Letture seriali: The Closet di Tynion IV, Fullerton e O'Halloran

Mostri sotto il letto e scheletri nell'armadio

Non stupisce che Edizioni BD abbia scelto di proporre The Closet nel mese di Ottobre, ormai per tradizione il mese deputato alla Paura, perché di sicuro la miniserie Image Comics firmata da James Tynion IV e Gavin Fullerton (per i colori di Chris O'Halloran) gioca con questo sentimento, con quella particolare inquietudine che ci accompagna sin da bambini, quella atavica, paralizzante, forma di timore nei confronti del buio più profondo, quello che solo una piccola luce notturna può tagliare, concedendoci uno spiraglio di riposo.

Ma come tradizione per il genere, questa storia si muove su ben altri livelli che non il semplice "spavento", e quello che potrebbe essere venduto tranquillamente come un racconto Horror, è invece metafora di ben altro, al punto da sovvertire le sue premesse.

Jamie è un bambino come tanti, in apparenza spensierato come lo si dovrebbe essere a quell'età, ma quando cala il buio, e si fa ora di andare a dormire, proprio come tanti suoi coetanei, il terrore di ciò che si cela dentro il ripostiglio della sua camera gli impedisce di dormire sonni tranquilli.

Jamie è infatti fermamente convinto che dietro quella porta decorata con stelle e pianeti, ci sia il "babau", "l'uomo nero", il "boogeyman". Chiamatelo come preferite, ma lui è lì, in agguato, nell'oscurità della sua cameretta: un piccolo demone ammantato di tenebra, che non aspetta altro che di tormentarlo, notte dopo notte, ancora e ancora.

Thom, suo padre, spera che questa situazione giunga al termine presto, quando lui e sua moglie Maggie raggiungeranno la loro nuova casa: si stanno infatti trasferendo, per via del lavoro della donna. Un nuovo inizio in un'altra città, e per il piccolo questa è anche l'opportunità di lasciarsi alle spalle quel maledetto incubo, quel maledetto ripostiglio.

Perché se è vero che qualcosa si muove nel buio della stanza di Jamie, è anche vero che quella stanza rimarrà lì, mentre la famiglia andrà altrove, e per il mostro sarà impossibile seguirli... giusto?

Così, mentre Maggie li precede, per iniziare a sistemare ed occuparsi del trasloco, Thom e il bambino partono per un viaggio coast to coast, magari andando a trovare un vecchio amico dell'uomo lungo il tragitto, per un saluto. Un'esperienza che possa unire padre e figlio, un ricordo da creare per il futuro, tanto ormai, non c'è più nulla da temere... giusto?

Il resto ve lo lascio scoprire con la lettura di questo agile volumetto cartonato, che potreste pensare si esaurisca abbastanza in fretta, vista la foliazione, ma vi posso garantire che non sarà altrettanto veloce riuscire a metter via, non arrivati alle note finali, non quando capirete, con la stessa decisione di un doloroso pugno allo stomaco, dove si voleva andare a parare veramente.

Da abile narratore quale è, Tynion IV la prende infatti "alla lontana", decide che siano i dialoghi a raccontarci questa storia, che siano vari semi sparsi a far crescere una ramificazione di eventi, che ci permettano di salire sino a quella malmessa casa sull'albero, dove alla luce di una torcia, potremo finalmente guardare negli occhi il mostro di Jamie.

Prendete l'incipit: Thom è in un bar, è una serata tranquilla nel locale, pochi avventori che lasciano al barista il tempo di scambiare due chiacchiere da bancone con lui. Il ritmo è dettato proprio dal loro botta e risposta, le inquadrature spaziano dallo sguardo dei due uomini al bicchiere di birra di fronte a Thom ad una panoramica della sala.

I due uomini parlano, si confidano, e da quella busta che Thom si porta appresso, piena di nastro adesivo acquistato per chiudere gli scatoloni del trasloco, iniziamo a prendere le misure della situazione a casa, delle tensioni nel rapporto tra lui e Maggie, di quei piccoli nervosismi che incidono sulla loro dinamica di coppia, che poi possono essere gli stessi di tante famiglie là fuori.

È questo a colpire maggiormente in The Closet: Thom, Maggie e Jamie sono normalissimi, sono i nostri vicini di casa o di pianerottolo, sono la famigliola che incontri in fila alle casse del supermarket, sono la coppia che vedi seduta su una panchina a guardare il cellulare, mentre il figlio cerca di richiamare la loro attenzione, scendendo lungo lo scivolo al parco.

Certo, il ragazzino ha questa fissa, al limite dell'infastidente, per quel maledetto ripostiglio, ma in fondo quale bambino non ha paura del buio... giusto?

Ma c'è appunto di più, oltre alla facciata, oltre a quello che può essere lo sfogo di una persona che decide di confidarsi con uno sconosciuto davanti ad una pinta.

Procedendo con la lettura, vedendo come Thom e Maggie si rapportano, come l'uomo si comporta con Jamie, con quel fare goffo ma sincero, di chi cerca di essere un buon padre e crede davvero alle promesse che fa a suo figlio, perché nulla possa più turbarlo, capiamo che le paure non si limitano ad uno sgabuzzino, ma si fanno più ampie, adulte.

Paure infantili che incontrano quelle genitoriali, quelle che immancabilmente ti mettono di fronte ai doveri e alle responsabilità, a cui non si può scappare, perché ad ogni età abbiamo i nostri personali demoni del sonno, che si siedono sul nostro petto, ci fissano coi loro volti senza occhi, facendoci trasalire, togliendoci il respiro, sinché una lacrima non sfugge dai nostri occhi sbarrati.

