Retrocomics - Speciale lista 2023
Per queste feste un’edizione speciale di questa lista: non solo consigli di lettura, ma anche uno spaccato di vita di quattro professioniste che lavorano nel mondo dell’editoria a vario livello.
Come sempre non voglio perdere troppo tempo a scriverci su, rubando del tempo alle loro interessanti risposte, ricordandovi solo che non ho minimamente editato il testo cercando di lasciare il loro tono originale.
Romana, lavora tra la Francia e l’Italia regalandoci così bellissimi fumetti come Là où dort la lune oppure Diario di una cagna insieme a Céline Tran.
Il fumetto che hai letto e hai pensato “mi rappresenta”.
La saggezza delle pietre di Thomas Gilbert. Lo compro a un TCBF, attirata dal disegno. Sfogliandolo con calma a casa scopro una scena straordinariamente simile - nella forma e nella sostanza - a una sequenza che avevo disegnato poche settimane prima, un appunto iniziale per un fumetto che vorrei scrivere. Una coincidenza come ne capitano, ma la lettura ha confermato le affinità sia sul piano più personale, sia per i temi che mi interessa esplorare. Un fumetto feroce - e ferino - sulla ricerca della propria parte istintiva, sul rapporto fra la natura selvatica e le sovrastrutture umane, ma anche su autodeterminazione, solitudine, libertà e dipendenza.
Il fumetto che hai apprezzato ma non l’hai mai detto a nessuno.
Non ce ne sono. Se qualcosa mi entusiasma è difficile che non ne parli a nessuno, e il fumetto mi sembra l’ambito più libero dai “guilty pleasure”. Però ho appena letto Unboxing Pandora di Fabio Pia Mancini e non ho ancora avuto il tempo di dire a qualcuno che mi è piaciuto molto! Siete i primi, vale?
Il fumetto che per te significa “Natale”.
Geppo per i ricordi d’infanzia e Voci dentro di AkaB. Non propriamente natalizio, ma mi è stato regalato qualche Natale fa e l’ho letto la notte del 25 dicembre.
Cosa ti dà fastidio della tua categoria.
Che sia obbligatorio aver visto Star Wars. E che risulti sempre difficile organizzarci, strutturarci e accordarci per ottenere condizioni lavorative migliori. Probabilmente anche l’abitudine a lavorare per lo più in solitudine gioca il suo ruolo. Ma è più un rammarico che un fastidio, e rivolto a me ancora prima che agli altri. Io ho difficoltà anche a organizzarmi e accordarmi con me stessa.
Che lavoro avresti voluto fare se non avessi iniziato questo percorso.
Da piccola l’archeologa. Poi la regista, ma come ho appena detto ho difficoltà ad accordarmi e organizzarmi con me stessa, figuriamoci con una troupe e con la macchina produttiva cinematografica. Fare fumetti è un po’ come realizzare dei film su carta. Hai le inquadrature, la fotografia, il montaggio. Manca il suono, ma in compenso hai più autonomia, ci puoi mettere dentro qualsiasi cosa immagini senza badare a spese. E soprattutto mi permette di disegnare, e niente più di questo avrei voluto fare, in ogni caso.
LA TERRIBILE COACH – ALESSANDRA DELFINO
Poliedrica è la parola che la rappresenta maggiormente. Content creator, editor, grafica, letterista e molto altro: si occupa di aiutare gli artisti a trovare la loro via senza dimenticarsi chi siano.
Il fumetto che hai letto e hai pensato “mi rappresenta”.
Sperando di non risultare troppo autoreferenziale, voglio raccontare di uno dei primi volumi di cui ho curato il progetto grafico: A Sort of Fairytale, un fantasy distopico ma che tocca le corde del cuore scritto (tipo benissimo) da Paolo Maini, disegnato da Ludovica Ceregatti e edito da Noise Press.
La storia bilancia sapientemente demoni umani e animali e la visione innocente e pura della bambina protagonista contrapponendo l’idea di un futuro ormai irrecuperabile con l’inguaribile speranza di un domani migliore.
