Il prezzo dell’onore - Recensione
Fabrizio Accatino, classe 1971, già apprezzato autore di Dylan Dog, ritorna a pubblicare su Le Storie, collana ideata da Mauro Marcheselli che dall’autunno 2012 ci fa compagnia ogni mese con qualità e imprevedibilità eccelse . Era, infatti, dai tempi de La
pattuglia (due anni giusti giusti: era l’aprile 2013) che l'autore torinese non si affacciava da queste parti. Quello era un albo molto riuscito
che, con i superlativi disegni del maestro Giampiero Casertano,
raccontava in modo nuovo gli orrori della guerra in Vietnam. Stavolta si cambia
ambientazione e – soprattutto – si cambia pennello: a dare corpo
ai sogni impolverati dell’eclettico sceneggiatore ci ha pensato un altro
grandissimo: Paolo Bacilieri, al suo esordio su questa collana.
Sul talento sconfinato del disegnatore veronese, classe 1965, evitiamo di
dilungarci: vi basti sapere che ogni sua storia – per gli Audaci, e non solo –
merita di essere acquistata a scatola chiusa! Le sue ultime opere in Bonelli l'avevano portato prima sulle rotte della fantascienza sognante (in Sul pianeta perduto, su testi di Antonio Serra), poi nei freddi incubi islandesi di Harlan Draka (nel Dampyr Speciale #9 sceneggiato da Mauro Boselli), prima di un breve team-up tra Napoleone e Dylan Dog. Mancava al suo curriculum un genere fondamentale: il western (che l'autore aveva finora incrociato solo in una indimenticabile copertina speciale per il compianto mensile XL di Repubblica, che vedete qui in alto). Quello che troverete in questo numero trentuno de Le Storie è un western dal taglio decisamente classico. E già questa è una grossa
novità. Infatti è la primissima volta che sulla testata sopracitata si opta per
questa ambientazione e scegliere di fare un western,
per la casa editrice di Tex,
può essere decisamente rischioso… Ma non per Bacilieri e Accatino! Quest'ultimo ha studiato a
memoria gli spaghetti western dei
maestri del genere (chi ha detto Sergio Leone?!) e il western più crepuscolare (chi ha detto Sam Peckinpah!?), confezionando una
sceneggiatura riuscitissima e fornendo materiale che è andato a nozze con le
matite e le chine di un Bacilieri in stato di grazia.
La vicenda si svolge in un’assolata California
nell’anno del signore 1871 e vede come protagonisti tre giacche blu decisamente
sui generis. Il primo di questo trio
davvero mal assortito è il sergente Lester Y. Durrett – chiaramente
ispirato sia nelle fattezze (basso, con nasone e dentoni) che nell’indole (a
dir poco irascibile) all’amatissimo Bob Rock di alanfordiana memoria; il secondo, è il caporale Elzaphan
McConnell – il quale potrebbe ricordare proprio Alan Ford (è snello,
alto, biondo e piacione) ma per noi assomiglia troppo al compianto Kurt
Cobain (storico leader dei Nirvana:
considerate il primo piano a pagina 91 e fateci sapere!) per non assegnare a
quest’ultimo la corona di fonte di ispirazione; e infine il terzo protagonista
– suo malgrado! – è il tenente Robert Harper Goodloe l’unico in questa
bella compagnia a non aver sulla coscienza omicidi, stupri e dio solo sa
cos’altro!
Senza entrare nello specifico di come siano arrivati
a stare insieme, questi tre uomini si ritrovano a dover difendere una intera
cittadina – l’immaginaria El Cantito – dall’aggressione della banda dei
terribili fratelli Estigarribia, spietati criminali locali.
In un’America ancora senza legge, dove conta di più
saper sparare prima e più precisamente del proprio avversario, i lettori
imparano – non evitando di metter mano al fazzoletto nel finale drammaticissimo
– che nel West non c’è possibilità di redenzione per chi ha peccato, anzi: chi
tenta di redimere il peccatore viene trascinato con quest’ultimo nel gorgo
silenzio della morte.
Da antologia del fumetto i primi piani di Bacilieri,
le sue inquadrature mozzafiato e gli scenari che ci hanno riacceso la nostalgia
per i classici di Sergio Leone. Riprendete anche solo le pagine dalla 21 alla 24 e incorniciatele tra le più belle del fumetto italiano degli ultimi tempi! Preziosissime le sue numerose e continue
citazioni del fumetto d’autore: si va da Hergé a Iacovitti
passando per Moebius fino al grandissimo – nomen omen, dicevano i latini! – Magnus.
Insomma, un gioiello. Fatelo vostro. È un audace
consiglio.
RolandoVeloci