Capitan Jack - Tex Speciale #31
Dove Tito Faraci ed Enrique Breccia entrano nella storia di Aquila della notte
Partiamo con un breve salto indietro nel tempo. Nel 1988, in occasione dei quarant'anni dall'esordio di Tex, il compianto Sergio Bonelli decise di varare una collana che avrebbe ospitato autori - per la maggior parte disegnatori - di respiro internazionale e con uno stile che usualmente non trovava spazio sulla serie regolare. Nasceva così, con l'episodio Tex il grande! sceneggiato da Claudio Nizzi e splendidamente illustrato da Guido Buzzelli, lo Speciale Tex annuale, altresì detto Texone.
Saltiamo ora a qualche anno fa quando, alcuni mesi prima di lasciarci, lo stesso lungimirante editore decise di affrontare il periodo storico della Guerra dei Modoc in un fumetto, suggerendo al poliedrico Tito Faraci di tuffarsi nell'immensa biblioteca del suo studio a spulciare volumi per documentarsi.
Il trentunesimo volume, uscito solo pochi giorni fa, è nato così. Un albo se possibile ancor più speciale del solito. L'artista chiamato a realizzarne i disegni, su testi di Faraci, è un maestro del fumetto internazionale: Enrique Breccia. E Capitan Jack è una storia che faticheremo a dimenticare.
Come anticipato in apertura, l'episodio prende spunto dalla Guerra dei Modoc e in particolare dalle battaglie che hanno avuto come teatro le terre aride dei "Lava Beds" (tradotto: "Letti di lava"). È una storia cupa, crepuscolare, quella dei Modoc, una delle poche (forse persino l'unica) tra le popolazioni indigene della futura California ad essere ancora ricordata nelle cronache del West, anche per via dell'atteggiamento combattivo con cui risposero alle intimidazioni dei soldati bianchi (ce lo ricorda Luca Barbieri nella colta introduzione storica all'albo). Nella storia il capo dei Modoc, il Capitan Jack del titolo, entra in scontro aperto con l'esercito statunitense, trucidando diversi soldati giunti al campo indiano con l'intento di portarli in una riserva. Ai Modoc dunque non resta che attendere la rivincita dei militari in una zona di cui conoscono ogni anfratto, ogni grotta, ogni roccia, ovvero i già citati Lava Beds.
Intanto Tex e Kit Carson vengono chiamati in causa per vendicare Foster, un ranger loro amico la cui famiglia è stata trucidata dai razziatori del ribelle Hooker Jim (altro personaggio chiave dell'episodio). Nel susseguirsi degli eventi, i nostri non si trovano a fronteggiare solo la ferocia degli indiani ma, chiaramente, anche le ingiustizie perpetrate dalle forze militari.
Ancora una volta in un episodio di Tex la realtà storica si fonde con la fantasia. Faraci lo fa in maniera sapiente e lineare, senza farsi imbrigliare dalle reti della pedissequa riproduzione di eventi storici ma anche senza prendersi eccessive libertà. L'episodio possiede un ritmo incalzante e coinvolgente e anche i passaggi in cui vengono esplicati i risvolti della trama, per forza di cose più verbosi rispetto alle restanti pagine, non sono eccessivamente pesanti. Buona parte della seconda metà del volume è occupata da una lunga sparatoria, densa di eventi e gestita in modo impeccabile, che si conclude con un bel colpo di scena. Alcune sequenze poi sono rese in maniera magistrale. Citiamo a titolo esemplificativo l'intera scena notturna dell'allontanamento della giovane indiana Winema: dieci tavole (per la precisione da pag. 34 a pag. 43) colme di sguardi, gesti, pause, silenzi, da leggere e rileggere.
A memoria del sottoscritto si tratta della prova migliore di Faraci come sceneggiatore di Aquila della notte, per la cui riuscita è stato senz'altro determinante il connubio con Enrique Breccia. Quest'ultimo è autore di pagine che, per una volta, ci fanno dubitare delle nostre stesse capacità critiche e interpretative. Troppa struggente bellezza, troppi aspetti da annotare e analizzare in una sola recensione, troppi dettagli che sicuramente ci sfuggiranno.
Nel tratto espressionista dell'autore di Alvar Mayor, Il collezionista di sogni e Il cacciatore del tempo c'è tutta la potenza visiva e la minuziosità stilistica dei migliori esponenti della scuola argentina. La sua capacità di gestire le tavole in modo variegato e sempre nuovo è decisamente fuori dal comune. Breccia si districa con abilità da un approccio alle tavole molto classico e "bonelliano" a un'impostazione più personale e libera. Le vignette mutano dimensione in funzione del ritmo delle scene, conferendo una fresca musicalità alla lettura.
