La seconda vita di Sander. Libro primo – Un crudele ritratto del genere umano

La visione originale e grottesca dell’aldilà in un fumetto d’esordio che offre molteplici spunti di riflessione

Da sempre l’umanità si interroga su cosa possa nascondersi oltre il velo dell’esistenza. Ci chiediamo se ad attenderci dall’altro lato ci sia un mondo celeste, un ciclo di reincarnazione, un inferno di lava e fiamme o magari il terrificante vuoto assoluto.

Fulcro centrale di ogni religione, la vita oltre la morte è stata oggetto di speculazioni fin da quando il primo essere umano ha sviluppato coscienza di se stesso. Possiamo anzi dire che, come viene vista la vita ultraterrena, sia proprio ciò che nei secoli ha più influenzato la nascita e lo sviluppo dei vari credo religiosi.

Stepan Razorënov in La seconda vita di Sander, pubblicato da Hollow Press, dà la sua personale interpretazione all’interrogativo esistenziale per eccellenza e analizza con piglio cinico quanto l’umanità ricrei gli schemi che è solita seguire a prescindere dal luogo o dalle condizioni in cui essa si trovi.

Sander si risveglia in un ambiente ostile, è confuso e arrabbiato, non riconosce niente di ciò che lo circonda e scopre che persino il suo corpo ha un aspetto mostruoso come quello delle creature che incontra. Capisce dunque di essere morto e di trovarsi in una sorta di inferno della desolazione, dove creature dall’aspetto demoniaco cacciano gli individui come lui per portarli al cospetto del diavolo. 

Accortosi dell’assenza di ordine e struttura, in breve tempo riunisce attorno a sé una nutrita schiera di individui che lo aiutano a costruire una città e a far rivivere la società umana, facendo leva sulla promessa di una maggiore sicurezza e dando loro un rinnovato senso di appartenenza.

Ben presto però viene fuori la reale natura del protagonista, che vede il risveglio all’inferno come una seconda opportunità per redimersi dalla precedente esistenza vissuta ai margini della società e costruirsi quindi la vita appagante che ha sempre invidiato agli altri.

Dietro alla generosa guida di Sander si nasconde infatti la smania di controllo di derivazione autocratica tipica di un dittatore: mente in continuazione, raggira gli amici, fa accordi con i sicari e si libera di chiunque rappresenti una minaccia allo status quo che lo vede al vertice della piramide sociale.

«Sic semper tyrannis» disse qualcuno, e infatti, come sempre accade alle tirannie, le spaccature interne alla classe dominante dovute all’atteggiamento meschino di Sander finiscono col causare il crollo della sua utopia.

La seconda vita di Sander mette a nudo i lati peggiori di chi detiene il potere. Come nel tristemente famoso esperimento sociale della prigione di Stanford, il comportamento degli individui all’interno dell’opera viene definito solamente in base al gruppo di appartenenza. Dunque se le creature più pericolose vengono selezionate come “rastrellatori” per il diavolo, alle altre che rivestono il ruolo di prede non resta che affidarsi ciecamente a una guida salda e, almeno apparentemente, indomita. 

Il sistema tiene fino a quando il culto della personalità non erode completamente il fragile scudo di democrazia, mostrando quanto i leader di entrambe le fazioni siano in realtà fatti della stessa pasta. La fattoria degli animali docet. 

Disegnato con colori dalle tinte cupe e una griglia sempre molto ordinata, La seconda vita di Sander è un volume estremamente interessante. La lettura risulta sempre facile e scorrevole, sia per la regia attenta, capace di allargare l’inquadratura abbracciando un’intera stanza o concentrarla su un singolo elemento chiave, sia per la precisione nel caratterizzare gli stati d’animo dei vari personaggi grazie a primi piani espressivi e pause narrative perfette.

Nonostante sia una storia ricca di sofferenza, la violenza rappresentata non sfocia mai nella pornografia e invita alla riflessione piuttosto che generare ribrezzo. 

Le azioni di Sander sono quelle di un megalomane, di un folle e di un tossico che è preda delle sue dipendenze. È un personaggio estremamente negativo e non è facile empatizzare con lui, ma sono proprio le sue estremizzazioni a renderlo così umano e morbosamente affascinante.

Più si prosegue la lettura e più si ha voglia di scoprire quando e come finirà col cadere vittima dei suoi stessi inganni. Più ci si addentra nella storia e più le azioni di Sander ci sembrano familiari e perfettamente capaci di funzionare anche nella vita di ogni giorno e, una volta arrivati in fondo, il parallelo tra l’inferno disegnato dall’autore e la tragica realtà che i telegiornali vomitano ogni giorno, si fa sempre più evidente.

In fondo anche i demoni e le creature mostruose presenti nel volume, fino a non molto tempo prima, avevano l’aspetto di persone comuni. L’arrivo all’inferno non ha fatto altro che spogliarle del guscio di umanità che ne nascondeva la reale natura.

Simon Savelli


«Perché indossi quello stupido costume da coniglio?»
«Perché indossi quello stupido costume da umano?».

Donnie Darko (2001, regia di Richard Kelly)

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