Mercurio Loi #9
Evoluzione (e involuzione) della specie
Se c'è un aspetto che è impossibile negare del lavoro di Alessandro Bilotta su Mercurio Loi è la capacità di sorprendere il lettore. Dopo Il colore giallo, lo splendido ottavo numero che toccava tematiche religiose e nel quale i personaggi si interrogavano sui misteri della fede, al solo leggere il titolo del numero successivo, La somiglianza con una scimmia, sarebbe stato semplice e ragionevole ipotizzare di trovarsi tra le mani un albo incentrato sulle teorie darwiniane e sulla confutazione della Genesi biblica.
Forse non lo hanno ancora capito proprio tutti, ma nelle 94 pagine delle storie di Mercurio Loi non ci sono indagini, nel più classico senso del termine, da portare avanti o, meglio, ci sono ma sono di portata universale e non particolare e non conducono, quasi mai, alla soluzione del dilemma posto al centro della trama. La sceneggiatura e il suo protagonista sono al servizio dello speculare (il riferimento al termine specchio, e a tutto quello che evoca, non è casuale) metafisico bilottiano.
Circondato da uomini d'azione (Ottone), da scienziati (il suo ospite), soavi fanciulle (la figlia di quest'ultimo) e letterati da strapazzo (Rolando; nel cui nome ci piace azzardare un riferimento al vostro affezionatissimo Veloci; ndr), Mercurio resta un osservatore, atipico e infaticabile: per lui tutto è un messaggio da decodificare e non tanto il processo di decifrazione in sé quanto il tentativo di decifrazione tende a risolversi nell'epifania che lo conduce a un passo dallo sfiorare la maglia della catena del mistero che sta per cedere, dallo sbirciare - attraverso un piccolo squarcio - oltre il velo di Maya sull'esistenza.
Dopo le ultime prove in coppia con Sergio Ponchione, Massimiliano Bergamo e Matteo Mosca, di nuovo Bilotta crea un'incredibile intesa con il disegnatore coinvolto (in questo caso la collaborazione tra i due è di lunga data: si veda ad esempio il terzo episodio de Il dono nero, edito da Montego). Ai disegni ritroviamo infatti Andrea Borgioli, già straordinario interprete della sceneggiatura bilottiana del numero 5. Il suo stile spigoloso torna a riempire le pagine con figure longilinee, rese con pochi ma riusciti tratteggi, a perpetrare una felice sintesi stilistica e conferire una notevole leggibilità.
"La somiglianza con una scimmia"
SERIE: Mercurio Loi
NUMERO: 9
DATA: gennaio 2018
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Alessandro Bilotta
DISEGNI E CHINE: Andrea Borgioli
COLORI: Francesca Piscitelli
COPERTINA: Manuele Fior
Se c'è un aspetto che è impossibile negare del lavoro di Alessandro Bilotta su Mercurio Loi è la capacità di sorprendere il lettore. Dopo Il colore giallo, lo splendido ottavo numero che toccava tematiche religiose e nel quale i personaggi si interrogavano sui misteri della fede, al solo leggere il titolo del numero successivo, La somiglianza con una scimmia, sarebbe stato semplice e ragionevole ipotizzare di trovarsi tra le mani un albo incentrato sulle teorie darwiniane e sulla confutazione della Genesi biblica.
Invece Bilotta, da narratore scaltro e capace nello sviare abilmente le
attenzioni del lettore, sceglie di rendere il ragionamento scientifico
un tema collaterale e non pienamente centrale nella narrazione,
riuscendo, oltre che a sorprendere, a convincere con
un altro albo da antologia.
Forse non lo hanno ancora capito proprio tutti, ma nelle 94 pagine delle storie di Mercurio Loi non ci sono indagini, nel più classico senso del termine, da portare avanti o, meglio, ci sono ma sono di portata universale e non particolare e non conducono, quasi mai, alla soluzione del dilemma posto al centro della trama. La sceneggiatura e il suo protagonista sono al servizio dello speculare (il riferimento al termine specchio, e a tutto quello che evoca, non è casuale) metafisico bilottiano.