Seppur fantastiche, ambientazioni e relazioni tra i personaggi mi hanno riportata a scenari inspiegabilmente familiari: trovo che la storia - in una seconda, una terza, una millesima rilettura - possa essere interpretata in diverse chiavi allegoriche di lettura che variano soggettivamente a seconda del vissuto personale e questo lo trovo incredibilmente affascinante.
Sarà per questo che mi è rimasto impresso come un’opera con cui ho tanti punti di contatto e ricordi molto profondi.
Il fumetto che hai apprezzato ma non l’hai mai detto a nessuno.
Le Avventurine di Pene e Vagina di Biggio si può dire? Ma solo perché ho sempre riso tantissimo per Amico Ano (se non sapete di cosa sto parlando recuperate al volo le puntate su YT da cui è stato tratto il fumetto).
Il fumetto che per te significa “Natale”.
A primo colpo direi Green Manor di Bao; forse perché i racconti al fuoco del camino mi riportano subito alla casa della mia infanzia, le atmosfere ottocentesche alle ambientazioni di Racconto di Natale di Charles Dickens o forse perché l’ho comprato a Lucca di qualche anno fa e per me tutto quello che viene subito dopo Lucca è già automaticamente natalizio.
Cosa ti dà fastidio della tua categoria.
Se parliamo del mondo dei content creator e coach la cosa che mi infastidisce di più è l’atteggiamento aggressivo pur di spiccare.
Mi spiego meglio: di gente che crea contenuti ce n’è a bizzeffe (forse nel nostro settore no ma in altri ti assicuro che è davvero una giungla), questo significa tantissima concorrenza tanto che ognuno cerca di avere più visibilità possibile in modo da “lanciare” il più lontano possibile la propria voce. Questo meccanismo diventa talmente bellicoso che si tende a rivolgersi al pubblico in modo troppo irruento, quello che io definisco “da venditore americano” che deve convincerti a tutti i costi che il suo prodotto è il migliore di tutti.
Se a questo aggiungi anche il fatto che a volte non si hanno le competenze nel trattare gli argomenti di cui si parla, ecco che a farne le spese è chi, dall’alto lato, segue il tuo profilo immaginando tu sia preparato o chi, prima di mettere online un contenuto, si assicura cento volte di non star dicendo fesserie ma viene messo nello stesso calderone dei personaggi di cui sopra.
Se, invece parliamo dei grafici... poverini, vengono sempre bistrattati e spesso messi al posto dell’ultima ruota del carro!
Al massimo avrei da dire su chi ci tratta così, ma questa è un’altra lunga storia!
Che lavoro avresti voluto fare se non avessi iniziato questo percorso.
A questa domanda rispondo ad occhi chiusi: la costumista teatrale. In realtà questa è una carriera che avevo effettivamente intrapreso tanti anni fa e che ho portato avanti per diverso tempo prima di tornare alle origini dei miei studi (la grafica) per entrare, poi, nel mondo dell’editoria. Per tanti anni ho cercato di conciliare queste mie due grandi passioni ma non ci sono mai riuscita per i troppi impegni e perché non avevo la maturità giusta per gestirle contemporaneamente ma non ti nascondo che questo sogno rimane sempre nel cassetto e che il cassetto è sempre mezzo aperto...
Vive e lavora in quel calderone artistico e culturale che è Roma. Collabora con editori italiani, americani e francesi sia che si tratti di fumetti o rpg o videogames: in qualche modo trova anche il tempo di insegnare alla Scuola Romana dei fumetti.
Il fumetto che hai letto e hai pensato “mi rappresenta”.
Uhm probabilmente non mi è mai capitato di pensare una cosa simile, mi verrebbe da dire Boy meets Maria ma diventerebbe un discorso troppo personale. Oops!
Il fumetto che hai apprezzato ma non l’hai mai detto a nessuno.
Angel Sanctuary forse? Sicuramente ha influenzato il modo in cui disegno (lo stile è il motivo principale per cui ci andai in fissa alla veneranda età di tredici anni) ma diciamo che anche la storia mi prese abbastanza. Ognuno ha i propri scheletri nell’armadio, va bene?
Il fumetto che per te significa “Natale”.
