UT #1

Il ritorno del signore delle ombre


Abbiamo apprezzato in tante saghe bonelliane il maestro e signore dell’oscurità, Corrado Roi: da Mister No a Martin Mystère, da Nick Raider a Julia, passando per Magico Vento, Nathan Never e Dampyr, anche se il suo nome resterà legato a quello di Brendon e di Dylan Dog, le serie sulle quali il suo tratto si è espresso al meglio.
Quello che stringiamo tra le mani, usciti da quel di Cartoomics 2016, è il suo primo parto come autore completo (sebbene i testi non siano solo suoi). Un parto la cui gestazione è stata lunga, complessa e, proprio per questo, affascinante.

Che cosa dobbiamo aspettarci da questa nuova pubblicazione di casa Bonelli?

UT è la prima tra le nuove miniserie Bonelli di cui usciranno 6 numeri, mentre finora le altre (a partire da Coney Island di Manfredi) hanno avuto il formato delle tre o quattro uscite. Ma le novità non si esauriscono con il numero degli albi. Quello che pervade questo primo numero, Le vie della fame, è qualcosa di indefinibile e, volutamente, incompiuto. Tante sono le domande senza risposte alla fine della lettura e, forse, è giusto così.
Una lettura non basta, ve lo possiamo assicurare, per apprezzare ogni vignetta, rendere giustizia a tutti i dialoghi e le didascalie e per fondere in un’unica immagine mentale il tratto di Roi – mai così ispirato, da un ventennio a questa parte – e il verbo della Barbato.
Sì, c’è anche lei. Paola Barbato (che di certo non necessita presentazioni). Nelle pagine iniziali e in quelle finali, che impreziosiscono l’edizione variant che stiamo recensendo (con splendida copertina di Jacopo Camagni), la scrittrice fa capire chiaramente che la paternità dell’opera è tutta di Roi. Il suo ruolo però non è stato di poco conto, anzi: lei ha sbrogliato la matassa di idee e appunti che il disegnatore di Varese aveva continuato a ingarbugliare in una vita. E il primo risultato di questa operazione a quattro mani è ora a portata di noi tutti.



Dicevamo che le novità non si esauriscono con il numero maggiore di uscite. È vero perché mai come per questa creazione artistica, forse perché a tenere le redini del tutto è principalmente il disegnatore, storia e disegni si fondono sinesteticamente per creare un ibrido nuovo, mirabile, quasi mostruoso: sembra di guardare i racconti di Lovecraft e di Poe o di risfogliare le opere dell’immenso Dino Battaglia o di rivivere le più riuscite avventure brendoniane.
Raramente abbiamo potuto ammirare una simile perfezione totale: inquadrature, primi piani, architetture, prospettive sono di un rigore e di una perfezione quasi non di questo mondo e si uniscono in modo altrettanto perfetto ai testi, ellittici, criptici, allusivi, esoterici e inquietanti.
 
Roi riesce, come solo lui sa fare, a strappare al nero i pochi bianchi utili per delineare le sue pallide figure, larve, simulacri di esseri antropomorfi i cui volti necessitano di stomaci forti per essere fissati a lungo, a cavallo come sono tra l’orrido e il grottesco.


 Altra caratteristica della serie è il suo protagonista, se così lo possiamo definire. Ut indossa una maschera che lascia scoperti soltanto i suoi occhi – non abbiamo capito fino a che punto –, espressione di una mente ingenua, infantile, forse troppo facilmente manipolabile.
Ma parliamo del mondo in cui Ut si trova a vivere e agire. È un mondo post apocalittico, fuori dal tempo e dallo spazio per come lo conosciamo noi. L’uomo si è quasi estinto, così come la fauna e la flora, l’aria è malsana e a infestare il pianeta è una nuova specie dalle sembianze umane dedita al cannibalismo pur di soddisfare i propri istinti primari. Il compito di Ut è quello di custodire una mastaba (un particolare tipo di tomba utilizzata dagli antichi Egizi), di trovare i pochi insetti della vecchia era e di consegnarli all’entomologo Decio (omaggio a Canzio?), sorta di figura paterna per Ut e, al tempo stesso, misteriosa che cela un passato sicuramente ricco di segreti che si spera vengano presto rivelati.
Da questa tomba emerge il colossale Iranon (esplicito riferimento all’opera di Lovecraft, The Quest of Iranon, scritta nel 1921 e pubblicata nel 1935), unico superstite della sua specie (saranno gli uomini come noi li conosciamo?), il quale sembra essere temuto e rispettato dagli adepti della Congrega della Fame e destinato a compiere grandi e memorabili imprese, appena recuperata la memoria e la coscienza di sé e della sua gente.

Ma i rimandi letterari o colti non si esauriscono qui: il lettore più attento noterà il volto del recentemente scomparso Umberto Eco alle pp. 67 e 68; il misterioso diario di Hog – motore di tutta la vicenda futura – è un riferimento al dimenticato maestro di Lovecraft, il britannico William Hope Hodgson; così come Poe rivive attraverso i suoi racconti (Berenice del 1835 e Ligeia del 1838); i rimandi al cinema espressionista tedesco sono numerosi (su tutti, Il gabinetto del dottor Caligari di Robert Wiene del 1920 e Nosferatu di Friedrich Wilhelm Murnau del 1922).
Finora, a livello fumettistico italiano, l’unico parallelo calzante con questo nuovo prodotto bonelliano è l’opera di Chiaverotti, Brendon, serie sulla quale Roi ha potuto esprimersi al meglio. Simili sono gli ambienti da medioevo post apocalittico, così come simile sembra l’unione di superstizione, scienza e magia che domina la vita dei personaggi; dure sono le condizioni di chi è sopravvissuto al disastro e decisamente poco rassicuranti sono gli esseri che popolano questo mondo spietato e buio…

In un mondo così brutale spiccano, fiori in mezzo al fango, le figure di Ut, del suo gatto trovatello Leopoldo (animale sacro e magico per gli antichi Egizi) e della piccola Yersinia, bambina che si nutre – in mancanza d’altro – di fiabe. Qui pensiamo, – speriamo a ragione! – si debba dare atto al lavoro sulla caratterizzazione dei personaggi fatto dalla Barbato. Immediatamente il lettore prova un forte senso di tenerezza e una profonda simpatia per queste tragiche condizioni di esseri viventi, diversi in tutto, ma accomunati dall’emarginazione, dalla solitudine, dalla sofferenza e dalla mancanza di affetti.



Concludiamo dicendo che UT va letto e sfogliato (e magari riletto e risfogliato) convogliando l’attenzione dei vostri occhi su quelli di Ut (tanto per ora potete vedere solo questa sua parte scoperta) e le vostre dita su quelle che il protagonista amputa con incredibile velocità e maestria dalle mani delle sue malcapitate vittime.

RolandoVeloci



Variant Cover di Jacopo Camagni
UT – “Le vie della fame” 
N: 1 (di 6)
ALBO IN EDIZIONE SPECIALE IN TIRATURA LIMITATA REALIZZATA IN OCCASIONE DI CARTOOMICS 2016
DATA: marzo 2016
SERGIO BONELLI EDITORE 

SOGGETTO, DISEGNI E CHINE: Corrado Roi
SCENEGGIATURA: Paola Barbato
COPERTINA ED. VARIANT: Jacopo Camagni
COPERTINA REGULAR: Corrado Roi
COPERTINA ED. PER FUMETTERIE: Nicola Mari









Copertina dell'edizione da edicola di Corrado Roi

Copertina dell'edizione da fumetteria di Nicola Mari


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