L'ironia, le citazioni, gli equivoci si susseguono in una sceneggiatura
come sempre raffinata e girovaga, che segue il cammino di Mercurio Loi (o "Roi", come viene simpaticamente apostrofato, omaggiando forse involontariamente il maestro delle ombre
noto per le sue tavole di Dylan Dog), un viaggio alla scoperta non tanto della mente di una scimmia quanto dell'intelletto umano, meccanismo complesso e insondabile.
Lo sceneggiatore romano sfrutta una caratteristica estetica del
protagonista, ovvero la sua effettiva somiglianza antropomorfica con una
scimmia, per costruire attorno a questa considerazione - se vogliamo
superficiale - una vicenda ricca di riflessioni esistenziali
circa la volontà di seguire le proprie ossessioni e affrontarne le
conseguenze, ma anche sulla determinazione e l'arroganza che sono tipici
di chi sa sin troppo bene di sapere. Sullo sfondo (nemmeno troppo
celati) i tumulti sentimentali, quell'insindacabile
spinta che taluni chiamano "amore" e che, storia dopo storia, abbiamo
visto brillare anche negli occhi dell'uomo più razionale e raffinato
del mondo, il Professor Loi.
Era inevitabile, del resto, che si parlasse di istanze interiori: se si
disquisisce di rigorosi e standardizzabili esperimenti scientifici, cosa
può contrapporvisi se non una materia sfuggente e sublime come il
sentimento?
Straordinarie le sequenze iniziali, narrate dal punto di vista della scimmia, con un linguaggio reso in modo incomprensibile (come deve risultare alle sue grandi orecchie il chiacchiericcio degli esseri umani). Altrettanto riuscita e da antologia la scena della finestra (pp. 65-71), con un equivoco bello quanto eloquente.
Molto fine anche tutta la discussione sull'arte sequenziale che oggi conosciamo come fumetto. Sebbene, come noto, nella prima metà dell'Ottocento il linguaggio del fumetto non fosse ancora codificato come oggigiorno, lo stesso Mercurio sottolinea che la tendenza a narrare per immagini è praticamente innata nell'uomo. Anche il discorso sulle differenze tra letteratura e scienza è estremamente affascinante e testimonia, se ancora ce ne fosse la necessità, la profondità delle riflessioni che Bilotta mette su carta.
Circondato da uomini d'azione (Ottone), da scienziati (il suo ospite), soavi fanciulle (la figlia di quest'ultimo) e letterati da strapazzo (Rolando; nel cui nome ci piace azzardare un riferimento al vostro affezionatissimo Veloci; ndr), Mercurio resta un osservatore, atipico e infaticabile: per lui tutto è un messaggio da decodificare e non tanto il processo di decifrazione in sé quanto il tentativo di decifrazione tende a risolversi nell'epifania che lo conduce a un passo dallo sfiorare la maglia della catena del mistero che sta per cedere, dallo sbirciare - attraverso un piccolo squarcio - oltre il velo di Maya sull'esistenza.
Dopo le ultime prove in coppia con Sergio Ponchione, Massimiliano Bergamo e Matteo Mosca, di nuovo Bilotta crea un'incredibile intesa con il disegnatore coinvolto (in questo caso la collaborazione tra i due è di lunga data: si veda ad esempio il terzo episodio de Il dono nero, edito da Montego). Ai disegni ritroviamo infatti Andrea Borgioli, già straordinario interprete della sceneggiatura bilottiana del numero 5. Il suo stile spigoloso torna a riempire le pagine con figure longilinee, rese con pochi ma riusciti tratteggi, a perpetrare una felice sintesi stilistica e conferire una notevole leggibilità.
Quasi dimenticavamo di citare la
cover di Manuele Fior, dove il protagonista sorride sornione, quasi a
dimostrare la propria noncuranza per la sua somiglianza fisica con una
scimmia. E un po' a suggerirci che, in effetti, i misteri della vita sono
ben altri.
Il sommo audace & Rolando Veloci
"La somiglianza con una scimmia"
SERIE: Mercurio Loi
NUMERO: 9
DATA: gennaio 2018
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Alessandro Bilotta
DISEGNI E CHINE: Andrea Borgioli
COLORI: Francesca Piscitelli
COPERTINA: Manuele Fior
Tutte le immagini © 2018 Sergio Bonelli Editore.