5 letture audaci per l'estate
È estate anche per la redazione de Gli Audaci, ma le letture continuano imperterrite: eccovi 5 letture audaci da portarvi al mare, in vacanza o in ufficio (qualcuno dovrà pur lavorare!)
L’estate sta finendo… non ancora, e anzi, speriamo che questo momento arrivi il più tardi possibile (non per l’estate, eh, quella è odiosamente afosa, ma per la canzone: dovremmo davvero smetterla con questa discutibile usanza, anche perché tempo due settimane e arriva pure Wake Me Up When September Ends, che è una tortura pure peggiore).
Ma dicevamo: l’estate non sta ancora finendo, e di tempo da spendere in viaggi, vacanze e food blogging ce n’è a iosa. E come ogni buona rivista di letteratura, potevamo esimerci dal consigliarvi delle letture che potessero accompagnare suddetti viaggi e vacanze? Ovviamente, no.
Banale? Beh, voi iniziate a smetterla con “L’estate sta finendo”, e poi ne riparliamo.
Dunque, in queste appiccicose settimane di sole, noi Audaci ci siamo imbattuti in alcune opere che ci hanno particolarmente colpito ed emozionato, al punto che sarebbe stato davvero un peccato non condividerle con qualcuno: vi consigliamo allora cinque fumetti che secondo noi meriterebbero, per molti, moltissimi motivi, un posto nella vostra libreria.
Perciò buona lettura, e occhio a cosa canticchiate mentre tornate dal mare…
UN GIORNO, LA SERA – Giacomo Nanni (Rulez)
In formato francesissimo, che in Francia chiamano “formato all’italiana” (non scherziamo, è davvero così), la nuova opera di Giacomo Nanni prosegue attraverso le vie del puntinismo e della sua espressività, raccontando, più che una storia, una situazione di un uomo qualunque, vagabondo in una strada qualunque, nelle sue giornate qualunque; una di quelle situazioni pregne di bisogni, bisogni monetari, affettivi, nutritivi, esistenziali, che penetrano l’uno nell’altro emergendo come un’unica grande impellenza che, per il mondo che oggi ci è dato, non permette che una di queste necessità possa emanciparsi dalle altre, pena, come nel caso del nostro incognito protagonista, la ghettizzazione.
Quindi l’isolamento. Quindi la povertà. Quindi l’oblio, la non-memoria.
E allora in questa amnesia generale, dove chiunque rimane soltanto un altro, dove ogni cosa è qualunque, vivere come il nostro protagonista – ossia di un solo un croissant al giorno – diventa quasi poesia. E se il croissant è il verso in rima, la poesia che prende forma, allora tutto il resto è l’elaborazione filosofica che la sottende, la ricognizione – in questo caso – per trovare una memoria perduta, una recherche proustiana che pian piano si spegne nei colori sempre più oscuri del tempo, così come fanno le tavole di questo fumetto, che a metà strada fra l’illustrazione e il racconto “muto” giocano con le suggestioni ermetiche del non detto, tramontando come farebbe un dubbio ancora da sbrogliare, rimandando alle albe del domani.
COLD PRISON – Holly Heuser (Eris Edizioni)
Uno dei fumetti più originali usciti quest’anno, uno dei più interessanti e uno dei più oscuri. La Cold Prison è una prigione aliena, un carcere minuziosamente costruito sopra un qualche corpo celeste infinitamente lontano. Se non fosse che la Cold Prison, molto probabilmente, non esiste, se non come white noise di un flusso di coscienza pazzo e incontrollabile, che per noi lettori è inaccessibile e di cui vediamo solo le infinite maschere che prendono forma come pagine di fumetto, attraverso le tecniche più disparate.
Pennarelli, biro, china, collage e chi più ne ha più ne metta, ogni pagina di questo fumetto è un fulmine di pensiero che nel suo bagliore e nel suo esplodere nasconde e sposta il vero focus alla pagina successiva, e allora noi lo rincorriamo, sfogliando di nuovo, intuendo che sia lì, illudendoci di vederlo quando la pagina non è ancora del tutto girata, prima che un nuovo fulmine ci colpisca e ci intrappoli, senza apparente scampo, in questo gioco di pagine scucite.
Cold Prison è un vero e proprio meccanismo di allontanamento dalla consapevolezza del soggetto, un atto di rimozione degno di Freud, un riflesso cerebrale più o meno consapevole che prende forma nelle nostre mani, insieme noi, fautori di tale materialità, ma fuori di noi: cogito ergo sum.
…ah, e ogni copertina è realizzata a mano dall’autrice, per non farci mancare nulla.
DEEP ME/DEEP IT – Marc-Antoine Mathieu (Coconino Press)
In Italia arriva finalmente l’ultimo lavoro di Mathieu – uno dei più importanti fumettisti francesi viventi – che è, manco a dirlo, un’opera monstre. Deep Me-Deep It è un dittico di fumetti sull’esistenza, un’opera esistenziale nel senso più semiotico del termine, che s’infila in quella sottile ma fondamentale differenza fra “vivere” ed “esistere”.
