ARF! Festival 2025 - Mostriciattoli, doom metal e fumetti: intervista a Tony Sandoval

Dialogo con il fumettista messicano protagonista della mostra Creature d’ombra e tempesta all’ARF! Festival 2025 


Durante l’edizione di maggio 2025 dell’ARF! Festival di Roma, abbiamo incontrato Tony Sandoval. Al fumettista messicano, le cui opere sono edite in Italia dalla casa editrice Tunué, il festival ha dedicato una splendida mostra con illustrazioni e tavole originali, attraverso le quali è possibile ammirare l’evoluzione e lo stile delicato e, allo stesso tempo, straniante dell’artista.

Abbiamo intervistato Sandoval e il fumettista ha risposto alle nostre domande con grande affabilità, svelandoci retroscena sulla sua formazione e sulle sue suggestioni artistiche.


Ciao Tony, piacere di conoscerti. Mi chiamo Mattia e scrivo per Gli Audaci. Grazie mille per aver trovato il tempo di parlare con noi. Mi piacerebbe chiacchierare con te riguardo il tuo lavoro come illustratore e fumettista. Vorrei iniziare dal principio, perciò la prima domanda che ti faccio è: quando hai iniziato a disegnare e da dove viene la tua passione per i fumetti?
Da bambino. Ho iniziato a disegnare fin da piccolo, e la passione per i fumetti nasce proprio dai fumetti stessi. Inizi a leggerli, a guardarli, a goderne, ad affezionarti, a collezionarli… e poi anche a provare a disegnarli.
E quando ho capito che mi sentivo a mio agio e che mi piaceva creare fumetti, be’, quella passione non mi ha mai più abbandonato.

Sei messicano, però vivi a Parigi. Hai notato differenze sul modo di vedere il fumetto in Messico rispetto alla Francia?
In Messico il fumetto è visto come un intrattenimento a basso costo. Qualcosa che legge chi non ha molto interesse per la letteratura, o almeno era così una volta. Era considerato un passatempo veloce e leggero. Penso che ci siano ancora generazioni che lo vedono in questo modo.
In Francia, invece, è comunque un intrattenimento, ma più di alta classe, no? È più curato, c’è una vera cultura dell’autore. La gente conosce i nomi dei fumettisti. In Messico non abbiamo una lunga tradizione di autori. E poi, credo che in Francia si legga anche di più. E questa potrebbe essere la grande differenza.


Il fantastico è uno degli elementi caratterizzanti dei tuoi lavori. Quanto è importante questo aspetto per te? Ci sono libri, film o fumetti di genere fantasy che ti hanno influenzato?
Guarda, mi sono sempre piaciuti i mostriciattoli, gli animali strani, le creature fantastiche. Mi accompagnano da sempre. E da cosa sono stato influenzato? Da tantissime cose: animazioni, libri, film, fumetti, disegni, cose curiose che si vedono in giro, anche giocattoli strani. In Messico abbiamo una tradizione di giocattoli artigianali e alcuni di essi sono davvero bizzarri. A volte li fotografo, a volte li disegno direttamente. Tutto questo mi aiuta a creare cose nuove. È un approccio che credo sia molto messicano.
Nel mondo ci sono creature stranissime, e mi piacciono tutte, siano esse messicane, europee, giapponesi... Adoro tutti i mostri, davvero, non faccio distinzioni.

Hai detto: “credo che l’adolescenza sia il momento più interessante della vita”. Cosa ti spinge, nei tuoi lavori, a confrontarti con questo tema?
È un periodo ricchissimo, no? È facile affrontarlo, perché puoi raccontare: “quando ero ragazzino credevo in certe cose, e ora non più perché ho scoperto che non erano vere”, oppure “ho conosciuto nuovi demoni, come l’amore o la delusione”.
Scopri che siamo mortali, che la vita cambia, che succedono tante cose. Per questo credo che l’adolescenza sia una delle fasi più ricche per creare storie. Molte delle mie storie ruotano attorno a questi temi.


Il tuo stile si è molto evoluto negli anni, anche per l’uso del colore. Quali sono gli artisti che ti hanno influenzato all’inizio della tua carriera e quali invece segui attualmente?
All’inizio mi piacevano molto i supereroi, Action Man… e Tarzan, sì. Mi piacevano parecchio le sue storie perché c’erano tanti disegni di animali. Poi c’è stato il mio primo vero artista, Jack Kirby, colui che mi ha fatto capire che i fumetti sono fatti da persone vere. Era molto diverso dagli altri. Jack Kirby avrà sempre un posto speciale nel mio cuore, perché mi ha mostrato che dietro i fumetti c'è qualcuno con un nome, con un’identità. Ed è stato lì che ho preso coscienza di cosa vuol dire essere un autore.
Durante la mia giovinezza, mi ha influenzato molto Simon Bisley, con il suo stile pittorico e tecnico. Poi è arrivato Hellboy, che ha rivoluzionato il mio modo di narrare, lo stile con cui racconto.
C’erano anche altri, come Jeff Smith con Bone, Sam Kieth con The Maxx, che aveva un modo tutto suo di raccontare. E poi Death, disegnato da Chris Bachalo, che mi piaceva molto.
Successivamente ho scoperto gli autori europei, come Moebius, Nicolas de Crécy, Lorenzo Mattotti, Gipi… Anche Vittorio Giardino con Little Ego, e ovviamente Manara, bravissimo. E altri ancora, naturalmente.

