MORENO "ZAGOR" BURATTINI: l'altro signore di Darkwood

Moreno nel suo studio a Milano
Zagor, si sa, è un eroe senza macchia e senza tempo… Ma che cosa sappiamo di chi ha fatto in modo che lo Spirito con la Scure potesse vivere una seconda giovinezza e che continuasse a rinnovarsi pur restando fedele alle origini? Ci siamo mai chiesti chi è e che cosa pensa l’uomo che decide le sorti editoriali (e non solo) del Signore di Darkwood? L’obiettivo di questa intervista è proprio quello di conoscere meglio Moreno “Zagor” Burattini, lo sceneggiatore principe della serie regolare che – con Mauro Boselli – ha scritto la maggior parte delle nostre storie preferite, l’autore di tanti appassionati studi sul fumetto e di biografie sui protagonisti della ‘letteratura disegnata’.
Cari Audaci, lasciamo la parola a Moreno…


- Caro Moreno, ti va di raccontarci perché in Bonelli si è deciso di lanciarsi in questa nuova poderosa avventura editoriale? Ristampare i primi numeri di Zagor in grande formato e a colori è una bella sfida…
 
I lettori chiedevano da anni, a gran voce, una ristampa di Zagor, dato che tutte le storie più classiche dello spirito con la scure sono da tempo esaurite. Perciò, quando la collezione storica di Tex è giunta a compimento dopo aver ristampato con enorme successo tutto il materiale disponibile, si è cominciato a pensare con quale personaggio sostituirlo. Vista la coincidenza con il cinquantennale zagoriano e il seguito di pubblico entusiasta di cui gode ancora l’eroe di Darkwood, il sostituto ideale è sembrato proprio lui. Si tratta peraltro di un character molto noto nell’immaginario collettivo, in grado di
scatenare il fattore “amarcord” in tutti coloro che lo hanno letto in passato e magari lo hanno abbandonato con il tempo.

- Quali sono i programmi iniziali per le pubblicazioni? Deciderete in itinere se continuare con le pubblicazioni in base alla risposta del pubblico oppure avete già pianificato tutto? 

Sarà il pubblico a decidere. La serie andrà avanti finché avrà un seguito di lettori. Il boom del primo numero fa ben sperare.

- Quali sono i tempi per la colorazione di un albo del genere? A chi avete affidato questo delicato aspetto?

La colorazione è appannaggio della GFB Comics, e ogni volume richiede tre o quattro giorni di lavoro dei coloristi. Poi ci sono tutte le successive fasi di controllo e revisione. Ovviamente ogni lettore si aspetta i colori con cui, nella sua fantasia, aveva immaginato le avventure. La colorazione scelta è quella indicata da Sergio Bonelli per il Tex di Repubblica, dato che la collezione storica di Zagor è il proseguimento di quella fortunata collana. Si tratta di colori molto rispettosi dei bei neri di Gallieno Ferri.


- Per te che sei il curatore della serie regolare, che tipo di aspettative si stanno venendo a creare? Ti sentiresti responsabile di un eventuale flop commerciale?

Intanto mi reputo corresponsabile, con Mauro Boselli, della sopravvivenza di Zagor in edicola dopo che, vent’anni fa, il personaggio veniva dato come in declino e persino Sergio riteneva che non avesse più niente da dire. Invece, la tendenza si è invertita e la serie ha ripreso vigore tornando a infiammare gli animi di tanti appassionati e a superare sulla cresta dell’onda il traguardo dei cinquanta anni. Poi, è chiaro che un flop della collezione storica di Repubblica mi addolorerebbe, ma mai quanto un flop dello Zagor inedito.


- Tutti conoscono il tuo approccio critico – quasi da filologo – al mondo del fumetto. Quanto ti esalta l’idea di dover dare alle stampa una specie di ‘edizione critica’ (possiamo chiamarla così, vero?) di una serie che hai amato fin da giovane e per la quale tu stesso hai scritto, scrivi e curi personalmente?

Dal mio punto di vista di “filologo” (o da “fanzinaro”, come qualcuno potrebbe malignamente preferire) io avrei ampliato ancora di più la parte del corredo critico, inserendo magari tutte le copertine delle strisce, le curiosità sulle correzioni nelle varie ristampe, le statistiche, le riproduzioni degli originali, e così via. Però, dato che ci rivolgiamo a un pubblico che desideriamo molto vasto, va benissimo l’apparato giornalistico offerto da ogni numero, firmato da due grandi professionisti come Luca Raffaelli e Graziano Frediani. Due pagine di redazionali spettano anche a me, e mi occupo dei personaggi, analizzati in funzione di individuare le caratteristiche della “poetica” zagoriana.