I finissimi e densi tratteggi sono la cifra stilistica di Breccia (esaltata ad esempio nel flashback di pagg. 56/63), cui vanno aggiunti sorprendenti giochi di chiaroscuro, che spiccano particolarmente nelle scene notturne o nebbiose. Intelligentemente l'autore di Buenos Aires utilizza ampi sfondi bianchi nelle scene finali per dare maggior risalto alla presenza dei personaggi. Molto riuscita anche la descrizione del paesaggio delle Lava Beds, con quell'inquietante roccia a forma di testa di lupo, nelle scene in cui una coltre di nebbia sovrasta tutto e rende tutto più sfumato.
Le sue tavole poi sono impreziosite da alcuni elementi di contorno che a uno sguardo meno attento potrebbero apparire come puro decoro e che invece rivestono un'alta funzione simbolica. Ne sono un esempio le onnipresenti foglie cadenti, posizionate spesso sui bordi delle vignette, a sottolineare un flusso di narrazione non è possibile racchiudere nei vincoli di una vignetta e verosimilmente a suggerire in maniera implicita la stagione autunnale in cui è ambientato l'episodio. Inoltre, nel contesto di sparatorie o durante i momenti di palpabile silenzio, vengono raffigurati animali, per lo più uccelli, che svolazzano nei pressi dell'azione descritta, figure inquietanti e suggestive.
In rete alcuni lettori dopo aver letto la storia hanno citato Sergio Toppi, nome voluminoso e ineguagliabile, quasi a voler suggerire un legame d'ispirazione che francamente non ci sembra d'intravvedere, per via del percorso autoriale che da decenni Breccia persegue.
Comunque vogliate considerarlo, il Capitan Jack di Faraci e Breccia sarà consegnato alla storia come uno dei migliori Texoni di sempre, in una triade ideale insieme all'inarrivabile La valle del terrore, che Magnus realizzò nell'arco di sette lunghi anni, e al Patagonia di Mauro Boselli e Pasquale Frisenda.
“Capitan Jack”
Partiamo con un breve salto indietro nel tempo. Nel 1988, in occasione dei quarant'anni dall'esordio di Tex, il compianto Sergio Bonelli decise di varare una collana che avrebbe ospitato autori - per la maggior parte disegnatori - di respiro internazionale e con uno stile che usualmente non trovava spazio sulla serie regolare. Nasceva così, con l'episodio Tex il grande! sceneggiato da Claudio Nizzi e splendidamente illustrato da Guido Buzzelli, lo Speciale Tex annuale, altresì detto Texone.
Saltiamo ora a qualche anno fa quando, alcuni mesi prima di lasciarci, lo stesso lungimirante editore decise di affrontare il periodo storico della Guerra dei Modoc in un fumetto, suggerendo al poliedrico Tito Faraci di tuffarsi nell'immensa biblioteca del suo studio a spulciare volumi per documentarsi.
Il trentunesimo volume, uscito solo pochi giorni fa, è nato così. Un albo se possibile ancor più speciale del solito. L'artista chiamato a realizzarne i disegni, su testi di Faraci, è un maestro del fumetto internazionale: Enrique Breccia. E Capitan Jack è una storia che faticheremo a dimenticare.
Come anticipato in apertura, l'episodio prende spunto dalla Guerra dei Modoc e in particolare dalle battaglie che hanno avuto come teatro le terre aride dei "Lava Beds" (tradotto: "Letti di lava"). È una storia cupa, crepuscolare, quella dei Modoc, una delle poche (forse persino l'unica) tra le popolazioni indigene della futura California ad essere ancora ricordata nelle cronache del West, anche per via dell'atteggiamento combattivo con cui risposero alle intimidazioni dei soldati bianchi (ce lo ricorda Luca Barbieri nella colta introduzione storica all'albo). Nella storia il capo dei Modoc, il Capitan Jack del titolo, entra in scontro aperto con l'esercito statunitense, trucidando diversi soldati giunti al campo indiano con l'intento di portarli in una riserva. Ai Modoc dunque non resta che attendere la rivincita dei militari in una zona di cui conoscono ogni anfratto, ogni grotta, ogni roccia, ovvero i già citati Lava Beds.
Intanto Tex e Kit Carson vengono chiamati in causa per vendicare Foster, un ranger loro amico la cui famiglia è stata trucidata dai razziatori del ribelle Hooker Jim (altro personaggio chiave dell'episodio). Nel susseguirsi degli eventi, i nostri non si trovano a fronteggiare solo la ferocia degli indiani ma, chiaramente, anche le ingiustizie perpetrate dalle forze militari.
