L'immortale Hulk #1
Orrorifico, dark, inatteso, mostruoso, immortale. In una parola sola: Hulk
"Ho voluto affermare che l'orrore è parte del nostro vivere quotidiano. Le conseguenze della violenza e dei propri misfatti saranno temi ricorrenti nella trama. Le cose di cui non pensiamo di essere capaci, le ombre che ci portiamo dentro, le versioni di noi che non vogliamo vedere allo specchio sono decisamente gli argomenti dominanti della serie."
Cosi lo sceneggiatore Al Ewing ha presentato la nuova serie Marvel dedicata a Hulk, in cui emerge prepotentemente una componente orrorifica densa di momenti oscuri e thriller.
La dualità, l'insorgere della parte più violenta che si cela nell'oscurità degli animi umani (e superumani?) sono i temi affrontati in questo nuovo capitolo della narrazione delle gesta di Bruce Banner e del suo alter ego. Trame cupe, risvolti psicologici e scene al cardiopalma si susseguono in un albo sorprendentemente riuscito, che si ricollega alle origini del personaggio e alla componente horror che permeava le pagine dei primissimi numeri del 1962, dove il Gigante di Giada era costantemente considerato un pericolo. Un Hulk "immortale" (dopo gli eventi di Civil War II lo sembra davvero) ma anche dark. Grosso, "enorme come una macchina infernale", incute timore e si staglia sugli altri personaggi. Appare di notte, come ogni mostro che si rispetti. Assente per metà storia, si rivela completamente in due doppie splash page consecutive nella sua prorompente fisicità.
Visivamente, come annotato dal sempre attento editor Giuseppe Guidi nelle note di chiusura all'albo, il disegnatore brasiliano Joe Bennett rievoca il gusto gotico delle tavole del maestro Bernie Wrightson (ma anche la paurosa magnificenza dello Swamp Thing di John Totleben e Steve Bissette, giusto per aggiungere un altro paragone "ingombrante"), compiendo un buon lavoro sulle inquadrature e le atmosfere.
A livello editoriale va sottolineato come questo albo rappresenti non solo il nuovo approccio monografico, teso a presentare albi singoli in spillati agili e dalla bassa foliazione, ma anche la trasposizione di questo modello nel mercato delle fumetterie: se finora queste ultime ospitavano praticamente gli stessi spillati pubblicati in edicola, con L'immortale Hulk #1 e Doctor Strange #1 la Panini inizia a pubblicare spillati esclusivi per le fumetterie.
Il tempo ci dirà l'esito di questo "esperimento": la parola peraltro ci sembra particolarmente appropriata per un Hulk che si avvicina terribilmente e fascinosamente a un Frankenstein dei nostri tempi (proprio nell'anno del duecentenario dalla pubblicazione del classico di Mary Shelley) o, visto il colore e l'evidente influenza diretta, a uno Swamp Thing, appunto.
Paragoni a parte, per uno come il sottoscritto che non ha mai amato troppo il personaggio per via delle tante storie poco coinvolgenti che lo hanno visto protagonista (Peter David a parte, of course), quest'albo è davvero una bella scoperta.
"Ho voluto affermare che l'orrore è parte del nostro vivere quotidiano. Le conseguenze della violenza e dei propri misfatti saranno temi ricorrenti nella trama. Le cose di cui non pensiamo di essere capaci, le ombre che ci portiamo dentro, le versioni di noi che non vogliamo vedere allo specchio sono decisamente gli argomenti dominanti della serie."
Cosi lo sceneggiatore Al Ewing ha presentato la nuova serie Marvel dedicata a Hulk, in cui emerge prepotentemente una componente orrorifica densa di momenti oscuri e thriller.
La dualità, l'insorgere della parte più violenta che si cela nell'oscurità degli animi umani (e superumani?) sono i temi affrontati in questo nuovo capitolo della narrazione delle gesta di Bruce Banner e del suo alter ego. Trame cupe, risvolti psicologici e scene al cardiopalma si susseguono in un albo sorprendentemente riuscito, che si ricollega alle origini del personaggio e alla componente horror che permeava le pagine dei primissimi numeri del 1962, dove il Gigante di Giada era costantemente considerato un pericolo. Un Hulk "immortale" (dopo gli eventi di Civil War II lo sembra davvero) ma anche dark. Grosso, "enorme come una macchina infernale", incute timore e si staglia sugli altri personaggi. Appare di notte, come ogni mostro che si rispetti. Assente per metà storia, si rivela completamente in due doppie splash page consecutive nella sua prorompente fisicità.
Visivamente, come annotato dal sempre attento editor Giuseppe Guidi nelle note di chiusura all'albo, il disegnatore brasiliano Joe Bennett rievoca il gusto gotico delle tavole del maestro Bernie Wrightson (ma anche la paurosa magnificenza dello Swamp Thing di John Totleben e Steve Bissette, giusto per aggiungere un altro paragone "ingombrante"), compiendo un buon lavoro sulle inquadrature e le atmosfere.
A livello editoriale va sottolineato come questo albo rappresenti non solo il nuovo approccio monografico, teso a presentare albi singoli in spillati agili e dalla bassa foliazione, ma anche la trasposizione di questo modello nel mercato delle fumetterie: se finora queste ultime ospitavano praticamente gli stessi spillati pubblicati in edicola, con L'immortale Hulk #1 e Doctor Strange #1 la Panini inizia a pubblicare spillati esclusivi per le fumetterie.
Il tempo ci dirà l'esito di questo "esperimento": la parola peraltro ci sembra particolarmente appropriata per un Hulk che si avvicina terribilmente e fascinosamente a un Frankenstein dei nostri tempi (proprio nell'anno del duecentenario dalla pubblicazione del classico di Mary Shelley) o, visto il colore e l'evidente influenza diretta, a uno Swamp Thing, appunto.
Paragoni a parte, per uno come il sottoscritto che non ha mai amato troppo il personaggio per via delle tante storie poco coinvolgenti che lo hanno visto protagonista (Peter David a parte, of course), quest'albo è davvero una bella scoperta.
Il Sommo audace
L'immortale Hulk #1 (44)
Data: novembre 2018
Panini Comics
Copertina: Alex Ross
Testi: Al Ewing
Disegni: Joe Bennett
Chine: Ruy José
Colori: Paul Mounts