arte, offrendo un’esperienza narrativa e visiva che rimane impressa, perfetta sia per appassionati di Lovecraft sia per chi cerca un fumetto fuori dal comune.
E ricordate: “Per il momento, la porta rimane chiusa".
Giulia de Luca