In realtà i due libri che la compongono sono perfettamente leggibili separatamente, le due storie esistono a prescindere l’una dall’altra. E se Deep It può considerarsi un quasi-monologo sul senso dell’esistenza, Deep Me invece è un vero e proprio thiller, segnato da un uso del fumetto tanto classico quanto speculativo (una cosa molto francese da dire, pardon), cimentandosi con l’immagine – l’elemento fondante del fumetto – come assenza e con il suono – elemento al contrario estraneo alla carta – come presenza, chiave per la risoluzione di un mistero imprevedibile.
Mathieu maneggia il marchingegno della fantascienza navigando nelle burrasche dei nostri temi generazionali, tra ecologie e pervasioni tecnologiche, per giungere a un unico e ciclopico assunto, che è sì tanto prevedibile da affermare quanto prometeico da comprendere: l’uomo è – filosoficamente come organicamente – conseguenza di sé stesso. Fidatevi, non un’affermazione così scontata come sembra.
Forse, la miglior uscita Coconino di questo 2024.
TOKYO HIGORO. GIORNO PER GIORNO – Taiyo Matsumoto (J-POP Manga)
Ogni manga di Matsumoto va atteso con religiosa bramosia. E allo stesso modo va letto, soprattutto se arriva dopo due capolavori (anzi, forse i suoi due capolavori) come Sunny e I Gatti del Louvre. Ma a differenza di questi titoli – e in realtà di praticamente tutta la sua opera – questo nuovo Tokyo Higoro esce dai canoni del racconto di Matsumoto. Non ci sono ragazzini, non ci sono animaletti simpatici, né la meraviglia di certe creature o eventi fantastici.
C’è, anzi, la senilità, un senso di finitudine e impossibilità pervasivo, quasi una consapevolezza della propria data di scadenza. Ed è forse proprio per questo che, nelle volontà dell’autore, Tokyo Higoro racconta il mondo dei manga e dell’editoria che vi sta dietro. Shiozawa è un geniale editor fallito e auto-esiliato. Chosaku, un mangaka sull’orlo del tramonto. Aoki un ribelle senza autocontrollo. Il manga, in generale, sembra non saper più che cosa sia né, soprattutto, per quanto lo sarà.
Ed è intorno a questo che tutto verte.
Matsumoto in tal senso scrive un fumetto che sì, forse è un passo indietro rispetto alla grandiosità di quel che lo ha preceduto, ma che ha il pregio e la lucidità di raccontare i dietro le quinte – non solo “produttivi” ma anche e soprattutto umani – di un’industria che nell’attualità delle cose ha sempre più le sembianze di un feticcio, piuttosto che di un’arte.
LA MIA COSA PREFERITA SONO I MOSTRI vol. 2 – Emil Ferris (Bao Publishing)
Forse, il fumetto occidentale e d’autore più atteso degli ultimi anni. Sappiamo bene o male tutti delle vicissitudini che questo secondo volume ha subito durante gli anni, tra slittamenti di pubblicazione e procedure legali. E dopo anni di gestazione, legittimamente in dubbio sulla costanza qualitativa, finalmente possiamo leggere la conclusione di una storia che ha, letteralmente, conquistato il mondo.
Le storie di Karen, Deeze e soprattutto di Anka trovano una “conclusione”, o se non altro vedono il famoso cerchio chiudersi. E in tal senso, il fumetto fa quel che deve: il connubio fra ricchezza tematica ed esplosività del tratto rimane perfetto come nella prima metà, perseguendo a dovere quell’idea geniale di racconto-scarabocchio che avviene nelle pagine di un quadernetto da bambini, escamotage perfetto per spingere al limite le possibilità rappresentative di un mondo che, nel “canone” del reale, apparirebbe molto più grigio e viscerale.
Questo vuol dire però che il fumetto non si elevi mai oltre il già noto, e forse è ancora da capire se sia un pregio o un difetto. Con maggior certezza si può asserire però che il finale, forse, sembri peccare di quella frettolosità più obbligata che necessaria, a tratti pigra, che accelera un ritmo fino a quel momento disteso e contemplativo, lasciandoci con qualche quesito: sarebbe stato meglio pubblicare i due volumi a più stretto contatto? Probabilmente, sì. Questo era il finale voluto da Ferris? Risposta non ovvia.
Al netto di questo, rimane il fatto che ci troviamo davanti a un’opera titanica, un fumetto capace di incarnare tutti i crismi del grande romanzo americano e di riportarlo al mondo attraverso il potere immenso dell’immagine e la veemenza del disegno, sicuramente lasciando un solco indelebile nella timeline del fumetto tutto.
Un istant classic, come direbbero oltreoceano. Un capolavoro? Forse c’è da pensarci.
Japo Corradini