Il Mecenate Audace: La Sedia del Diavolo

Una torre antica si racconta


Il fumetto ha più volte raccontato la storia di monumenti del passato, ma è capitato pochissime volte che sia stato il monumento stesso a farsi narratore. È proprio questo che succede in La Sedia del Diavolo, fumetto di Germano Massenzio pubblicato da Douglas Edizioni.
Massenzio, selezionato al Premio Gran Guinigi con la “miglior storia breve” e finalista al premio Micheluzzi, con questo titolo vuole raccontare una sua riflessione personale sul tema del cieco progresso tecnologico e dell’impatto che lo sviluppo economico ha sull’ambiente.

Partendo da uno spunto autobiografico, le prime pagine di La Sedia del Diavolo presentano il personaggio di Michele che, prima da bambino e poi da ragazzo, sogna ad occhi aperti mentre osserva la Torre di Montecorvino, che svetta solitaria in mezzo alla pianura pugliese. Per la sua insolita forma, dovuta ai segni del tempo (le rovine risalgono addirittura al XI secolo), la torre è stata soprannominata “La sedia del Diavolo”, da qui il titolo del fumetto.
Si entra nel cuore dell’albo quando, un giorno, lo scenario tanto familiare che Michele ammira durante le vacanze cambia: la torre viene circondata da pale eoliche, fonti di energia pulita che, però, finiscono con il rovinare il paesaggio che le ospita. Ad un certo punto è la stessa torre a dire la sua, mentre viene mostrata quasi ossessivamente, vignetta dopo vignetta, con inquadrature ogni volta diverse: questa scelta non è monotona perché l’autore riesce a sfruttare la forma irregolare della “sedia”, mostrandone ogni volta un lato diverso.

Tema di La Sedia del Diavolo non è tanto la denuncia al progresso tecnologico (una denuncia relativa, dato che ad essere criticata è comunque una forma di energia pulita che, in questa narrazione, ha il solo difetto di danneggiare “esteticamente” il paesaggio), ma il tempo, soprattutto come portatore di cambiamenti, anche inattesi. L’intero fumetto infatti è permeato da una patina di nostalgia, di quel tipo che tutti avvertono quando crescono e vedono il mondo intorno a sé cambiare.
Il lettore inizialmente legge dell’infanzia del protagonista e intuisce il glorioso passato della torre, per poi passare alla situazione presente con scene a colori dedicate a Michele e vignette a carboncino con il racconto della torre. Ognuno di questi tempi si differenzia non solo nei colori e nella tecnica, ma anche nel tipo di vignette utilizzate: nel passato di Michele hanno i bordi arrotondati, ad esempio, mentre invece il racconto della torre è scandito da una griglia tradizionale di vignette 3x3. Questi accorgimenti permettono al lettore di orientarsi non solo tra i diversi stacchi temporali, ma anche tra il punto di vista di Michele e quello della torre.

Interessante è anche l’approfondimento finale scritto dalla bibliotecaria Francesca Romana Capone, dedicato alla storia della torre a partire dalla fondazione dell’antica città di Montecorvino (quando i Bizantini si ritrovarono a fare i conti con l’avanzata dei Longobardi verso il Sud Italia) fino all’abbandono dell’area durante il Quattrocento. Così La Sedia del Diavolo diventa anche un modo per scoprire queste rovine affascinanti, anche se poco conosciute, che meriterebbero di essere valorizzate. 
Questo dimostra che il fumetto è un medium ideale per raccontare non solo la Storia con la “s” maiuscola, ma anche quei monumenti che, se solo potessero parlare, avrebbero molto da dire a tutti noi.

Per chi trova appassionante questo rapporto tra la storia e il fumetto, il Mecenate Povero consiglia una raccolta di fumetti brevi, illustrazioni e approfondimenti dedicati al popolo longobardo: Longobardae, del collettivo indipendente Storie Brute.


Il Mecenate Povero
(Vanessa e Marco)




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