Ancora una volta in un episodio di Tex la realtà storica si fonde con la fantasia. Faraci lo fa in maniera sapiente e lineare, senza farsi imbrigliare dalle reti della pedissequa riproduzione di eventi storici ma anche senza prendersi eccessive libertà. L'episodio possiede un ritmo incalzante e coinvolgente e anche i passaggi in cui vengono esplicati i risvolti della trama, per forza di cose più verbosi rispetto alle restanti pagine, non sono eccessivamente pesanti. Buona parte della seconda metà del volume è occupata da una lunga sparatoria, densa di eventi e gestita in modo impeccabile, che si conclude con un bel colpo di scena. Alcune sequenze poi sono rese in maniera magistrale. Citiamo a titolo esemplificativo l'intera scena notturna dell'allontanamento della giovane indiana Winema: dieci tavole (per la precisione da pag. 34 a pag. 43) colme di sguardi, gesti, pause, silenzi, da leggere e rileggere.
A memoria del sottoscritto si tratta della prova migliore di Faraci come sceneggiatore di Aquila della notte, per la cui riuscita è stato senz'altro determinante il connubio con Enrique Breccia. Quest'ultimo è autore di pagine che, per una volta, ci fanno dubitare delle nostre stesse capacità critiche e interpretative. Troppa struggente bellezza, troppi aspetti da annotare e analizzare in una sola recensione, troppi dettagli che sicuramente ci sfuggiranno.
Nel tratto espressionista dell'autore di Alvar Mayor, Il collezionista di sogni e Il cacciatore del tempo c'è tutta la potenza visiva e la minuziosità stilistica dei migliori esponenti della scuola argentina. La sua capacità di gestire le tavole in modo variegato e sempre nuovo è decisamente fuori dal comune. Breccia si districa con abilità da un approccio alle tavole molto classico e "bonelliano" a un'impostazione più personale e libera. Le vignette mutano dimensione in funzione del ritmo delle scene, conferendo una fresca musicalità alla lettura.
I finissimi e densi tratteggi sono la cifra stilistica di Breccia (esaltata ad esempio nel flashback di pagg. 56/63), cui vanno aggiunti sorprendenti giochi di chiaroscuro, che spiccano particolarmente nelle scene notturne o nebbiose. Intelligentemente l'autore di Buenos Aires utilizza ampi sfondi bianchi nelle scene finali per dare maggior risalto alla presenza dei personaggi. Molto riuscita anche la descrizione del paesaggio delle Lava Beds, con quell'inquietante roccia a forma di testa di lupo, nelle scene in cui una coltre di nebbia sovrasta tutto e rende tutto più sfumato.
Le sue tavole poi sono impreziosite da alcuni elementi di contorno che a uno sguardo meno attento potrebbero apparire come puro decoro e che invece rivestono un'alta funzione simbolica. Ne sono un esempio le onnipresenti foglie cadenti, posizionate spesso sui bordi delle vignette, a sottolineare un flusso di narrazione non è possibile racchiudere nei vincoli di una vignetta e verosimilmente a suggerire in maniera implicita la stagione autunnale in cui è ambientato l'episodio. Inoltre, nel contesto di sparatorie o durante i momenti di palpabile silenzio, vengono raffigurati animali, per lo più uccelli, che svolazzano nei pressi dell'azione descritta, figure inquietanti e suggestive.
In rete alcuni lettori dopo aver letto la storia hanno citato Sergio Toppi, nome voluminoso e ineguagliabile, quasi a voler suggerire un legame d'ispirazione che francamente non ci sembra d'intravvedere, per via del percorso autoriale che da decenni Breccia persegue.
Comunque vogliate considerarlo, il Capitan Jack di Faraci e Breccia sarà consegnato alla storia come uno dei migliori Texoni di sempre, in una triade ideale insieme all'inarrivabile La valle del terrore, che Magnus realizzò nell'arco di sette lunghi anni, e al Patagonia di Mauro Boselli e Pasquale Frisenda.
Il sommo audace
Un video in cui breccia disegna Tex.
“Capitan Jack”
COLLANA: Speciale Tex
NUMERO: 31
DATA: giugno 2016
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Tito Faraci
DISEGNI, CHINE E COPERTINA: Enrique Breccia
DATA: giugno 2016
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Tito Faraci
DISEGNI, CHINE E COPERTINA: Enrique Breccia