Lake Como Comic Art Festival: intervista a Jorge Fornés

Il disegnatore di Batman, Daredevil e Rorschach si racconta ai microfoni di Tollo (Friday Comic Book Podcast)

Dopo due anni di stop, quest’anno è tornato il Lake Como Comic Art Festival. La convention organizzata dagli stessi promotori del Big Wow Comic Fest in California e del Paris Comic Expo, tra i quali figura Steven Morger, riesce ad ogni edizione a radunare un parterre di ospiti eccezionale nella suggestiva cornice di Villa Erba, affacciata al lago di Como.

Adam Kubert, Olivier Coipel, Liam Sharp, Dave McKean sono solo alcuni dei nomi illustri che hanno partecipato a questo evento dal forte animo internazionale. Siamo di fronte ad una gigantesca Artist Alley dove poter ammirare alcuni degli artisti più rinomati lavorare a commission e con i quali scambiare due parole nella tranquillità più totale. 

Tra tutti i presenti, per chi scrive, il nome più importante di tutti era quello di Jorge Fornés. Artista spagnolo in forte ascesa, Fornés si è fatto conoscere grazie alla sua prova su Batman e Daredevil dove ha mostrato una linea pulita e minimale echeggiante quella di David Mazzucchelli. Seppur impegnatissimo tra commissions e signings, Jorge è riuscito a trovare del tempo da dedicarmi.

Nel corso della nostra (lunga) chiacchierata ho scoperto l’umiltà e la dedizione di un artista che ha rincorso il suo sogno superando una miriade di ostacoli. Ho percepito tutto il suo amore quando ci siamo messi a parlare di Batman, ma anche tutta la cura e l’entusiasmo con cui affronta un nuovo progetto. Tornare a dialogare dal vivo con i professionisti del settore è stata una sensazione indescrivibile e non potevo chiedere inizio migliore che con Jorge Fornés.

Di seguito l'intervista completa.

Ciao Jorge, benvenuto su Gli Audaci. Sono davvero contento di avere l’opportunità di intervistarti, anche perché era da tantissimo tempo che non mi capitava di poter realizzare un’intervista. Prima di tutto, come stai? Ti stai divertendo qui a Como?

Molto bene, grazie. La fiera è incredibile. C’è un clima così tranquillo rispetto alla maggior parte delle altre fiere che è quasi surreale.

Partiamo dal principio: come molti di noi, il tuo amore per i fumetti nasce in tenera età, pertanto mi domandavo quali sono i titoli con cui sei cresciuto? 

Sono della generazione degli anni’80 quindi sono cresciuto con The Dark Knight Returns, Batman: Year One, Watchmen e lo Swamp Thing di Alan Moore. Oltre a questi titoli ho letto un sacco di albi Marvel, da Spider-Man agli Avengers, e poi ovviamente sono stato folgorato dalle serie Image degli inizi come Spawn e Savage Dragon

Prima di entrare nel merito dei tuoi lavori più recenti, vorrei soffermarmi ancora sul tuo background. Quando hai capito di voler intraprendere la carriera di disegnatore e come hai mosso i tuoi primi passi come professionista?

Ho sempre avuto la passione per i fumetti e, da che ho memoria, ho sempre avuto il desiderio di poter diventare un disegnatore. Purtroppo però i sogni si scontrano con la realtà. Faccio parte di una famiglia numerosa, i soldi erano pochi pertanto non sono riuscito a frequentare una scuola artistica per imparare le basi.

Quindi sei autodidatta.

Sì, sono autodidatta. A sedici anni ho lasciato la scuola e ho iniziato a lavorare prima in un minimarket poi in un’officina, ma questo desiderio verso i fumetti era sempre presente. Anni dopo preparai un portfolio per delle review, ma senza successo. Alla terza review all’età di 36-37 anni, non so come, le mie tavole hanno catturato l’attenzione degli editor, i quali mi fecero fare alcune tavole di prova per poi assegnarmi Thunderbolts.

Wow, sei passato da zero alla Marvel!

Sì, non avevo pubblicato una pagina in vita mia e subito dopo mi sono ritrovato a lavorare per la Marvel.