Sei anche sceneggiatore: qual è la differenza tra lavorare a tutti gli aspetti di una propria opera e affidarsi invece a un autore o un’autrice, come nel fumetto La città dei dragoni, in cui hai collaborato con Joann Sfar?
Ovviamente preferisco lavorare da solo, perché ho il controllo su tutto e posso raccontare esattamente quello che voglio. È più difficile? Sì, perché fai tutto tu.
Lavorare con altri autori ha il vantaggio di vedere cosa succede mettendo insieme idee diverse, e a volte nascono cose che da solo non avrei mai pensato. C’è anche il vantaggio di dividere le responsabilità e, in teoria, si dovrebbe lavorare più in fretta. In teoria.
Quando lavori da solo hai bisogno di più tempo, soprattutto per scrivere. Non mi sono mai considerato uno scrittore, ma faccio quello che posso per costruire le storie.
Se ho già l’idea e la struttura chiara, lavoro abbastanza velocemente, perché dipende solo da me. Posso tagliare, modificare, aggiustare in modo rapido. Quindi seguo il mio ritmo ideale.
Quando lavoro con un autore, invece, dipendo anche dal suo ritmo per poter andare avanti.


E a cosa stai lavorando attualmente?
In questo momento sto lavorando a un fumetto in solitaria. Si chiama Pastèque, che vuol dire “anguria” in francese. È interamente ad acquerello. Mi sento molto a mio agio con questa storia. L’ho già scritta, o meglio, l’ho risolta… diciamo che la trama è ormai definita. Sono molto contento del risultato, e anche il mio editore lo è.
La novità è che la sto realizzando per la collana “Aire Libre” della casa editrice Dupuis. E lì usano un formato chiamato “romanzo cinematografico franco-belga”, quindi devo adattarmi a quello stile. Non è proprio il mio modo abituale di lavorare, sto uscendo un po’ dalla mia zona di comfort, perché devo costruire le tavole secondo la struttura franco-belga. Però mi sta piacendo. Sto scoprendo un modo diverso di raccontare, con un ritmo più lento, più vignette, e un respiro narrativo nuovo.

Il tuo nome sui social è “Rain of Doom”, perché in passato suonavi doom metal. Suoni ancora?
In realtà, “Rain of Doom” è una sorta di scherzo nato con un amico. Quando mi ha detto di aprire un profilo Instagram, io ho risposto tipo: “Un altro social, davvero?” Ma lui insisteva che era figo, che potevi pubblicare questo e quello… insomma, alla fine mi ha convinto.
Poi è arrivato il momento di scegliere il nome del profilo. Mi ha detto: “Non mi dire che lo chiamerai ancora Tony Sandoval! Hai già tutto con quel nome!” Così ho pensato: facciamoci una risata. Visto che non lo prendevo troppo sul serio, ho deciso di fare uno scherzo e di far credere che fosse il profilo di una band doom metal. E così è nato “Rain of Doom”. È iniziato per gioco… e alla fine è rimasto.
Comunque sì, suono ancora e mi piace tantissimo. Ho iniziato anche a praticare la boxe e devo dire che adoro tutte le mie passioni in egual misura.


Grazie mille, Tony. Ne abbiamo già parlato un po’ prima, però come ultima domanda vorrei chiederti: quali sono i quattro fumetti che ti hanno cambiato la vita?
Allora il primo è sicuramente New Gods di Jack Kirby. Al secondo posto ci metterei Sláine di Simon Bisley e Pat Mills. Al terzo sicuramente Hellboy di Mike Mignola, e al quarto… adesso non mi viene in mente nulla, ma d’istinto ti direi qualche opera di Moebius.

Perfetto, grazie ancora per il tuo tempo, Tony. Ti auguriamo un buon ARF! Festival e una buona permanenza a Roma.

Grazie a voi, ragazzi. A presto.

Domande, introduzione e biografia dell’autore a cura di Raffaella Migliaccio

Intervista dal vivo, sbobinatura e traduzione di Mattia Mirarco



Tony Sandoval

Tony Sandoval è un fumettista messicano, nato nel 1973 a Esperanza. Autodidatta, ha iniziato la sua carriera in patria, prima di trasferirsi negli Stati uniti e successivamente in Francia, dove ha ottenuto numerosi riconoscimenti per il suo lavoro artistico. Tra le sue opere più significative segnaliamo Doomboy (2011), Nocturno (2012), Watersnakes (2014), Appuntamento a Phoenix (2016) Futura Nostalgia (2017) e La città dei Dragoni (2024), pubblicati in Italia da Tunué.

Post più popolari