Orfani: RINGO #9 | Tabula Rasa
e i ragazzi tra le spire di una tribù di folli
Un fumetto è veramente "diverso" quando fa parlare di sé. È veramente importante se ti ritrovi a fare previsioni sugli snodi della trama e sul finale quando è uscito appena il primo numero della serie. Un fumetto ti cattura se pretende più tempo di quello che gli dedicheresti con la semplice lettura.
Questo è quanto è successo a noi audaci con Ringo (e Orfani in generale). Quello che abbiamo tra le mani è un albo coraggioso, che non può lasciare indifferente il lettore per coraggio ed efferatezza, oltre ad essere probabilmente il migliore della serie fino a questo momento. Ma è anche un numero sulle cui svolte narrative, tra noi, in una fredda sera d'ottobre avanti al bar del paese, abbiamo già discusso. Dovevamo soltanto aspettare che uscisse, ed è arrivato proprio quando meno ce lo aspettavamo.
Il che non vuol dire che siamo dei veggenti, o che la trama è così banale e scontata da lasciar prevedere sviluppi importanti dal primo numero, ma che la storia ha preteso un'analisi attenta, un investimento di tempo tale da indurci a valutare le molteplici possibilità di svolta, di colpi di scena. E quello presente in questa storia lo è, eccome. E non c'è delusione per una previsione azzeccata, tantomeno orgoglio tale da sminuire l'opera, si passa direttamente al livello successivo che induce gli audaci lettori a chiedersi "e ora?". Ed ecco la storia che pretende altro tempo, oltre quello dedicato alla lettura, tempo di scambi di opinioni in lunghe chat o chiacchierate telefoniche. La grandezza di un'opera narrativa (in questo caso il fumetto, ma anche una serie tv, un film ben articolato o un libro) è tutta qui. Nell'incuriosire, coinvolgere, smentire o confermare e non deludere il lettore. Nemmeno quando questo pensa di aver capito tutto, perchè ci sarà sempre un'altra domanda quando la precedente avrà ricevuto risposta.
Un numero importante quello che presto avrete modo di leggere, che schiaccia l'acceleratore sul lato narrativo. Da qui si riparte, si prende velocità, con tanto stile, verso il gran finale.
Una pianura padana avvolta dalla nebbia accoglie Ringo, Seba, Nuè e Rosa, che proseguono il loro percorso verso il Nord. I nostri sono accolti da una fitta neve di cenere radioattiva che li spinge nelle mani di una tribù resa folle dalla fame, dove incubi cruenti sono lì ad attenderli. Ringo è vittima dell'uso forzato di una sostanza che gli annebbia la mente, mentre Rosa inizia a dare segni di cedimento...
Mauro Uzzeo alla sceneggiatura intreccia dialoghi azzeccati e mai fuori contesto: sembra quasi che a lui tocchino gli episodi in chiave introspettiva e la cosa gli riesce molto bene, fornendoci lunghi dialoghi tra i personaggi che arricchiscono la trama dando alla storia un senso diverso da quello percepito alla semplice apparenza, dove la follia prende significato e gli incubi svelano paure e rimorsi. Degna di nota è la citazione (colta dall'audace Giuppo) che troviamo nelle parole del folle personaggio antagonista dei nostri eroi in questo numero.
"dammi una mano dammi una mano
ad incendiare il genere umano"
Altro non è che il culmine di un virgolettato (iniziato nelle pagine precedenti) preso quasi alla lettera da una strofa di un brano dei CCCP, "Rozzemilia", cantato da Ferretti che dice:
"dammi una mano dammi una mano
ad incendiare il piano padano"
È un albo che colpisce davvero, un pugno allo stomaco di rara intensità, dove la violenza e la fame sono portate alle estreme conseguenze, con riflessioni politiche e sociali non da poco.
Ai disegni un Matteo Cremona in grande spolvero che regala bellissime linee ai personaggi e grande attenzione alla scelta delle inquadrature, molto "americane" e inusuali nel contesto fumettistico bonelliano. L'orrore e la tragedia rappresentati con intensità nelle espressioni dei personaggi, nella loro recitazione facciale e fisica. Un bell'esempio è la "trasformazione" onirica di Ringo o il suo tormento dettato dal veleno. Ancora una volta, i colori delle bravissime Giovanna Niro e Fabiola Ienne arricchiscono e non privano di nulla gli inchiostri di Cremona e "narrano" così come sceneggiatura e disegni alternando le scene e i soliti due filoni narrativi con l'utilizzo di palette cromatiche in netto contrasto tra loro, calde e fredde a seconda dell'atmosfera prevista.
La rivelazione presentata in questo numero apre nuovi scenari verso una conclusione che non ha niente di scontato. Non ci resta che aspettare il numero successivo e capire come gli autori si giocheranno i loro assi.