Dossier AkaB: Le mani di Z, il ritratto crudo e senza filtri di un'esistenza ai margini
AkaB narra la storia di una famiglia disfunzionale che non ha i mezzi adatti a sopravvivere ad una realtà particolarmente dura
Inauguriamo l'analisi delle sue opere partendo dalla fine (o forse dall'inizio, vista la lunghissima gestazione dell'opera, che ha visto la luce solo nel 2020) con questo articolo in cui Wendy Costantini analizza Le mani di Z, pubblicato con il marchio del Progetto Stigma, in collaborazione con Eris Edizioni.
Le mani di Z, ultimo graphic novel di AkaB, è un'opera che si immerge nella solitudine e nel degrado umano, restituendo un ritratto crudo e senza filtri di un'esistenza marginale. Il fumetto accompagna il lettore nell'universo claustrofobico di Z, un uomo di mezza età prigioniero delle proprie ossessioni e della sua condizione psicologica.
Z vive in uno di quei quartieri di periferia senza nome, tra palazzi anonimi e vite consumate. Le sue giornate si susseguono uguali, scandite da azioni semplici ma dal carattere quasi ossessivo: la madre lo sveglia, prende le sue medicine, si siede davanti alla televisione e inizia a fare zapping tra programmi di giochi a premi e soap opera alla ricerca della sua serie preferita, Zorro, personaggio per lui tanto importante da essere diventato parte della sua identità. La sua ossessione per Zorro infatti lo porta a vestirne i panni ogni giorno, come se quel costume potesse in qualche modo conferirgli un ruolo e una funzione nel mondo, perché Z non è nato come tutti gli altri, è venuto al mondo in ritardo rispetto ai nove mesi di gravidanza e le complicazioni del parto hanno portato allo sviluppo di alcuni disturbi cognitivi, un atteggiamento paranoico e dissociato che lo tengono isolato, chiuso tra le mura domestiche sotto lo sguardo stanco di sua madre.
AkaB ci racconta un giorno qualsiasi della sua esistenza, un giorno identico a tutti gli altri perché la realtà di Z è monotona e ridondante e la scelta stilistica enfatizza questa sensazione di immobilità e ripetizione: ogni pagina è scandita da una rigida griglia con vignette quadrate che strizzano l’occhio sia al formato classico della Bonelli, con cui l'autore ha collaborato, sia allo storyboard cinematografico, settore di cui Akab si è occupato lavorando anche come regista. La sua estetica visiva richiama il cinema non solo per l'impaginazione, ma anche per l'uso dello sguardo: il lettore si sente un voyeur, si intrufola controvoglia nella vita di questa famiglia disgraziata, come se la stesse spiando dal buco della serratura. Un effetto questo che si può ricollegare anche all'origine stessa della storia: AkaB raccontava infatti di un episodio della sua infanzia, quando sua madre lo mandava a svolgere alcune commissioni dai vicini e un giorno, entrando in una casa estranea, il giovane Gabriele passò alcuni minuti insieme al figlio di una vicina di casa, ed è in quest’occasione che Akab “conobbe Z”, come ci racconta lui stesso alla fine del fumetto. Questa piccola interazione colpì a tal punto l’immaginazione dell’autore tanto da far germogliare in lui il seme narrativo che anni dopo sarebbe diventato Le mani di Z.
Il fumetto alterna il presente e il passato attraverso flashback che svelano le dinamiche familiari e i traumi che hanno modellato il protagonista e la sua realtà. Il padre di Z ad esempio è una figura fantasma che incombe su tutta la storia e che ha avuto un ruolo piuttosto negativo da quanto possiamo percepire: dopo aver accumulato debiti su debiti, al rifiuto della sceneggiatura che stava scrivendo col fratello e su cui aveva puntato tutto, sceglie di suicidarsi davanti al figlio tagliandosi i polsi. Questa scena drammatica ci aiuta a introdurre il tema delle mani su cui punta anche il titolo del fumetto: tagliandosi i polsi il padre di Z si separa simbolicamente dalle sue mani e da qui la tematica delle mani, suggerita dal titolo, si fa sempre più evidente perché a plasmare gli eventi e a renderli come sono oggi sono le nostre azioni, che vengono messe in atto attraverso le nostre mani; sono le mani a determinare destini. Le mani di Z ad esempio sono sempre coperte dai suoi guanti da Zorro, con esse Z afferra la quotidianità della sua vita ma non la tocca mai davvero perché i guanti fanno da filtro, in qualche modo si ritrova al margine anche della sua stessa vita e compie gesti quotidiani, ripetitivi e alienanti: prima di tutto Z indossa i suoi guanti da Zorro, poi lo vediamo prendere le medicine, fare zapping, masturbarsi, mangiare, e infine compiere gesti di autolesionismo. Le azioni sono importanti anche perché sono proprio i gesti che ci vengono mostrati che danno anima al fumetto e ai suoi personaggi, le battute sono invece semplici e spesso ridondanti, soprattutto quelle della madre che deve ripetere sempre le sesse cose a Z, e quelle del padre che continua a chiedere altro tempo per saldare debiti e ripete continuamente quanto la sceneggiatura che sta scrivendo insieme al fratello stia venendo bene. Attraverso i dialoghi i personaggi si nascondono dal giudizio degli altri e cercano di proteggersi. Le azioni, invece, raccontano molto di più e ci vengono mostrate senza giudizio, senza enfasi, rivelando le verità di questi personaggi alla deriva. Quando Z dorme però sogna che il suo eroe, Zorro, venga a tagliargli le mani, strumento del suo isolamento, ma anche il simbolo di ciò che lo lega alla vita.
AkaB utilizza un bianco e nero netto, spigoloso, per raccontare una realtà sporca, disturbante, in cui il caos interiore si riflette nel tratto irregolare e nervoso. Il risultato è un'opera che scuote, che non consola, che lascia il lettore con un senso di inquietudine e disagio. Le mani di Z si interroga sulla condizione umana, sulla fragilità di chi è ai margini e sull'incapacità della società di offrire soluzioni. AkaB ci racconta una realtà dove il dolore si cronicizza e la salvezza non arriva mai. È una storia che parla di incomunicabilità, di malattia, di famiglie disfunzionali e di un mondo che nasconde sotto il tappeto le sue ombre più cupe.
"Ci stiamo effettivamente autodistruggendo con una violenza mascherata d'amore", recita la frase finale del fumetto, lasciandoci con la consapevolezza che a volte l'amore non salva ma condanna.