Inoltre sempre agli inizi della tua carriera, hai ricevuto contemporaneamente due incarichi, uno dalla Marvel e uno dalla DC. Come sei riuscito a gestire il lavoro e la pressione? Penso che gestire due deadlines allo stesso tempo non sia facile, specialmente quando sei agli inizi. 

Per niente. Appena ottenuto l’incarico con Marvel a distanza di poco più di una settimana la DC mi chiese se fossi interessato a disegnare una decina di pagine per l’annual di Detective Comics. Credimi, è  stata una vera sfida, anche perché alla mattina lavoravo in officina mentre alla sera disegnavo fino alle 3-4 del mattino.

Mamma mia, dev'essere stata durissima.

Sì, ma la cosa peggiore è venuta dopo. Rendendomi conto che non era possibile andare avanti con questi ritmi, ho lasciato il lavoro all'officina per dedicarmi completamente ai fumetti, ma terminata la run sugli X-Men per sette mesi non ho avuto alcun incarico. Con una famiglia e un bambino piccolo è stata davvero dura, ma mi ha permesso di concentrarmi su me stesso come artista e trovare uno stile nel quale mi riconoscessi.

Mi hai appena servito un assist perfetto per la prossima domanda. Come ti ho detto prima dell’intervista, sono un grande fan dei tuoi lavori. La prima volta che mi sono imbattuto in un tuo fumetto è stato sul finale di Amazing X-Men, ma sono stati il tuo Batman e il tuo Daredevil a incantarmi e lasciarmi senza parole. Nel corso degli anni il tuo stile è cambiato, evolvendosi per arrivare a quell’essenzialità che oggi ti contraddistingue, ma per me, e qui ti chiedo di correggermi nel caso, hai trovato la tua dimensione, la tua estetica caratteristica proprio sulle pagine del Cavaliere Oscuro e del Diavolo di Hell’s Kitchen.

Sono d’accordissimo. Se vedi le pagine realizzate per Amazing X-Men non sono proprio il mio miglior lavoro anzi, rivedendole ora sono davvero terribili (ride). Come ti dicevo, in quei sette mesi senza lavori mi sono dedicato alle commission dove ho trovato una mia direzione che già si intravedeva sulle pagine dell’adattamento di Doctor Strange. Grazie anche alla pubblicazione online di alcuni miei lavori, dopo Strange sono stato contattato per far parte dell’incredibile parterre di artisti al lavoro sul Batman di Tom King, mentre pochi mesi dopo grazie a Nick Lowe sono approdato su Daredevil dove ho potuto esprimermi al meglio, realizzando tavole con uno stile che mi rappresentasse maggiormente rispetto a quanto visto in precedenza.

A tal proposito, in Batman e Daredevil hai sfoggiato una linea pulita e precisa che per molti aspetti mi ha ricordato subito quella di Mazzucchelli e mi domandavo se in qualche modo, il suo stile così elegante e preciso avesse influenzato il tuo modo di disegnare?

Mazzucchelli è senza dubbio uno degli artisti che preferisco in assoluto, specialmente per la precisione e la chiarezza del suo storytelling. Non è il solo a cui mi rifaccio però. Artisti come Alex Toth, Frank Miller hanno avuto un fortissimo impatto su di me, ma anche artisti miei coetanei e contemporanei come Bruno (Redondo) e Iban (Coello) che sono qui con me oggi... e potrei andare avanti ancora. Tante suggestioni e spunti artistici che prendo, metto in una sorta di centrifuga, per poi rielaborarli per renderli miei.

Io vedo anche un pizzico di Steve Ditko nelle tue tavole.

Puoi ben dirlo! Adoro Ditko, la sua psichedelia e come riusciva a usare la luce e, neanche a dirlo, ha influenzato parecchio il mio lavoro su Rorschach.

Invece come organizzi la tua routine lavorativa? Dopo aver letto lo script preferisci partire con delle outlines di preparazione o iniziare subito sulla tavola?

Generalmente leggo la sceneggiatura per tre-quattro giorni, durante i quali penso alle scene e come renderle su carta senza però toccare la matita. Per un paio di giorni lascio che tutto prenda forma nella mia testa per poi iniziare ad abbozzare tutto.

Come con il vino, lasci il tempo che decanti prima di gustarlo.

Proprio così. Ho bisogno di qualche giorno per metabolizzare lo script prima di prendere la matita e metterlo su carta. Per me lo storytelling è tutto e mi impegno affinché sia il più chiaro e semplice possibile.

