ADAM WILD #6, #7 e #8 - Recensione (tripla)
Prosegue la nuova serie di Manfredi, con l'apporto ai disegni di Raffaelli, Tucić e Subic
Cosa insolita, almeno per gli Audaci, questa
dell’accorpamento di più albi in un’unica recensione. Abbiamo seguito con
attenzione e passione la prima metà della stagione d’esordio di Adam Wild, la nuova serie di Gianfranco Manfredi (Gordon
Link, Dylan Dog, Magico Vento, Tex, Volto Nascosto, Shanghai
Devil, Coney Island, ecc.). L’entusiasmo iniziale per
una nuova uscita a firma Manfredi non si è andato spegnendo numero dopo numero,
anzi: ora che siamo nel cuore, nel vivo della vicenda che l’autore milanese ha
scelto di narrare, possiamo affermare con certezza che questa uscita bonelliana
è quanto di meglio si possa trovare attualmente nelle edicole italiane, sotto
tutti i punti di vista.
Adesso non ci resta che aspettare il quattro giugno per poterci godere il numero nove, I giovani leoni, che ci porterà a rovistare tra gli affari sporchi degli inglesi, tra rotaie insanguinate e diritti negati.
La metà della prima stagione è stata consegnata alla storia,
dicevamo. E anche in questa seconda parte Manfredi
sta dimostrando di sapersi muovere senza problemi nelle trame e nelle
sottotrame, nei meandri più oscuri della psiche dei personaggi, i quali
iniziano ad aumentare di spessore a ogni nuovo capitolo. Insomma, il nostro sa
come rendere una saga interessante!
La storia di marzo, L’incubo della giraffa, disegnata
dal maestro Paolo Raffaelli (il quale ha già collaborato
in passato con Manfredi: vedi Faccia di pietra, Magico
Vento n. 9 e Crollo di un impero, Shanghai
Devil
n. 15), è una storia di passaggio, che concede al lettore una pausa nella
incalzante continuità della narrazione principale. Il viaggio lisergico che
anche il caro Adam dovrà, suo malgrado, affrontare è uno di quelli dai quali
difficilmente si torna indietro: quello negli abissi dell’ossessione. Raffaelli
riesce con impareggiabile bravura a rendere gli incubi di Adam e le paranoie di
Herbert Dunwich, sua vecchia
conoscenza e le paure della figlia di quest’ultimo, la Doris (gradevole riferimento alla famosa scrittrice, vincitrice del
premio Nobel, Lessing?).
Al centro della vicenda è il topos ancestrale della caccia, il suo mito, la sua trasformazione da esigenza vitale a sport fine a se stesso, da rituale simbolico di lotta per la sopravvivenza a follia omicida gratuita o, peggio, mossa da interessi economici. Ovviamente in Manfredi la narrazione non è mai fine a se stessa ma si fa denuncia sociale, politica, animalista, ecologista… umana! E il lettore più preparato saprà cogliere i riferimenti all’Amleto shakespeariano così come i riferimenti alla mitologia sudanese (l’incubo della giraffa del titolo si riferisce proprio a una leggenda che vede come protagonista l’apparentemente pacifico animale dal lungo collo). Cosa fondamentale, in questo numero appare in modo volutamente palese l’elemento demoniaco o magico o ancora, se preferite, irrazionale: altro marchio di fabbrica della scrittura del talentuoso artista milanese.
Al centro della vicenda è il topos ancestrale della caccia, il suo mito, la sua trasformazione da esigenza vitale a sport fine a se stesso, da rituale simbolico di lotta per la sopravvivenza a follia omicida gratuita o, peggio, mossa da interessi economici. Ovviamente in Manfredi la narrazione non è mai fine a se stessa ma si fa denuncia sociale, politica, animalista, ecologista… umana! E il lettore più preparato saprà cogliere i riferimenti all’Amleto shakespeariano così come i riferimenti alla mitologia sudanese (l’incubo della giraffa del titolo si riferisce proprio a una leggenda che vede come protagonista l’apparentemente pacifico animale dal lungo collo). Cosa fondamentale, in questo numero appare in modo volutamente palese l’elemento demoniaco o magico o ancora, se preferite, irrazionale: altro marchio di fabbrica della scrittura del talentuoso artista milanese.
