Ultraman in provincia di Cronenberg: James Harren e il suo Ultramega

In un mondo devastato dai kaiju, James Harren riflette su trauma e identità e su cosa significhi essere umani. Lo abbiamo intervistato al Comicon Napoli 2025

A giugno è in uscita per Saldapress il quarto volume di Ultramega, saga tokusatsu di James Harren. In Ultramega i corpi si trasformano, si lacerano, esplodono. Ma dietro la furia titanica dei kaiju e l’estetica colorata e piena di body horror, James Harren costruisce un racconto sull’identità, sul dolore e sull’istinto di sopravvivenza.

Ultramega è dinamico, pieno di mostri e azione, mettendo al centro l’ambiguità della natura umana: fragile, violenta, capace di distruggere ma anche di riconnettersi. In questa intervista, realizzata da Fabrizio Nocerino al Comicon Napoli 2025, l’autore parla un po’ della sua opera, dei suoi riferimenti visivi e narrativi e del senso d’appartenenza a un’umanità che cerca se stessa nel mezzo della distruzione.

Il mondo di Ultramega è spietato, ma non completamente privo di speranza. Dove si nasconde, secondo te, la scintilla di umanità più autentica nelle tue storie? Dove trovi l’ispirazione che muove i tuoi personaggi?

Domanda molto interessante. Dove la trovo...? Beh, quando ho iniziato a lavorare a questo fumetto è stato... Ultramega è stato davvero la mia prima esperienza di scrittura. Ho sempre voluto scrivere... Penso che ci fosse molta emozione che attraversava il progetto. Alla base c’era una forte rabbia, ti direi un impeto quasi adolescenziale… sì, sentivo che stavo elaborando una serie di emozioni molto intense.

Cercavo un equilibrio, non volevo cadere in un dualismo netto, non sarebbe stato onesto per il lettore, ma non rispecchia nemmeno il mio modo di vedere le cose. Allo stesso tempo, però, sono ancora molto attratto da quel tipo di arte e narrazione.

Sono un grande fan di David Cronenberg e di tutto ciò che è oscuro, cupo e violento, è qualcosa che mi attira in modo naturale. Crescendo (ora sono padre) acquisisci una prospettiva diversa e ti chiedi perché quelle cose ti attraevano così tanto.

Mi è piaciuta molto la parte in cui dici: “Quando diventi padre, acquisisci una prospettiva diversa”, come se il processo di elaborazione emotiva si sia evoluto con la tua famiglia. 

Sì, ho due bambine!

Oh, okay… ora capisco da dove viene tutto questo amore per il body horror!

[ride] 

Scherzi a parte, volevo chiederti: disegnare questi corpi che si deformano continuamente implica una certa empatia con il corpo umano e la sofferenza. Si percepisce che dentro Ultramega c’è tanto del tuo percorso personale e della tua crescita, anche nei personaggi. Ti è mai capitato di sentirti fisicamente provato mentre disegnavi tavole particolarmente intense? Hai attinto a un’esperienza personale per creare quelle immagini?

Gran bella domanda. Il design degli Ultramega è ovviamente stato ispirato da Ultraman: volevo che fossero semplicemente divertenti, ma anche vulnerabili e umani e proprio per questo ho deciso di disegnare i personaggi scalzi… credo ci sia qualcosa di viscerale e primitivo in una lotta corpo a corpo completamente “nudi”.


C’è come un’energia primordiale, mi ricorda molto The Northman di Robert Eggers, non so se l’hai visto.

Sì, esatto. C’è un certo machismo, ma spero che si percepisca anche una fragilità. Penso che il machismo, se privo di vulnerabilità, renda l’esperienza umana piatta, superficiale, quasi pornografica, poco interessante. Se tutto questo è passato sulla pagina, sono felice.

Abbiamo parlato di umanità, ora vorrei passare ai mostri. Hanno un significato più profondo? Ti immedesimi nella mente di un Ultramega, o lo vedi come qualcosa di separato dall’essere umano?