Il primo "Zagorone", numero scritto da Burattini
- Vorrei sapere il tuo parere su una questione: spesso le case editrici rifiutano di ristampare integralmente tutte le storie di un personaggio (proprio come fatto per Tex, per Alan Ford e come si spera accadrà per Zagor) adducendo come motivazione la mancanza di mercato. Comprendi questa logica commerciale o ti indigni come cultore del fumetto? Anche fare una tiratura limitata a prezzi maggiori, non sarebbe una buona soluzione per i cultori della “completezza seriale”?

Ovviamente sono il primo a volere serie complete e filologicamente ben curate. La mancanza di un mercato, però, è una motivazione più che legittima, purtroppo. Stampare costa caro, e nessun editore desidera ritrovarsi con il magazzino pieno di tirature invendute. Una delle soluzioni potrebbe essere appunto quella della tiratura limitata, ma questo tipo di operazioni fa aumentare a dismisura il prezzo di vendita, che di conseguenza diminuisce ulteriormente i lettori. Se ne esce fuori male comunque. Ci vorrebbero grandi editori in grado di sostenere, in cambio di un ritorno di immagine, operazioni in perdita; oppure colossi che abbiamo proprie librerie e propria distribuzione che consentano di promuovere il prodotto. Forse le nuove tecnologie consentiranno di risolvere il problema.

- È risaputo che tu sei un grande collezionista: che consigli ti senti di dare ha chi ha la tua stessa passione e deve fare i conti con le proprie tasche? Fino a che punto è sano spingersi per una passione del genere?

La passione è passione, ma ci sono limiti da non superare. Si tratta di avere sale in zucca e non fare passi più lunghi della gamba. È un po’ come chi è dedito al poker online o passa il tempo davanti alle slot machine: bisogna giocare consapevolmente. Il collezionismo è divertente e appagante ma rischia, come il gioco d’azzardo, di rovinare le famiglie. Ognuno valuti le proprie risorse e poi scelga con giudizio come investirle.

- Leggendo la tua biografia si apprende dei tuoi scambi epistolari di gioventù con Sergio Bonelli: una cosa splendida ma che – purtroppo – sembra appartenere a un’altra epoca! Pensi che ci saranno mai altri editori dal volto umano come Bonelli,
che rispondeva volta per volta a ogni singola lettera che arrivava in redazione?

Sergio era persona speciale. Però, nel mio piccolo, almeno per quanto riguarda le lettere che scrivono a me, io cerco di imparare dalla sua lezione. E rispondo a tutti.

Foto che ritrae Burattini con Sergio Bonelli (secondo e terzo da sx)
- Quale ritieni sia il merito principale di Sergio Bonelli da ideatore di serie, sceneggiatore e da editore?

Il più grande merito di Sergio Bonelli è quello di aver fatto leggere fumetti agli italiani, inventando anche un formato e un linguaggio che tutti oggi riconoscono come “bonelliani”. Non sembri facile o banale dire “far leggere fumetti agli italiani”, perché si intende un coinvolgimento trasversale di lettori di tutte le età e di tutte le estrazioni sociali, offrendo piani di lettura differenti a seconda del livello culturale di ciascuno.

- Vuoi condividere con noi un ricordo particolare o un aneddoto a cui sei particolarmente legato che ha come protagonista Sergio Bonelli?

L’aneddoto risale all’inizio della mia collaborazione con lui, dunque al 1990, ai tempi del primo speciale Cico da me scritto. Gli avevo presentato un canovaccio con annotati in bell'ordine tutta una serie di sketch in cui il pancione vestiva i panni del trapper: le idee erano davvero tante, alcune brillanti, altre meno, altre ancora da perfezionare e mettere a punto. Nel prospettare a Sergio quale avrebbe potuto essere lo svolgimento della vicenda, feci l'errore di buttar lì un discorso di questo tenore: "scegliamo quali sono le gag da inserire in questo racconto, in ogni caso non butteremo via niente perché quelle scartate verranno buone per la serie regolare o per il prossimo special". Non l'avessi mai detto: Bonelli, con un tono che non ammetteva repliche, mi gelò  ammonendo che invece lui era pronto a stracciare in ogni momento qualunque pagina che avesse scritto, e che pertanto anch'io avrei dovuto fare lo stesso di fronte a quelle idee che fossero state bocciate. Bisogna essere generosi con i lettori, disse Sergio, avere il coraggio di gettare nel cestino ciò che non funziona, dimenticarsene, e uscire subito con un’idea nuova. Se non avessi imparato a farlo, non sarei mai diventato un buon sceneggiatore. Fu una bella lezione.

- Quali sono i progetti per la serie regolare di Zagor? Si sa già che cosa aspetta lo Spirito con la Scure dopo che il viaggio in Sud America sarà terminato?

Intanto facciamo finire il viaggio che è appena iniziato, e che durerà più di due anni. A Darkwood, ci sono tanti nemici che lo aspettano per vendicarsi...

