Letture Seriali: A Vicious Circle

Il Cerchio, vizioso e perfetto, di Lee Bermejo

C'è una domanda, che si rincorre come un uroboro durante la lettura di A Vicious Circle, miniserie targata Boom! Studios il cui primo volume è sbarcato di recente nel catalogo di Panini Comics: Mattson Tomlin ha scritto la sceneggiatura perché fosse completamente al servizio dell'enorme talento di Lee Bermejo o il disegnatore ha dato fondo a tutta la sua bravura per rendere onore all'inventiva creativa dello scrittore?

Può sembrare una "vexata quaestio", un piccolo tormento intellettuale senza apparente soluzione, ma chi ha già avuto un assaggio di questa storia durante lo scorso FCBD, con quell'albetto distribuito gratuitamente a Dicembre con l'incipit in anteprima, sa bene di che parlo, perché quelle tavole, con quel B/N così evocativo, ricco, pieno e corposo, catturavano l'occhio al pari della sceneggiatura, piena di domande lasciate naturalmente senza risposta, inclusa quella più importante: chi accidenti è quell'uomo legato in cantina?

Ma per chi invece non avesse avuto il piacere di attendere tutto questo tempo, come sempre, eccoci alla sinossi. Shawn Thacker è un padre amorevole, un marito amato e un uomo tutto d'un pezzo. Strani sogni lo affliggono, oscuri quanto il segreto che tiene giù nel seminterrato, chiuso dietro una porta, e legato saldamente ad una sedia.

Un uomo, il cui volto è nascosto da una maschera, e che Shawn tiene in vita per chissà quale motivo. Un uomo che gli rivolge una semplice domanda: "È oggi il giorno? Il giorno in cui ricominciamo la fine ancora una volta?". Che significa? Che intende con "Fine"?

Non ci è dato saperlo, non ancora. Perchè Shawn esce di casa e si immerge nel suo mondo, che è l'America degli Anni Cinquanta, l'America in cui ancora vigono le leggi Jim Crow, e per lui, un uomo di colore, è difficile pensare ad un modo per preparare suo figlio ad un futuro in cui sarà odiato per la sua pelle. Altre domande, più personali, ma anche qui questione non facilmente risolvibile, magari da affogare in un bicchiere di quello buono, mentre ritira la vincita per l'ennesima scommessa andata bene, per l'ennesima puntata fruttuosa.

Anche qui, un'altra domanda, quella di un vecchio troppo curioso, che vorrebbe conoscere il segreto di Shawn, e quando l'uomo gli risponde, con ironia (o forse no), si becca un sonoro rimprovero, perché c'è un limite anche alle prese per i fondelli.

E quando il nostro protagonista torna a casa, eccolo ad attenderlo la sorpresa peggiore di tutte, quella destinata a far girare la ruota ancora una volta, in un ciclo infinito...

Ho voluto usare, volutamente, solo le pagine già diffuse a suo tempo da Panini e non spingermi oltre perché Tomlin, sceneggiatore salito alla ribalta per aver lavorato con Matt Reeves alla sceneggiatura di The Batman (e ora al lavoro anche sul sequel) e aver dedicato al Pipistrello la bella mini L'Impostore con il nostro Andrea Sorrentino, si concede lo sfizio di chiudere anche il lettore in un apparente circolo vizioso.

A domanda che sovviene arriva una risposta uguale e contraria: dove pensi ci possa essere un thriller, ecco spuntare la fantascienza, dove vedi l'America dei 50's ecco d'improvviso ritrovarsi in un domani dai toni cyberpunk e magari, pagine dopo, ritornare indietro nel tempo, molto indietro... D'altronde, quel dinosauro in copertina parla da solo, no?

E così quella che inizia come una strana storia dalle tinte minacciose e oscure, si tinge di colore, inteso anche come tavolozza, e si trasforma nell'inseguimento di due uomini legati in qualche modo che, inutile dirlo, scopriremo solo leggendo.

Dove la vendetta è solo uno dei motivi, ma davanti ad ogni tavola diventa difficile riuscire a prevedere quella successiva, con toni e registro che mutano di continuo, e non mi riferisco solo alla bussola narrativa della sceneggiatura.


Bermejo qui firma l'ennesimo suo capolavoro grafico, una delle sue cifre massime, lui che è illustratore di assoluta fama e che qui dà fondo alla sua passione, cogliendo l'occasione per cimentarsi, con una professionalità da vertigine artistica, in una serie di omaggi ad altri maestri, ad altre correnti, a stili solo in apparenza altri dal suo, ma che, come per tutte le influenze, padroneggiare diventa una vera sfida, prima di tutto con sè stessi.