Bella domanda. Non voglio dire troppo su cosa siano i kaiju, questo lo scopriremo nell’ultimo volume della serie ma per me è importante che il lettore possa dare la propria interpretazione. Ma non li considero separati dagli esseri umani. Non volevo rappresentarli come qualcosa di esterno, inconoscibile. Volevo che fossero connessi, in relazione con l’umanità.

Abbiamo discusso poco fa del valore emotivo che ha Ultramega per te; restando in tema mostri, i kaiju sono nati da un’emozione specifica che volevi rappresentare sulla pagina, oppure sono una somma di influenze visive e narrative?

Sì, visivamente non volevo che somigliassero a mostri lovecraftiani - sentivo di averne già disegnati a sufficienza su B.P.R.D.! Volevo che avessero una propria identità. Texture, colori, forme… amavo il design dei kaiju giapponesi.

Ma nella storia, i kaiju rappresentano qualcosa a metà tra l’individuo e la perdita dell’individualità nella massa. È un tema che mi affascina profondamente, anche come essere umano. Capita che venga messo in discussione il mio senso di appartenenza a un gruppo piuttosto che a un altro, come la famiglia oppure gli amici.

Come esseri umani c’è sempre questa tensione: essere se stessi ma anche parte di qualcosa, perché siamo tutti connessi. È una cosa potentemente positiva, c’è una spiritualità bellissima in tutto questo. Ma, per tornare a Cronenberg, c’è anche qualcosa di orribile in questa fusione.

Quanto può spingersi oltre?

Sì, tutto può svanire.

La trasformazione ha un significato profondo in Ultramega, e adoro come questa metamorfosi ti porti a un’umanità più profonda, mantenendo però il contatto con le emozioni. Personalmente credo sia uno degli elementi che più contraddistingue la tua opera a fronte di una seconda japanese invasion - e nel fumetto mainstream statunitense oggi vediamo tante influenze tra tokusatsu, super sentai e kaiju.

In particolare mi riferisco al nuovo approccio verso Godzilla, ai Power Rangers o lo stesso Ultraman in IDW, Boom! e Marvel ad esempio. Che legame hai con questo mondo? Da dove nasce l’elemento tokusatsu in Ultramega?

Uhm, è strano da dire. Mi piace Ultraman, ha quell’estetica strana che adoro, ma non sono un fan hardcore, non so tutto a memoria. Mi imbarazza un po’ dirlo, ma è davvero l’estetica che mi colpisce [ride]

Hai preso quell’idea e l’hai trasformata. L’hai resa tua.

Sì, sai, non lavoro molto con Marvel o DC. Conosco quel tipo di fan, e so che non vogliono la mia opinione riguardo al personaggio X, Y o Z. Va bene così, perché non sarei mai fedele allo “spirito” di quei personaggi e di quelle cose.

C’è un po’ di ego in me nel prendere qualcosa come il tokusatsu e dire: “Ok, prendo... e lo rifaccio a modo mio.”

Spero solo che la gente si diverta e apprezzi la creatività.

Viviamo in tempi interessanti, per fare una citazione. È un periodo molto strano per l’umanità e tu, che hai spesso illustrato la fine del mondo o i momenti immediatamente successivi, avrai sicuramente un’idea in merito. Se Ultramega diventasse reale, secondo te come reagirebbe l’umanità? Pensi che agirebbero come nel fumetto? O soccomberebbero ai mostri?

Non lo so, è una bella domanda, non ne ho idea [ride].

Una delle ispirazioni per la storia è venuta nel 2013, quando uscì Man of Steel. Ero gasato. Il trailer era fantastico. Amo All-Star Superman, sono un fan di Grant Morrison. Volevo riprovare quella sensazione da bambino, rivedere il Superman di Christopher Reeve.

Ma da americano, vedere immagini catastrofiche che richiamavano così fortemente tragedie come l’11 settembre usate per puro spettacolo, vedere Superman spezzare il collo di Zod come se nulla fosse, senza conseguenze… è stato molto deludente.

