ARF! Festival 2025 - Una vittoria inattesa: intervista a SantaMatita
La vincitrice del Premio Bartoli 2024 racconta il suo percorso nel mondo dell’arte
Ogni anno all’ARF! Festival viene consegnato il Premio Bartoli, con cui si celebrano le migliori promesse del fumetto italiano e che corrisponde a un premio in denaro di 2000 euro grazie alla collaborazione con CDM Lab e all'opportunità di esporre i propri lavori durante la successiva edizione del festival, accanto ad autori e autrici di fama internazionale. Il premio ha l’aspetto di una pipa (grande passione di Lorenzo Bartoli) ed è realizzato dal 3D Maker Alessandro Zampieri con la tecnica della modellazione e stampa 3D, a sottolineare la proiezione verso il futuro.
Nel 2024 il premio è andato a Serena Ferrero, in arte SantaMatita, autrice di L'ultima estate al cimitero, fumetto uscito nel 2023 per BAO Publishing. L’abbiamo intervistata in occasione della sua mostra all’ARF! 2025 (che sarà replicata anche in occasione di Gen! ai Giardini Luzzati di Genova il 28 e 29 giugno).
Quando e come hai scelto questo nome d’arte?
Questo nome d’arte è arrivato molto prima dei fumetti, con le illustrazioni. Stavo realizzando una tavola all’università (ho fatto Fashion Design) e ho portato un disegno di un’immaginetta sacra di una matita a una professoressa che odiavo. Lei mi ha detto che faceva schifo e io mi sono detta che invece era bellissima. Così ho tenuto il disegno e l’ho tenuto poi anche come nome.
L’anno scorso hai vinto il Premio Bartoli, motivo per cui quest’anno sei in mostra qui e a Genova. Ci racconteresti questa esperienza?
Lo sto realizzando in realtà solo adesso che sono qua. L’anno scorso quando ho vinto non ero fisicamente all’ARF!, è stato bellissimo perché, nonostante sapessi della nomination, non me l’aspettavo. Mi hanno chiamata dicendomi che dovevo collegare, mentre io stavo facendo un giro in bici, facevo schifo, ero tutta sudata, struccata, e hanno proiettato il mio faccione all’ARF! per comunicarmi che avevo vinto.
È bello vincere. Ho avuto un anno per dirmelo, perché all’inizio ero solo in panico. Adesso che sono qua me la sto godendo, è bello vedere la mostra, fa effetto soprattutto vedere la cartellonistica.
Qual è stato il tuo percorso nel mondo del fumetto? Come sei arrivata a pubblicare con BAO?
Allora, la partenza è stata molto casuale, nel senso che io volevo fare illustrazione. Poi ho partecipato a un’open call di Attaccapanni Press per Melagrana 1, mi hanno presa e ho iniziato a fare un fumetto breve, erano mi sembra 14 pagine. Mentre facevo quello, mi ha contattata BAO chiedendomi se volessi provare a mandar loro qualcosa, perché mi avevano vista su instagram. Io ho accettato e la prima storia che ho proposto è piaciuta. Ci ho messo tantissimo a farla, loro mi hanno contattata nel 2018 e il libro è uscito nel 2023. È stato lento ma tutto “buona la prima”.
Hai fatto anche molta autoproduzione, come ti sei trovata? Che consigli daresti a chi inizia ora?
Mi sono trovata bene, lo trovo un passaggio consigliatissimo, forse addirittura necessario. Il consiglio però è di goderselo, perché noi a volte a livello organizzativo ci abbiamo messo un po’ troppo peso sopra. Avevo un piccolo collettivo a Torino che si chiamava Ossi di Peppia, abbiamo fatto un po’ di autoproduzione di una fanzine che si chiamava Papayas Pineapples and the Apocalypse, che sfruttava delle frasi generate a caso da un bot su Twitter. Illustravamo queste frasi assurde, chiamavamo autori a partecipare, è stato molto bello ma a tratti siamo state anche molto stressate.
Sei colorista, fumettista, illustratrice e fai disegno dal vivo. Hai una modalità espressiva che preferisci alle altre?
No, a seconda di cosa voglio dire viene fuori la modalità giusta, non ho un preferito.
Che cosa pensi della scena artistica torinese? Ci sono luoghi che frequenti volentieri? O ti trovi meglio in altre città?
Mi sono sempre trovata molto bene a Torino, motivo per cui non me ne sono mai andata. La scena è ancora molto attiva, forse più di prima, sono io che non sono più molto attiva. Adesso sono molto più casalinga, per anni però sono stata circa dappertutto, ero presente a tutte le cose legate all’illustrazione e al fumetto. Andavo in spazi dove c’erano cose artistiche in generale, come il Bunker, i Docks Dora, associazioni tipo Pangramma, i Torino Graphic Days, tutto quello che veniva fuori.
Se non avessi fatto fumetti e illustrazione che cosa avresti fatto?
La ballerina, anche se non so ballare. La cosa che mi emoziona di più in assoluto è vedere la gente che balla, posso guardare qualcuno che balla anche per 13 ore di fila e sono intrattenuta.
Ci parleresti del nuovo progetto di cui fai parte, Zeta Galaxy?
È una cosa molto bella ma anche molto misteriosa, me ne rendo conto, piano piano sarà molto più chiaro. È un universo enorme di possibilità. Parte dal gatto della persona che si è inventata tutto, Matteo Pont. Il suo gatto, Flint, che amava molto, adesso non c’è più, e lui ha scritto le nove vite di Flint, che è un gatto spaziale. Ha iniziato a scrivere le avventure ed è stato affiancato come primo disegnatore da Mazziotta. Poi hanno tirato dentro altre persone, assegnando a ciascuno una vita di Flint. Adesso c’è il kickstarter per fare il fumetto, però è un universo espanso. Abbiamo iniziato a fare una campagna D&D, ma il piano è di fare una cosa molto grossa, per cui si crei al di là del prodotto una comunità di gente a cui piacciono le storie.
Un’ultima cosa: qual è il fumetto (non tuo) a cui sei più affezionata e perché?
Sono molto affezionata ad Asterix e Obelix, a David Gnomo e a Zanardi, perché è uno dei primi fumetti che ho letto da piccola e, anche se non era proprio da bambini, mi si è piantato nell’immaginario.