- Dando per scontata la loro importanza per la vita della serie, quanto sono preziose per te – umanamente, intendo – le figure di Gallieno Ferri, Marco Torricelli e Mauro Boselli? Si tratta di colleghi o si può parlare di amicizia?

Gallieno Ferri è per me un secondo padre. Mauro, il primo amico a cui chiedo consiglio dato che lavoriamo nella stessa stanza, in redazione. Per Marco, sono io quello a cui lui si rivolge quando è vittima dell’ansia da prestazione di fronte alle tavole da disegnare. È bravissimo, ma teme ancora il giudizio dei lettori (come dovremmo fare tutti). Tre splendide persone.

- C’è qualcuno dei tuoi colleghi sceneggiatori in Bonelli a cui invidi (in senso buono, ovviamente) qualche particolare capacità?

Potrà sembrare una risposta data per piaggeria, ma è sincera: credo di avere da imparare qualcosa da tutti. Poi, si sa che dopo Nolitta il mio punto di riferimento è Giancarlo Berardi.

- Con che occhi guardi alle splendide storie del passato a firma Nolitta, Castelli e Sclavi? Secondo te c’è nostalgia per quelle penne tra il pubblico zagoriano?

Se non ci fosse nostalgia, vorrebbe dire che il mondo ha cominciato a girare al contrario. Per fortuna, Castelli è ancora attivissimo e per Sclavi non è detta l’ultima parola. L’importante è che ci sia gente che riesca a imparare la loro grande lezione.

Il n° 602 a colori per i 50 anni della testata
- Quanto è difficile – per uno sceneggiatore – rapportarsi a una serie che da oltre cinquant’anni viene pubblicata mese dopo mese? Il peso del passato si fa sentire, c’è maggiore responsabilità oggettiva rispetto a serie ‘meno’ storiche?

Indubbiamente sì. Zagor non solo è una seria storica con una tradizione lunga cinquanta anni, ma è anche una serie ideata da Sergio Bonelli e dunque ancor più da rispettare. Io l’ho soltanto avuta in affidamento e ne sono garante di fronte al pubblico e alla Casa editrice. I lettori, poi, sono molto attenti e non si possono tradire le loro aspettative. Lo Spirito con la Scure è poi un personaggio che crea empatia, per cui finisce per essere considerato un amico in carne e ossa, dunque guai a maltrattarlo.

- Pensi che sia ancora lunga la strada da percorrere perché tutti i preconcetti sul fumetto vengano meno e si smetta di considerare la letteratura disegnata come letteratura di serie B o come mero intrattenimento? Pensi che iniziative come quelle che state portando avanti in Bonelli siano utili in questo senso? Che fiducia nutri da questo punto di vista?

Di strada ne è stata fatta tanta, e oggi ci sono fior di intellettuali e professori universitari (da Frezza a Giorello, da Faeti a Brancato, da Barbieri a Stefanelli) che parlano di fumetto. Però il gap da colmare nella cultura italiana è ancora immenso. Paghiamo ancora il retaggio della guerra del Minculpop fascista ai fumetti durante il regime, e delle campagne moralizzatrici della Chiesa nelle parrocchie e negli oratori nel dopoguerra. Tant’è vero che è difficile che un autore di fumetti venga invitato in un programma televisivo. Sul supplemento del Corriere della Sera “La lettura” si parla in modo snob di cultura ritenuta “alta” e non si fa caso a quanto seguito abbiano ancora gli albi di Tex, non parliamo degli altri eroi. In Francia, invece, si dà spazio alle nuove uscite della bande dessinée come a quelle di narrativa. Le cose, tuttavia, continuano a muoversi e sono fiducioso.

Una perla inedita che Moreno regala ai suoi fans sulla sua pagina Facebook
- Cosa pensi della ‘società dell’immateriale’ che stiamo costruendo? Siamo proprio destinati a non dover più sfogliare nuovi libri in un prossimo futuro?

I libri di carta finiranno per fare la fine del teatro: non è stato ucciso né dal cinema né dalla televisione ma è diventato un prodotto di nicchia. Invece, gli e-book diventeranno presto la norma, con mio grande dolore. 

- In pochi sottolineano la tua infaticabile attività di conferenziere, saggista, biografo oltre che di sceneggiatore: non ti senti un po’ una mosca bianca in questo mondo? Ti senti di chiedere ai tuoi colleghi un maggiore impegno?

Io cerco solo di essere me stesso ed esprimere quel che ho per come sono. Non faccio nulla per sentirmi migliore o più impegnato dei miei colleghi, molti dei quali in realtà si danno da fare pure loro.

- Ti senti di descriverci il tuo blog personale? Che cosa offre ai suoi lettori “Fa freddo cane in questa palude”?