Credo che sia giunto il momento di parlare nello specifico del Cavaliere Oscuro. hai affermato più volte di essere un fan del personaggio, perciò ti chiedo subito qual è il tuo fumetto di Batman preferito.

Ce ne sono davvero tanti, ma dovendone scegliere uno ti dico senza dubbio Year One. La componente investigativa impartita da Miller e Mazzucchelli riesce ogni volta ad affascinarmi senza mai stancarmi. 

Capisco benissimo, per me è lo stesso con The Dark Knight Returns.

The Dark Knight Returns è un altro dei miei preferiti, ma come anche Arkham Asylum. Come ti dicevo, ce ne sono davvero troppi (ride).

La prossima domanda è un po’ cattivella ti avverto: guardando alla tua run su Batman nella sua interezza, a quale momento o tavola sei più affezionato? Ti dico il mio se tu mi dici il tuo. 

Mi metti un po’ in difficoltà. Disegnare Batman per me è stato il coronamento di un sogno, quindi sono davvero orgoglioso di tutto quello che ho fatto. Batman #66 è però l’albo che preferisco per la presenza del personaggio di The Question che mi ha sempre affascinato fin da bambino. [n.d.r. il caso ha voluto che, dal plico di fumetti da autografare, l’albo in questione sia capitato tra le mani di Fornés proprio durante questa domanda e, nel rispondere, l’artista spagnolo si è messo a sfogliare l’albo indicando alcune pagine.]

Per quanto mi riguarda, io adoro il panel “I’m Still Here”. Quella porzione di pagina con griglia a quattro pannelli stretti e allungati, con Batman stremato e picchiato a sangue da Bane, ma pronto a rialzarsi per fronteggiarlo, a mio parere riesce ad esprimere tutta l’essenza di Batman nella sua semplicità, divenendo iconica. In molti me lo hanno detto. Sono contento che piaccia a così tante persone.

Cambiando argomento, anche se sempre legato a Batman in un certo senso, com’è lavorare con Tom King? Senza dubbio è uno degli sceneggiatori migliori degli ultimi anni. 

Lavorare con Tom è grandioso. È uno scrittore di immenso talento ma, più di tutto, è una persona incredibilmente collaborativa e aperta al dialogo. Questa sua caratteristica è incredibilmente stimolante a livello artistico e permette, almeno parlo per me, di poter prendere parte attiva alla creazione e allo sviluppo della storia che vogliamo raccontare.

Una vera e propria sinergia la vostra, tant’è che dopo Batman vi siete dedicati a Rorschach. Dimmi come è stato il doversi confrontare con l’opera seminale di Moore e Gibbons? 

Senza dubbio impegnativo. Watchmen è stato uno dei fumetti che più mi ha folgorato all’epoca della sua pubblicazione e sapevamo che le aspettative attorno a Rorschach erano alle stelle. Dal canto nostro sapevamo che la nostra storia aveva una sua identità, seppur legata al capolavoro di Moore e Gibbons. Abbiamo voluto esplorare l’elemento politico dell’America di oggi senza però sfociare nella propaganda.

Ritengo che ad oggi sia il tuo miglior lavoro! Sei riuscito a plasmare un universo con una propria estetica e capace di differenziarsi dalla matrice originale. Quale è stato il processo dietro alla realizzazione grafica di Rorschach? In che modo hai costruito un universo che fosse tuo partendo da un riferimento così conosciuto e così amato? 

Grazie mille per il complimento. Indubbiamente avere la sceneggiatura completa mi ha aiutato molto per creare il look della serie. Tom ha lavorato allo script praticamente dall’inizio della pandemia e quando me lo ha fornito era completo. Avere la visione di insieme piuttosto che parziale e dilazionata nel tempo, mi ha permesso di plasmare questo universo.

Nella sua costruzione ho cercato il più possibile di non rifarmi a quello di Gibbons, semplicemente per non dare al pubblico qualcosa di già visto. Per Rorschach, per la storia che volevamo raccontare mi sono rifatto all’estetica dei film crime-noir degli anni ‘70-’80 con l’ovvia aggiunta di alcuni elementi dell’universo di Watchmen.