Senza dubbio Saiyuki, a sette-otto anni passavo le vacanze a disegnare e disegnare (e disegnare) le tavole e i personaggi e non posso non separare questo ricordo dalle festività. Se invece parliamo del tema o dello spirito natalizio proprio non saprei!
Cosa ti dà fastidio della tua categoria.
Fastidio nulla, però mi dispiace vedere questa specie di culto della sofferenza e dell’iper-performatività, you know what I mean? Mi spiego peggio: mi riferisco al fatto che spesso venga normalizzato o glorificato l’annullare se stessi per il proprio lavoro, sacrificare la propria vita privata ed il tempo libero fino a non avere altro che il proprio mestiere, salute mentale e fisica escluse.
Ovviamente gestire il tempo da freelancer non è semplice e anzi, imparare a rispettarsi e a darsi dei tempi di lavoro “sani” può essere una bella sfida, allo stesso tempo non dico nemmeno che chi adotta questo stile di vita sia da rinchiudere,semplicemente non penso che sia adatto per tutti e mi dispiace vedere molti colleghi e amici in burnout ogni tre per due.
Che lavoro avresti voluto fare se non avessi iniziato questo percorso.
Molto probabilmente avrei continuato gli studi nella musica e nel canto,ancora passioni enormi, ma se devo essere onesta il fumetto e l’arte sono sempre stati il mio piano A. Sarebbe stato impossibile immaginare la mia vita in modo diverso, pensare di vivere senza dare il giusto spazio al disegno e al racconto mi uccideva internamente, quasi come una mutilazione e volevo almeno provarci. Immaginate la gioia dei miei...
Artista di cui non si sa praticamente niente. Adoro la sua bio di Instagram e ve la riporto qua “Roma, Italia Il viaggio immaginario di una ragazza con lo zaino in spalla, raccontatoda piccole illustrazioni/architetture colorate”.
Il fumetto che hai letto e hai pensato “mi rappresenta”.
Nessuno può prevedere esperienze o scelte di vita. Per questo motivo spesso ho cambiato riferimenti o interessi (anche considerando la mia età di 27 anni). In questo momento, arrivata a comprendere il mio stile e i miei limiti tecnici, due autori di fumetti di grande riferimento per me che mi vengono in mente sono Alessandro Barbucci e Nagabe.
Il fumetto che hai apprezzato ma non l’hai mai detto a nessuno.
Non ho potuto dirlo a nessuno perché non sono un professionista del fumetto e quasi mai ho frequentato luoghi di discussione o confronto tra fumettisti e sceneggiatori, provenendo da un ambiente molto diverso.
Sono molte le storie che ho tenuto intimamente per me senza poterle consigliare o donare, se ne dovessi nominare una sarebbe sicuramente Cicala di Shaun Tan.
Il fumetto che per te significa “Natale”.
Quale Natale? Ogni anno potremmo rinnovare e affidare significati diversi al periodo natalizio, essendo le opere artistiche di qualunque tipo strettamente legate al periodo storico in cui vengono create. Infatti credo che storie e racconti di soli 10 anni fa potrebbero addirittura sembrare lontani dalle nostre credenze di oggi. Comunque se intendiamo la simbologia universale o diffusa del Natale, tra tutti i fumetti direi Kriminal che leggevo a casa dei miei zii proprio sotto il periodo natalizio, dopo i lunghi cenoni di famiglia.
In particolare il nr. 78, Sinfonia di Natale.
Cosa ti dà fastidio della tua categoria.
Immagino che la categoria di riferimento sia quella degli illustratori o dei fumettisti. Come ho scritto in precedenza non appartengo ad una categoria se per questa si intende una dimensione professionale o continuativa. Quello che faccio è oggi totalmente libero e non ha dei confini definiti come quelli che possono avere le storie di fumettisti di professione. Nessun fastidio quindi.
Che lavoro avresti voluto fare se non avessi iniziato questo percorso.
Fortunatamente, da architetto, ho la possibilità di lavorare contemporaneamente a ciò che mi piace. Preciso comunque che l’architetto, anche se pur sempre un disegnatore, è una figura professionale molto complessa e di diversa natura. Tuttavia sono riuscita ad unire tante passioni, riuscendo a portarle avanti insieme e facendolo sempre senza nessun ripensamento.