E davvero, Ultramega è nato da lì: volevo mostrare scontri titanici tra supereroi, ma con una risposta umana come il trauma. Ero interessato a come gli esseri umani si riuniscono e cambiano di fronte al fallimento, anche quello individuale… e a come negano il dolore.


Sono molto stupito da questa rivelazione perché ora permetti a me e ai lettori di guardare a Ultramega con lo stesso sguardo con cui si analizza il primissimo Godzilla: è anche un modo per interpretare il trauma di un evento apocalittico. Questo gioco di influenze, ora anche involontariamente, sembra continuo e Ultramega torna a trasformarsi - ora anche in una violenta risposta a un evento apocalittico come la bomba atomica e la conseguente nascita di Godzilla.

[Ride] Questo è ciò che mi fa impazzire della cultura pop. Se non sbaglio in Godzilla la sua pelle fu modellata proprio per ricreare gli effetti dell’atomica sulla pelle delle vittime… è assurdo! Come società siamo riusciti a elaborare una cosa così crudele e drammatica e a trasformarla così tante volte…

Se dovessi descrivere l’essenza di Ultramega nel momento della sua creazione, riusciresti a ripercorrere il tuo processo creativo? Quali influenze hanno contribuito alla creazione di un’opera così ambiziosa?

Vorrei darti una risposta più chiara, ma è stato tutto molto istintivo.

Volevo solo vedere dove mi avrebbe portato la storia. L’ho costruita strada facendo, seguendo i miei interessi, le mie sensazioni, le cose che mi turbavano e quelle che mi divertivano.

Non ho mai cercato di “leggere” il mercato, non so nemmeno cosa funzioni oggi.

Quanto incide l’istinto rispetto alla pianificazione nei tuoi lavori? Disegni sempre sapendo già dove vuoi arrivare o ti lasci sorprendere anche tu dal processo? Un’ultima cosa, com’è lavorare ancora con Dave Stewart e come è stato lavorare insieme su Ultramega dopo B.P.R.D. di Mike Mignola? 

Sì, Ultramega non sarebbe quello che è senza Dave Stewart. Ha preso un fumetto nevrotico e incasinato e l’ha trasformato in qualcosa di vero. La scrittura è un po’ ovunque, perché non conoscevo ancora il mio metodo.

Non mi trovo bene a disegnare da una sceneggiatura già pronta. Di solito comincio a schizzare, faccio thumbnail, creo scene. A volte parto da un outline, per avere una direzione.

È un processo incredibilmente caotico, molto organico. La “pittura” resta bagnata per un sacco di tempo. Quando mando le tavole a Rus Wooton per il lettering, lui fa un lavoro pazzesco.

Tutto nasce da un processo aperto e fluido.

Ora che Ultramega è diventato un progetto più grande e vicino alla sua conclusione, è impossibile non parlarne in ottica transmediale. Qualcuno ti ha mai detto “Voglio farne un cartone animato per adulti”? 

Sì, c’è stata una discussione. Non sto andando a caccia di opportunità, ma se dovesse succedere sarebbe fantastico. È un bel momento per l’animazione per adulti: Invincible ha dimostrato quanto si può fare. E secondo me è davvero un bel prodotto. Forse finalmente avremo l’anime di Ultramega!

Intervista realizzata da Fabrizio Nocerino

Trascrizione e traduzione di Carlotta Bertola

Si ringrazia Rachele Baz e il team di Saldapress

James Harren

Co-creatore di Rumble assieme allo scrittore John Arcudi. Ha portato il suo stile ibrido ispirato ai manga action e al fumetto tipicamente occidentale in serie Dark Horse come B.P.R.D. e Conan e ha disegnato moltissime copertine per Marvel Comics e DC Comics. Ultramega è il primo fumetto da lui scritto e disegnato ed è stato prodotto da Skybound, l’etichetta editoriale di Image Comics fondata da Robert Kirkman e pubblicata in esclusiva in Italia da saldaPress.

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