“Freddo cane in questa palude” è la realizzazione di quel che ho appena detto: l’espressione di me stesso. In due parole, un posto che mi rassomiglia. L’idea di partenza è stata quella di rendere disponibili agli eventuali interessati miei materiali che altrimenti sarebbero andati dimenticati. Sono infatti convinto che qualunque articolo, saggio, facezia possa aver pubblicato su carta nei decenni passati, non lascia traccia senza la possibilità di individuare quei testi con una ricerca su Google. Inoltre, dato che ho trascorso anni in prima linea nel mondo del fumetto, e ho conosciuto tante persone, scattato molte foto, fatto un certo numero di esperienze, ho cominciato a raccontare aneddoti, retroscena, situazioni, mostrando immagini tratte dai miei archivi. Infine approfitto del mio blog per dire qualcosa su ciò che vado facendo e farmi conoscere meglio dai lettori.

La copertina del romanzo
- Vuoi parlarci del tuo romanzo che vede Zagor come protagonista: “Le mura di Jericho”? Hai già in mente un seguito o una bel soggetto per un film?

Il romanzo “Le mura di Jericho” uscì originariamente in cinque puntate sulla rivista dello Zagor Club “Darkwood Monitor”, alla fine degli anni Novanta. In occasione del cinquantenario zagoriano, Cartoon Club ha pensato di raccogliere le puntate in un unico volume. Si tratta di una storia di Zagor mai raccontata in un fumetto, scritta con uno stile da dime novel. In pochi mesi è stata esaurita l’intera tiratura di mille copie e la Casa editrice mi ha chiesto un secondo romanzo che cerchi di bissare il successo del primo. Ma per il momento non ho il tempo di scriverlo, benché abbia chiarissimo il soggetto: il diario del padre di Zagor. Quanto al film, a ciascuno il suo mestiere: io faccio fumetti, se ci sono sceneggiatori cinematografici a trarre un film dal mio romanzo, ben vengano.
Disegno inedito di Torricelli che Moreno regala ai suoi fans sulla sua pagina Facebook

- Una piccola provocazione che spero ti stuzzichi: non ti senti di far parte di una ‘casta’? Mi spiego subito: quanto è difficile poter arrivare a fare il mestiere che fai tu? O meglio: qual è la strada da percorrere per un giovane che – come te quando avevi vent’anni – ha talento e sogna di scrivere le avventure del suo personaggio preferito? Con quale frequenza si assume nuova linfa in Bonelli?

Non mi sento parte di una casta, ma solo uno che è stato fortunato a poter realizzare un sogno. Poi, ho avuto anch’io le mie disgrazie riguardo ad altro: ma almeno riguardo al lavoro, faccio quello che ho sempre sognato di fare. Quando sono arrivato in Bonelli, alla fine degli anni Ottanta, il clima che si respirava era del tutto diverso. La principale differenza è il maggior numero di lettori che c’erano in circolazione, che significava più concorrenza fra le case editrici e quindi maggiori stimoli e opportunità per gli autori. Il boom di Dylan
Dog, che allargò il mercato attirando nuovo pubblico, servì anche a far cadere le artificiose barriere tra il fumetto popolare e quello d’autore. Oggi il pubblico sta scomparendo. E con esso, il numero di editori. È per questo che sarà sempre più difficile per un giovane trovare lavoro nel mondo del fumetto. Ci sono tantissimi disegnatori e sceneggiatori bravi (più bravi della media di una volta) e pochissimi spazi liberi. In Bonelli arrivano più o meno dieci nuovi autori ogni anno. La strada da percorrere è solo quella di provarci, ma a differenza di una volta quasi non c’è modo di fare altrove la gavetta. Si deve arrivare già “imparati”. E siccome è dura, bisogna essere molto ma molto motivati.

- Nonostante il tuo lavoro, sei riuscito a non perdere il tuo lato adolescenziale nel corso degli anni? Continui sempre a comprare i tuoi albi preferiti (ci dici quali sono)?

Certo che sì. Sì, non ho perso il lato adolescenziale. Sì, continuo a comprare i miei albi preferiti (anche se quelli Bonelli me li regalano). Sì, vi dico quali sono: tutti i Bonelli, Alan Ford, Rat–Man, Nirvana, qualche supereroe, volumi cartonati francesi, graphic novel di vario tipo, raccolte in volume di grandi classici. Ma entrare nel dettaglio sarebbe troppo lungo! 


Sperando di avervi regalato dei piacevoli momenti, vi ringraziamo per averci dedicato il vostro tempo e mandiamo tutti insieme un ultimo saluto e un sentito augurio a Moreno per la nuova avventura di Zagor e per tutto il suo lavoro futuro!
AYAAAK!
ROLANDOVELOCI 

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