È anche per questo che la periodicità di questi volumi è così rarefatta (parlo naturalmente della distribuzione americana): proprio perché è un'opera che vive ed emoziona grazie al suo lavoro, Bermejo si prende il suo di tempo, per tratteggiare appieno ogni pagina, definire ogni inquadratura, cesellare ogni linea e china. Tempo, per raccontarne ben altro.

Ogni volta che Shawn e il suo acerrimo rivale si affrontano, si attiva questo cambiamento, e ogni volta, anche solo per una striscia, anche solo per una vignetta nella vignetta, ecco subentrare questa follia, questo gioco di rimandi visivi eccezionale, proprio perché sembrano mani diverse ed invece è solo una, quella del disegnatore californiano.

A voi ravvisarle, riconoscerle, segnali di stile diversissimi, eppure accomunati dalla passione autentica, anche qui ennesimo circolo vizioso di A Vicious Circle: ogni segno è la somma di tutti gli altri segni che lo hanno preceduto, ogni matita traccia una linea che corre su un solco già tracciato da chi è venuto prima, sino a diventare, a sua volta, personale, unico.

Ma attenzione, perché non vorrei pensaste che questo fumetto, giunto intanto in America al secondo numero dei tre previsti, possa essere solo un bellissimo esercizio d'arte e basta: Tomlin, sapendo proprio di poter contare su un Bermejo fortemente ispirato dalla sua trama, profonde altrettanto impegno con la tastiera, battendo una sceneggiatura che è un continuo di ritmo, di pensieri del protagonista che non vengono ingabbiati da un didascalico riquadro ma si stagliano sull'immagine, solcando il disegno e perdendosi quasi in esso.

Il risultato è una lettura feroce, un'opera che imposta tutto sul giocare con un topos narrativo sin troppo abusato e renderlo accattivante una volta di più, pop ma al tempo stesso elevato dove serve, per riuscire a convincere anche i palati più sofisticati, quelli che solitamente tengono il bicchiere da sommelier in mano mentre leggono.

E non deve stupirvi il mio continuo riferirmi al discorso del cerchio, del circolo come figura geometrica e come ideale e metaforico gioco di parole a cui piacevolmente aggrapparsi: ne son piene le tavole di questo particolare motivo, che sia un alone su un bancone, una moneta o un simbolo, tutto è circolare, tutto è un continuo inseguirsi in cerchio.

Al punto che, a furia di girare in tondo, potrebbe anche venirvi il dubbio su chi sia il buono e chi il cattivo, su chi tra i due sia mosso dal sentimento più nobile, l'inseguitore o l'inseguito. E non riuscire più a dire, con chiarezza, chi è l'uno e chi è l'altro.

Un'opera, A Vicious Circle, in cui anche scegliere un eventuale medium per adattarlo, risulta facile e difficile al contempo: una serie televisiva ad alto budget? Un blockbuster hollywoodiano con gli sfondi in CGI e un regista abbastanza folle e dal polso fermo per padroneggiarne trama e soluzioni ardite? Un film più intimista, ma con lo stesso coraggio nel prendere il pubblico in contropiede? E perchè no, magari farlo diventare persino un romanzo, uno di quei casi di processo creativo che porta le nuvolette parlanti in prosa.

E se invece (proprio perché, se da una parte l'animazione sarebbe la soluzione più immediata e "facile" da padroneggiare, dall'altra, la storia stessa si presta a ricercare sempre nuove particolari soluzioni, inclusa quella di rendere lo stesso "spettatore" partecipe) A Vicious Circle diventasse un videogame, uno di quelli con la tripla A?

Questo per far capire quanto, oltre le tavole mozzafiato di Bermejo, ci sia anche una bella idea di fondo, una di quelle che, da derivative in apparenza, diventano novità a loro volta.

Un fumetto che intrattiene, che diverte e che val la pena collezionare, proprio perchè rimarrà tra i titoli che si andranno, in futuro, a citare quando si parlerà delle produzioni migliori di entrambi gli autori, a cui Boom! Studios ha dato carta bianca, e non intendono sprecarne manco un centimetro di tutto il formato "prestige" con cui viene pubblicata.

Manca solo di sapere come si concluderà, e lì potremmo definire la quadra (ehi, non chiedete ad un amante dei giochi di parole di rinunciarci facilmente!) di tutto il progetto, ma qualcosa mi dice che finiremo per chiudere anche l'ultimo volume con una domanda concentrica: l'abbiamo acquistato per il nostro immenso amore per Bermejo o l'amore per Bermejo si è fatto ancora più immenso solo dopo averlo letto?

Ai posteri, di chissà quale domani, l'ardua sentenza!

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