La maschera dell’antieroe - Una luce di speranza per gli studi sul fumetto

L’entusiasmante saggio di Marco Favaro, raccontando la figura dell’antieroe, ricostruisce un'archeologia necessaria del mondo supereroistico

Il mondo del fumetto è enorme e vario. È facile perdersi fra le sue pieghe, nei risvolti delle implicazioni che esso pone agli occhi del lettore, fra le sue tecniche, nella sua semantica e nella sua semiotica visiva e linguistica. Questo perché il fumetto raddoppia tutto, è un’arte visiva (principalmente) ma anche scritta (più in senso teatrale e cinematografico, che letterario) e soprattutto è un’arte che ha pochissima letteratura dedicata. Infatti se da un lato è meraviglioso immergersi nel mondo dei fumetti e lasciarsi subissare dai milioni di titoli che affollano il panorama mondiale con una qualità media piuttosto alta, dall’altro quel lettore che si ritrovi in qualche modo ad informarsi sul fumetto come mezzo si ritrova a viaggiare in un deserto di silenzio, con poche meravigliose oasi, episodi più o meno importanti di cui esso può far tesoro. Insomma, viviamo in un mondo in cui leggere i fumetti è facile, essere studiosi del mezzo del fumetto in tutti i suoi risvolti accademici (dalla filosofia alla sociologia, dalla psicologia alla semiotica) è difficile.

Mentre la letteratura, il cinema, la musica, hanno a loro disposizione centinaia e centinaia (alle volte forse anche troppi) di volumi di riferimento e di studio, in cui si possano trovare spunti, critiche idee e analisi, di livello accademico o meno, il mondo del fumetto ha una produzione saggistica piuttosto risicata, o peggio ancora improvvisata, soprattutto nel bel paese. 

Gli studiosi italiani, negli anni, hanno tenuto da parte il fumetto: era un’arte giovane, certo, ma per nulla compresa. Nonostante fosse un fenomeno di massa possiamo notare come, tranne che per eccellenti eccezioni, il fumetto sia stato trattato sempre con approcci approssimativi se non mistificatori: il fumetto viene affrontato dall’ottica del cinema, da quella della letteratura (soprattutto, i nostri compatrioti adorano eleggere le cose a grado di letteratura per farsene vanto) ma difficilmente gli studiosi italiani hanno trattato il fumetto per ciò che è, un medium a se stante, che va analizzato nel suo ambito e semmai comparato in quelli che sono i limiti di una giusta analisi. 

Vista questa situazione, che stancamente si trascina fino ai giorni nostri, ecco che allora un libro come La maschera dell’antieroe – Mitologia e filosofia del supereroe dalla Dark Age a oggi di Marco Favaro per Mimesis Edizioni diventa un faro di speranza nel buio dell’accademismo italiano.

Ciò che bisogna dire immediatamente è che lo stesso Favaro sembra conoscere perfettamente la mancanza non tanto di informazioni, ma di un’organizzazione metodologica e sistematica delle stesse all’interno del panorama non solo accademico, ma in generale del fumetto tutto. Il fumetto muove le sue informazioni in rete, non può quasi mai poggiarsi a dei saggi, come per l’appunto questo di Favaro (ma anche altri, pubblicati di rado, ma comunque esistenti) rimanendo molto spesso anche per questo motivo (la mancanza di un vocabolario unificato, per fare un esempio banale) legato alla sua forma di sotto-cultura.

Evidentemente Favaro è cosciente di tutto questo e ne approfitta per regalarci un libro che parla non solo della Dark Age dei supereroi, ma di tutti i supereroi in ogni età, senza mai perdere di vista l’argomento principale del suo saggio. Favaro organizza e delimita in modo serrato le età nelle varie forme e nei modi in cui vanno discusse e delinea un’evoluzione dell’eroe che ricostruisce l’intera storia del comics supereroistico americano con una precisione metodologica necessaria.

Soprattutto l’autore si sofferma sul legame intrinseco fra il supereroe e il racconto sociale che esso rispecchia e veicola. In particolare si parte da uno studio del sistema semiologico e simbologico dell’eroe (la maschera, il rapporto con la città, con la violenza) che viene analizzato innanzitutto per il suo rapporto con la mitologia classica. Favaro ci chiarisce (finalmente!) la differenza sostanziale che passa fra l’eroe greco e il supereroe e quali sono invece i punti di contatto e le rappresentazioni del primo e del secondo in funzione sociale. Per farlo, Favaro poggia su un solido strutturalismo filosofico (Sartre e Camus sono fra i meravigliosi riferimenti da lui scelti).

Un altro importante spunto è la forte (e condivisibile) critica alla visione che viene spesso applicata alle narrazioni supereroistiche in abbinamento alle narrazioni del viaggio dell’eroe, abusate in ambito accademico e non solo, che appiattiscono la figura dell’eroe. Favaro ci racconta di come il supereroe non possa rispettare in tutto e per tutto il viaggio dell’eroe classico, non nel modo in cui comunemente lo si intende. Il filosofo, infatti, tiene a mostrare come la struttura del fumetto degli uomini in calzamaglia non realizzi un viaggio con un inizio, una fine e un ritorno, come vuole la struttura del viaggio dell’eroe e di come il “super”, invece, viva sempre la sua vita in un continuo ciclo di eventi che non si deve interrompere mai. 

Con la stessa lucidità Favaro analizza il momento della Dark Age parlando del collegamento che il linguaggio da essa sviluppato ha nei rapporti del mondo reale: i fumetti, soprattutto i fumetti americani, sono storie “di redazione”, che somigliavano, soprattutto in passato a redazioni di giornale più che a case editrici letterarie. Questo meccanismo ha generato nel comics una tendenza naturale a seguire pedissequamente il reale, a riflettere continuamente ed esplicitamente la situazione sociale che lo circonda. Cosa ci dice allora, la Dark Age del mondo che stiamo vivendo?  Favaro delinea la caduta dell’eroe classico (quello della Golden Age, senza macchia, per intenderci) per via di un’evoluzione che ci porta a rimodulare il nostro rapporto col mondo politico e con gli altri, con la stessa figura dell’eroe. Infatti, se un tempo l’eroe era una figura totalizzante che agisce per beni assoluti, quasi in risonanza con un’idea superiore (verrebbe da aggiungere spesso di matrice cattolica) e che collabora con la società, negli anni diviene sempre di più una figura “partigiana”: egli non è più al di sopra delle parti. Un racconto più complesso da parte degli autori del mondo politico lo costringe a scegliere, a schierarsi, a estremizzarsi e dunque a divenire meno etereo, meno concetto puro e più azione in itinere e rivolta al presente. 

Favaro, infine, oltre che raccontare la nascita dell’antieroe, racconta anche come l’idea di antieroe sia entrata a sostituire, o comunque a completare, l’idea dell’eroe stesso, che si è allontanato sempre di più dalla sua forma originaria per avvicinarsi a un mondo più oscuro, in cui le scelte non sono solo allegoria del bene supremo, ma rispecchiano una funzione esistenzialista e allo stesso pragmatica. 

La maschera dell’antieroe è un testo fondamentale per chiunque voglia comprendere la figura del supereroe e non solo, che traccia soprattutto una metodologia fondamentale nel cui solco possano (si spera) proliferare altri testi dello stesso genere.  

Alessio Fasano

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