ARF! Festival 2025 - Una biografia sui generis: intervista a Ilaria Palleschi
Ilaria Palleschi ci racconta il suo lavoro su Buster, biografia a fumetti di un personaggio unico
A febbraio Tunué ha pubblicato Buster, scritto da Andrea Fontana e disegnato da Ilaria Palleschi, una biografia a fumetti di Buster Keaton. Si mostrano alcuni momenti cruciali della vita dell’icona del cinema muto, ma ci si concentra soprattutto sulle componenti più intime della sua esistenza: i legami familiari, la storia della dipendenza dall’alcol e il percorso di disintossicazione. La vita di Buster segue un andamento simile alla sua cifra stilistica: le cadute - da qui il soprannome buster (rompicollo) - da cui però si rialzava sempre, guardando il pubblico con la sua tipica espressione seria.
Il racconto si discosta spesso dalla realtà dei fatti (per ogni pagina Fontana spiega le varie scelte narrative compiute) per concentrarsi sulle emozioni e scavare nell’interiorità del protagonista.
Abbiamo intervistato Ilaria Palleschi, autrice dei disegni, in occasione dell’ARF! Festival 2025.
Ciao, Ilaria. Per prima cosa, come va?
Sono contenta, l’ARF! lo aspetto sempre, è un posto importante e poi è proprio la festa del fumetto.
Per formazione sei illustratrice: che cosa ti ha fatta avvicinare al fumetto e che cosa ti piace in particolare di questo mezzo espressivo?
Durante il mio percorso all’Istituto Europeo di Design (IED) non mi sentivo al livello dei miei colleghi e delle mie colleghe (ma penso che un po’ di sindrome dell’impostora ci sia per tutte), finché un mio professore mi disse che i miei disegni avevano quasi bisogno di un balloon. Mi ha messo questa pulce nell’orecchio, anche se è stata una cosa che sono riuscita a esternare solo tanti anni dopo. Ma è stato quel semino che piano piano ha germogliato e mi ha fatta arrivare a decidere di prendere in mano a livello di carriera la scelta di buttarmi un po’ di più sul fumetto. Non che io abbia completamente abbandonato l’illustrazione, perché comunque è sempre un mezzo comodo e venalmente in Italia con l’illustrazione puoi riuscire un po’ meglio a sostenerti. Però il fumetto è quel medium che a me interessa di più perché poi, e anche con Buster si vede, da parte mia l’amore per il cinema c’è sempre stato, quindi il fatto di poter raccontare per immagini, anche se giustapposte e non sequenziali, per me è una cosa essenziale. Ho bisogno di storie che abbiano un po’ più di movimento rispetto a un albo illustrato, per quanto meraviglioso (le pagine sono stupende, le attaccherei come quadri). Ho bisogno proprio di quel flow che mi dà il fumetto, quella continuità: per me, ci entri meglio dentro e la catarsi è più rapida, più naturale.
Sei entrata nel mondo del fumetto proprio qui all’ARF!, con Job ARF!. Ci racconteresti questa esperienza?
Assolutamente, perché fu inaspettata. Ci avevo rinunciato per un periodo (al fumetto), finché mi sono detta che sarebbe stato quasi un affronto non provarci. Forse è stato proprio quel periodo di stacco a farmi capire che, anche se magari quell’alternativa non c’era, la vita sarebbe andata avanti lo stesso.
Al contrario di quando devi proporti per vie più ufficiali, in cui le tempistiche sono più scomode, il metodo del Job ARF! è più facile, non ti trovi a mandare una mail in un momento in cui la casa editrice non può guardarla o in cui si accumula ad altre proposte.
Io la candidatura al Job ARF! l’ho inviata un po’ per gioco, però c’era sempre quella parte di me che un po’ ci credeva e che mi ha fatta arrivare al colloquio molto carica, anche perché non avevo nulla da perdere. È stato bellissimo e poi da lì ho avuto tre giorni all’ARF! in cui ero incredula e tornavo dalla casa editrice per chiedere “Veramente mi avete presa?”.
Comunque, bello questo tuffo nel passato ormai otto anni dopo!
Parliamo di Buster, fumetto uscito quest’anno per Tunué e scritto da Andrea Fontana: com’è nata la tua partecipazione a questo progetto?
Grazie ad Andrea, che aveva in mente questa idea di fare una biografia un po’ sui generis, non il classico biopic cronologico. Ed è stato proprio quello il gancio che mi ha fatto dire di sì, perché se mi avesse chiesto di fare una semplice biografia magari non mi avrebbe veramente interessata. Me l’ha proposto perché aveva intuito tramite i social (ci seguivamo a vicenda) che anch’io fossi un pelo malata di cinema. Ci siamo trovati benissimo, era la prima volta che ho collaborato con uno sceneggiatore, e lui era estremamente aperto alle mie idee. C’è stata una sinergia, abbiamo costruito insieme un progetto in cui credevamo. Devo dire che sono stata fortunatissima a livello di match lavorativo.
I disegni sono in bianco e nero con elementi evidenziati in rosa: com’è nata questa idea e che cosa hai voluto trasmettere?
Inizialmente il personaggio di Buster non avrebbe dovuto parlare, e ci siamo resi conto che per quanto audace (scusate se vi cito) come scelta, magari era un po’ escludente per chi leggeva. Di conseguenza ci siamo armati di fantasia per risolvere questo piccolo impasse, e mentre Andrea è riuscito a inserire delle vignette che danno voce al pensiero di Buster, a me è venuto in mente questo elemento di rosa che, magari in maniera un po’ didascalica, riuscisse a farti entrare un po’ più in empatia con il personaggio, come se sottolineasse le emozioni del momento che stava vivendo.
Cosa comica: durante la prima presentazione Andrea mi ha ricordato che l’idea del rosa era mia, perché io avevo completamente cancellato che fosse venuta in mente a me.
Ho notato un uso limitato di sfondi nelle vignette: è stata una scelta? Quali sono stati i motivi?
Allora, diciamo che avevo bisogno di un ambiente relativamente asettico, perché volevo giocare col set. Mi sono immaginata una sorta di limbo. Avevo bisogno di capire se sarei riuscita a rendere la profondità di un personaggio concentrandomi esclusivamente su di lui. Alla fine, la scenografia è essenziale nei film di Buster Keaton perché la usa per se stesso, per le sue acrobazie. Quando però parliamo di Buster parliamo solo di lui, quindi mi sono detta: concentriamoci su di lui, stiamo parlando anche della sua vita intima, privata, togliamo la magia del cinema.
Avevi già collaborato con altri sceneggiatori o sceneggiatrici? È una cosa che pensi di rifare in futuro o ti vedi più come artista completa?
Se fossi così fortunata da trovare un altro sceneggiatore o sceneggiatrice come Andrea magari sì, però non è una cosa a cui ho già pensato, perché comunque a me piace anche tanto scrivere e ho già un po’ di altre idee in corso. Se capitasse sarei curiosa, ma non saprei, sai, quando ti reputi così fortunata la prima volta che poi il confronto non regge?
Un’ultima cosa: qual è il fumetto (non tuo) a cui sei più affezionata e perché?
Tra una delle ultime cose che mi ha colpita tantissimo c’è Entra di Will McPhail, sempre pubblicato da Tunué. Lui è un vignettista del New Yorker e ha un’ironia meravigliosa, delicata e pungente. Io ho riso come una pazza leggendolo e poi ho letteralmente pianto, io poi piango con tutto però quando riesci a piangere dopo una risata, ecco, a me piacerebbe riuscire a fare lo stesso con i miei fumetti.
Intervista di Lavinia Buffa