Sono paure, timori, ansie che ci portiamo dietro come fardelli, errori in cui non vorremmo cadere, perché fallire, quando si è adulti, è una rovina che non riguarda più solo noi, se decidiamo di mettere su famiglia, di costruire il futuro insieme alla persona amata.

Già, l'Amore. Quello per la propria compagna, quello per la prole. Forse il secondo è anche più vero, seppur mai scontato, che non il primo, perché incondizionato, perché per quella piccola parte di te provi un sentimento che non è mai davvero teso, ma anche in quel caso temi di sbagliare, di fare del male anche se non vorresti.

Pensieri in cui non vorresti cadere, pensieri che si portano via tutti gli altri, al punto da renderti egoista, e quel tuo sfogo, con estranei invece che con la tua dolce metà, inizia a sembrare più che altro la lamentela di una persona debole, che non ha la forza di cambiare davvero.

Perché in quell'armadio, in quel ripostiglio, ci sono anche degli scheletri, forse anche più nocivi che non quel piccolo mostro che terrorizza Jamie, e non aspetta altro che trascinarlo nel buio...

Però The Closet non poggia solamente sul talento affabulatorio di Tynion IV, sempre a suo agio con questo tipo di atmosfere (penso a The Nice House on the Lake, The Department of Truth, o per rimanere nel catalogo di Edizioni BD, quella splendida hit che risponde al titolo di Something is Killing The Children).

C'era anche bisogno di un tratto che sapesse restituirle, un talento alla matita da scoprire, che riuscisse a comunicare al lettore gli stati d'animo dei personaggi, nelle loro espressioni e sopratutto nei loro silenzi, perché questo è un fumetto che sa vivere anche di quelli.

Gavin Fullerton è quel disegnatore, di eccellente bravura, sopratutto quando si tratta di rendere appieno la scansione della tavola, quelle vignette sempre più strette, così come i nodi che rimangono tali anche quando finalmente vengono al pettine.

Come ho scritto, è una storia che viene raccontata anche e sopratutto attraverso i dialoghi, lunghe chiacchierate che Thom intercorre lungo le tre parti della miniserie: la narrazione gioca con questo fatto, come tappe umane di un viaggio altro, parallelo a quello di Thom e Jamie, fatto di consapevolezza per il lettore, più che per lo stesso uomo.

Il barista, l'amico, lo sconosciuto. A tutti Thom racconta parte del suo dilemma, del suo vuoto interiore, che ne riflette la debolezza esterna, il perenne, irresponsabile accampare scuse su scuse, forse per non ammettere con sé stesso la verità.

Risulta difficile empatizzare per Thom, detto tra noi. Difatti, il protagonista vero di The Closet è Jamie, il suo terrore, quell'ombra nera che non gli lascia tregua, che lo spinge ad urlare, che lo soffoca impedendogli di respirare, sin quasi ad ucciderlo.

Perché il racconto abbraccia questa paura, e decide ad un certo punto di usarla a proprio vantaggio, per costringere il lettore a non mollare la presa, a capire i vari livelli, da quello narrativo a quello che ti porterà successivamente a risfogliare il volume dall'inizio.

Fullerton ha ben chiaro il discorso, e col suo disegno, l'artista irlandese fa propria la lezione del Paul Azaceta di Outcast e lavora sul dettaglio, sull'inquadratura, sulla ricerca del quotidiano, che viene poi scosso dallo straordinario.

È una normalità ruvida, quella evocata dalle sue tavole, la normalità che attraversa le nostre giornate, fatte di sigarette fumate sul cofano di una macchina, di una birra bevuta in compagnia, di una scodella riposta nella lavastoviglie, di un paio di scarpe levate prima di andare a letto, di un piccolo peluche stretto dalla mano di un bambino che gioca, o della porta di un ripostiglio nella sua stanza, decorata con quegli sticker da poco.

Per questo, quando l'Orrore di quel demone nero emerge, fa ancora più effetto.

A questo punto, la nota doverosa va ancora una volta al colorista, a Chris O'Halloran, a cui spetta l'ingrato compito di tradurre tutto questo in policromia, di riuscire a replicare, con la tavolozza, tutte le atmosfere di The Closet, i suoi giochi di luce.

I toni di giallo di un appartamento, quelli di rosso del fuoco vivo di un braciere all'aperto, quelli bluastri di una camera poco illuminata, il grigio di un cielo nuvoloso.

Il dettaglio di ombre sferzate dai fari, così come quello di denti che sorridono maligni nel buio.

Tutto serve ad amplificare un'angoscia che esplode, prepotente, in un finale che sto cercando il modo di definire senza spoilerare involontariamente, ma credetemi, non è facile e forse è meglio lo scopriate da voi, cogliendo personalmente quella sensazione da ultima pagina.

"Mostri nascosti" è il sottotitolo scelto dall'editore italiano per questo fumetto, e devo dire che, nella sua semplicità, è perfettamente calzante.

Perché è proprio questo quello di cui parla The Closet: di cose nascoste, celate nel buio, pronte a ghermirci e a porci di fronte alle nostre colpe, che non attendono che un nostro passo falso per venirci a prendere, e spesso non ci rendiamo conto che sono sempre state lì, riposte in bella vista.

E per scacciar via quelle, non c'è piscio di unicorno che tenga!


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