A differenza di Watchmen dove venivano analizzate le persone sotto la maschera, tu e Tom avete preso una direzione completamente diversa, preferendo concentrarvi sulle maschere, sul loro significato e sul loro simbolismo. Oltre a questo, il vostro Rorschach è però anche una riflessione sulla crescita dell’industria e sul trattamento riservato oggigiorno agli autori di fumetti. Visto che questa è una tematica complessa nonché attuale, come siete riusciti ad inserirla all’interno del vostro crime-mystery?

In realtà il merito è tutto di Tom. Come ti ho detto è uno scrittore brillante ed è riuscito ad inserire questo elemento, se vuoi anche di critica, all’interno della storia senza farlo risultare forzato. Nell'uso della maschera di Rorschach ci sembrava naturale collegarci alla storia editoriale del personaggio e al suo legame con Ditko, il resto poi è venuto da sé. 

Dopo Rorschach, quasi a sorpresa, sei finito a disegnare un numero di Spider-Man durante l’arco narrativo Beyond. Come hai incrociato la tua strada con quella dell’Arrampicamuri? 

Tutto è nato grazie a Nick Lowe. Nick è stato il mio editor su Daredevil e quando ha letto il progetto per Beyond mi ha contattato per realizzare questo numero con Saladin Ahmed. Avevo appena terminato Rorschach e ho colto l’occasione al volo, anche perchè si trattava di una storia con una punta di horror. 

Sempre per la Casa delle Idee ti sei occupato di realizzare una serie di variant rinominate “window variants”, dove il personaggio si intravede dagli spiragli di una tendina. Come ti è nata l’idea per questa linea di cover variant?

Ancora una volta è merito di Nick, tutto è partito da lui (ride). Quando mi ha proposto il numero di Spider-Man, oltre ad occuparmi degli interior mi ha dato la possibilità di realizzare una copertina variant. Visto il contesto del numero, ho pensato che fosse carino mostrare il personaggio tramite degli spiragli di una veneziana dandogli un tocco un po’ retrò e un po’ alla Hitchcock. L’idea è piaciuta e ha riscosso il favore del pubblico, quindi abbiamo continuato a farne altre anche per Ghost Rider, Wolverine e tutti gli altri. Mi è dispiaciuto interrompere questa serie di cover in seguito al contratto di esclusiva stipulato con DC perché mi stavo divertendo molto.

È un vero peccato perchè era una linea di variant brillante: con pochissimi elementi riusciva a mostrare le caratteristiche essenziali del personaggio. Un’ultima domanda: al momento sei al lavoro su Danger Street sempre con Tom King, cosa puoi dirci al riguardo? Ti confesso di aver avuto un mancamento quando venne annunciata la sua cancellazione, quando in realtà si trattava di un semplice ritardo. 

È stato tutto un gran malinteso. La DC ha annunciato il progetto con uscita prevista per Maggio, ma mi sono reso conto che per poter realizzare tutto e dare continuità alla pubblicazione avevo bisogno di tempo. Sono più di venti personaggi che entrano ed escono continuamente dalla scena, quindi ho chiesto di poter avere più tempo per lavorarci e avere un margine di vantaggio. Sia la DC che Tom hanno compreso e supportato la mia richiesta e posticipato l’uscita. Sono davvero felice che abbiano compreso il mio punto di vista e abbiano accolto la richiesta, non è da tutti. Attualmente sono al lavoro sul terzo numero e avere il quadro generale mi sta aiutando parecchio.

Anche in questo caso quindi Tom ha già completato l’intera sceneggiatura? 

Esatto, ha già scritto tutto. Vorrei riuscire a completare ancora un paio di numeri prima dell’uscita che dovrebbe aggirarsi tra Settembre-Ottobre. Da lì vedremo, anche perché dobbiamo ancora capire se la pubblicazione sarà mensile o bimestrale. Quel che è certo è che siamo davvero orgogliosi di quello che stiamo realizzando e speriamo davvero che vi piaccia.

Non ho alcun dubbio a riguardo. Jorge, ti ringrazio molto per il tuo tempo e per la splendida chiacchierata. Spero davvero che ti sia divertito tanto quanto me e ti auguro il meglio per il lancio di Danger Street.

E’ stato un piacere anche per me. A presto.

Tollo

(Friday Comic Book Podcast)

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