Il numero dello scorso mese, Fuori dal paradiso, come
lascia intuire la copertina fin troppo rivelatrice dell’onesto Darko Perovic (lo
diciamo, non col cuore leggero, dopo un lungo travaglio: le sue copertine sono
la cosa meno entusiasmante della serie), è un numero di
importanza capitale nell’economia della serie: saltano gli equilibri
all’interno della compagnia che Adam e Amina
hanno messo insieme. Londo si rivela
per quello che è: un miserabile vigliacco e un assassino senza scrupoli,
infatti non esita a mettere in atto il suo perverso piano di eliminazione dei
due odiati bianchi, Adam e il sempre più simpatico conte Narciso Molfetta. Proprio fuori dal paradiso, nel cratere di
Ngorogoro, il nostro Adam(o) ritrova la sua amata Eva e riesce a schiacciare il
serpente della prepotenza e dell’incomunicabilità tra le etnie. Ai pennelli Zoran Tucić, il cui tratto è
sicuramente il meno consono allo stile di narrare caratteristico di Manfredi.
Dire che non ci piace forse sarebbe troppo, ma gli Audaci concordano su fatto
che si tratta del disegnatore che, al momento, ha fornito la prestazione meno
esaltante.
Ne Il signore delle iene assistiamo
alla vendetta del giovane Makibu nei confronti del malvagio Osso, un anziano capo villaggio senza
scrupoli che ha sempre trattato con gli schiavisti arabi. Veniamo anche a
conoscenza di raccapriccianti particolari sulla vita, in particolare
sull’infanzia e sull’adolescenza negata, del giovane schiavo affrancato da
Adam, il quale sarà al suo fianco in questa ennesima impresa nella quale si
tufferà con il coraggio e la spavalderia che lo contraddistinguono. Stevan Subic ci regala il suo tratto
deciso e gradevole che riesce a delineare con precisione ogni singolo
personaggio ritratto nelle numerose scene collettive presenti. Sì, perché
questa storia non vede il solito Adam protagonista assoluto ma è un’avventura
corale: tutti quanti, Makibu, Amina e, soprattutto, l’elegantissimo e snob
Narcy (che non esita a freddare a tradimento, con il suo spadino personale, il
capo tribù che aveva venduto all’epoca Makibu a Osso), concorrono a far sì che
la vicenda si concluda per il meglio.
Adesso non ci resta che aspettare il quattro giugno per poterci godere il numero nove, I giovani leoni, che ci porterà a rovistare tra gli affari sporchi degli inglesi, tra rotaie insanguinate e diritti negati.
ADAM WILD: “L’incubo della giraffa”
NUMERO: 6
DATA: marzo 2015
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Gianfranco Manfredi
DISEGNI E CHINE: Paolo Raffaelli
COPERTINA: Darko Perovic
NUMERO: 6
DATA: marzo 2015
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Gianfranco Manfredi
DISEGNI E CHINE: Paolo Raffaelli
COPERTINA: Darko Perovic
ADAM WILD: “Fuori dal paradiso”
NUMERO: 7
DATA: aprile 2015
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Gianfranco Manfredi
DISEGNI E CHINE: Zoran Tucić
COPERTINA: Darko Perovic
NUMERO: 7
DATA: aprile 2015
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Gianfranco Manfredi
DISEGNI E CHINE: Zoran Tucić
COPERTINA: Darko Perovic
ADAM WILD: “Il signore delle iene”
NUMERO: 8
DATA: maggio 2015
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Gianfranco Manfredi
DISEGNI E CHINE: Stevan Subic
COPERTINA: Darko Perovic
NUMERO: 8
DATA: maggio 2015
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Gianfranco Manfredi
DISEGNI E CHINE: Stevan Subic
COPERTINA: Darko Perovic