Lindy Hop dall’Aldilà – Storie di gente strana come noi
Lindy Hop dall’Aldilà è il
debutto a fumetti di Eva Daffara nonché la sua tesi di diploma in Linguaggi del Fumetto all’Accademia di
Belle Arti di Bologna.
Pubblicato da Eris Edizioni per la collana Kina e vincitore della seconda edizione della Borsa di Studio Tuono Pettinato, Lindy Hop dall’Aldilà ci catapulta ad Accabarì, un borgo assurdo che sembra uscito da un sogno disturbato fatto dopo una cena pesante.
Il titolo stesso, Lindy Hop dall’Aldilà, suggerisce già
l’approccio surreale del libro: il Lindy Hop è un ballo swing scatenato e
vitale, mentre l’aldilà, beh, è l’aldilà. Mettere insieme questi due mondi
apparentemente inconciliabili fa subito intendere quale sarà la cifra del
fumetto: l’oltre inteso non come luogo spettrale, ma come luogo altro,
grottesco e onirico, dove anche gli avvenimenti più spiacevoli hanno il
potenziale per trasformarsi in una danza liberatoria.
Accabarì quindi è un luogo indefinito e
indefinibile a metà tra il paese dell’entroterra dove passavi l’infanzia e un
girone infernale popolato da anime spaesate, con l’unica differenza che qui ci
sono anche una pista di Formula Uno e delle strane ed enormi statue: gli
Entroydi, creature enigmatiche e inquietanti arrivate da non si sa dove e che
si limitano ad osservare il nostro operato in silenzio.
Qui incontriamo una fauna umana che
oscilla tra l'assurdo e il patetico, e in cui – sorpresa! – ci riconosciamo un
po’ tutti. C’è la signorina Gappon, sensuale ed eccentrica, che si guadagna da
vivere lavorando come operatrice funebre ed è sempre accompagnata da Morty, il
suo cagnolino, nonché il personaggio più lucido di tutti. Tra gli altri
abitanti di Accabarì citiamo anche Vector Hellion, un pilota di Formula Uno;
Enki, un aspirante youtuber in perenne crisi creativa e Corinna, una venditrice
porta a porta vittima del marketing piramidale che cerca disperatamente di
riuscire a vendere almeno un aspirapolvere. E poi c’è Cri, un ragazzino
rabbioso e tormentato che a sua volta tormenta Enki per sfogarsi.
Nonostante le differenze tutti i
personaggi condividono una cosa: la solitudine, il rimpianto o il senso di
colpa per qualcosa. Ogni personaggio è circondato da un
alone di solitudine che non gli permette di comunicare davvero con chi gli sta
accanto e di sciogliere i nodi dei loro dispiaceri. È un senso di isolamento che non fa rumore e non si palesa troppo apertamente, ma risuona in sottofondo,
rimane incartato nei dialoghi surreali e ricchi di black humor, ma riusciamo
comunque a percepirlo. Ogni personaggio che incontriamo ha una storia, un
rimorso, una scheggia di malinconia che cerca di mascherare con pose teatrali e
grandi occhiali da sole e se all’inizio possono sembrare personaggi eccessivi,
guardiamoci allo specchio dopo una lunga settimana di lavoro e ci scopriremo
più simili a loro di quanto vorremmo.
Il fumetto è costruito con uno stile
visivo molto personale e divertente, il tratto di Eva Daffara, scanzonato ma
attento e preciso, amplifica la follia dell’ambientazione e dei personaggi, le
tavole sono dense ma mai caotiche. Anche i personaggi hanno un aspetto
macchiettistico e un po' cartoon, per non parlare dell’aspetto stravagante
degli Entroydi. Il ritmo è veloce, pieno di gag, cambi di registro e momenti
nonsense, eppure tutto torna come in un puzzle dove i pezzi sembrano non
combaciare, ma poi si scopre che in effetti erano perfetti proprio così.
Uno dei pregi più evidenti del libro
è proprio la sua capacità di oscillare continuamente tra il comico e il tragico
senza mai perdere l’equilibrio, come un equilibrista sopra la fune dei nostri
dubbi esistenziali. Ogni personaggio cerca un modo per comunicare, per
riconnettersi, per sfuggire alla propria routine. Ma lo fa inciampando,
sbagliando e – soprattutto – ballando il Lindy Hop metaforico della vita, con
una coreografia che forse non afferriamo subito ma che continuiamo a seguire lo
stesso. Quello che Eva Daffara fa con Accabarì è restituire uno spaccato
esistenziale, dove ogni piccolo fallimento viene celebrato, ogni dramma
ridicolizzato.
In definitiva, Lindy Hop dall’Aldilà
è un esordio che sorprende e diverte ma non è solo un fumetto bizzarro e ben
costruito, è anche un esperimento riuscito di storytelling che usa l’assurdo
per raccontare il vero.
Una lettura consigliata a chi ama i fumetti che non prendono strade già battute, a chi ama il black humor, le storie corali, i drammi esistenziali vestiti da sit-com. O, più semplicemente, a chi ha voglia di perdersi per un po’ in un mondo che, per quanto assurdo, somiglia molto al nostro.
Wendy Costantini