DYLAN DOG #337- tanti Dylan, un solo Dylan.


Una riflessione sulla rivoluzione che parte dallo "spazio profondo".


Da alcuni giorni è in edicola Spazio profondo, l’albo n.337 della serie regolare di Dylan Dog, da cui parte la ormai celeberrima rivoluzione della vita editoriale dell’inquilino di Craven Road. Uno di quegli avvenimenti che meritano di essere metobolizzati e approfonditi prima di parlarne. Ecco perché gli Audaci si sono presi il loro tempo e hanno deciso di non presentarvi una tipica recensione (che potete agevolmente trovare un po’ dappertutto in questo periodo), ma una riflessione riguardo la storia, ciò che rappresenta e quali spiragli apre per il Dylan Dog a venire.

[Inevitabilmente, potremmo spoilerarvi qualcosa se non avete ancora letto l’albo!]



- La trama di Spazio profondo
Innanzitutto, vi riassumiamo telegraficamente la trama (con mille spoiler!), per cui quei tre o quattro che ancora non hanno deciso se comprare o meno Dylan Dog #337 farebbero meglio a decidersi!
In sostanza, ci troviamo nel 2427, anno in cui assistiamo al risveglio di una versione artificiale del nostro Indagatore dell’Incubo (il “numero 5”), contenente un costrutto mnemonico realizzato a partire dalle memorie di Dylan Dog. Questo essere artificiale è stato creato dall’Impero di Albione per indagare su alcuni fantasmi che infestano una nave spaziale, la UK-Thatcher, e non è nemmeno l’unico del suo genere: ad accompagnarlo nella sua missione troviamo altri quattro di questi esseri artificiali, ognuno creato a partire da Dylan Dog ma con delle caratteristiche accentuate e peculiari: c’è quello anziano, quello pronto all’uso delle armi, quella (!) empatica e quello adattabile a ogni situazione. Già molti di questi esseri artificiali erano stati inviati in passato nella medesima speranza, ma senza mai riuscire nel loro intento. E anche stavolta, solo uno sopravvivrà e nel luogo in cui lo troviamo alla fine non sarà certo esente da ulteriori incubi…
  


- Cerchiamo di non sottovalutare mai i disegni e i colori
Detto ciò, parliamo degli autori. Se di Roberto Recchioni parleremo copiosamente tra poche righe, è opportuno partire con alcune considerazioni riguardo il team di artisti chiamati a visualizzare graficamente la stori: Nicola Mari ai disegni, Lorenzo De Felici ai colori e l’immancabile Angelo Stano come copertinista! Già i nomi promettevano bene, e infatti il risultato non ha negato di soddisfare pienamente il palato audace.
Impossibile non elogiare la copertina di Angelo Stano, con quel Dylan in posizione fetale, rimando a Kubrick e all’idea di rinascita. Nuovo tassello di importanza capitale che si va ad aggiungere a tante altre cover consegnate alla storia dall’artista di Santeramo.
Di Nicola Mari, poi, abbiamo già tessuto le lodi già parlando della sua recente grandiosa performance su Il principe di Persia, Le storie #23. Ad essere sinceri, forse il suo tratto si accompagna in maniera più calzante ai bianchi e neri, in cui riesce ad esprimere maggiormente i toni gotici e spigolosi ed anticonvenzionali. Eppure anche in questo Spazio profondo riesce a convincerci, con l’aiuto delle scelte cromatiche di De Felici che rendono l’albo moderno e dalla colorazione decisamente al top!

- Significati ed allegorie: i tanti Dylan!
Passiamo ai testi e al loro significato. Avremmo voluto scrivere lunghe riflessioni astratte ed elucubrazioni tematiche riguardo cosa si nasconde dietro una storia del genere. Avremmo voluto essere quelli che vi spiegano che non dovete stare tutto il tempo a discutere delle ombre della caverna ma, come Platone insegna, dovete guardare oltre. Invece, tale Mr. Glass (dal forum di Comics.it) pare averci bruciato sul tempo (e reso al contempo tutto più semplice), facendoci vedere oltre il vetro trasparente delle illusioni orchestrate da Recchioni.
Come lo stesso Recchioni conferma, infatti, “la storia è anche una grossa metafora editoriale”. Ogni elemento della storia può essere interpretato nel suo significato allegorico, come rappresentazione del momento editoriale della testata ammiraglia della flotta Bonelli: innanzitutto la nave UK-Thatcher che va alla deriva rappresenta la stessa serie di Dylan Dog, nata nel 1986 (quindi appunto in epoca Thatcher, come ribadito dalle tante battute sulla Lady di ferro che il buon Groucho faceva in quegli anni) e che ultimamente in effetti non navigava in ottime acque. In quest’interpretazione del buon Mr. Glass, i prigionieri presenti sulla nave sarebbero i lettori, “tormentati dagli echi di personaggi (non a caso, Bree e Bloch)”. I tanti “cloni” di Dylan ciclicamente inviati in passato sulla nave (per tentare di porla in salvo) altro non sarebbero che gli albi di Dylan Dog che sbarcavano mensilmente in edicola, tentativi dei vari scrittori succeduti a Sclavi di proseguire degnamente la vita editoriale del personaggio, dimostrando però di riuscire a centrare solo in parte la caratterizzazione, l’atmosfera e lo spirito del Dylan originario (quindi “cloni” imperfetti ed incapaci di portare a compimento la missione).


I cinque Dylan su cui verte l’albo verosimilmente non sono altro che la personificazione dei Dylan “alternativi” principali, dal più emotivo al più guerrafondaio (alcuni più plausibili, altri meno, ma tutti estremizzati in un aspetto specifico, eccetto ovviamente il numero 5). E questa suddivisione in tanti Dylan Dog, a livello esistenziale, potrebbe essere lo specchio delle mille aspettative che sicuramente lo stesso Recchioni avvertiva su di sé nello scrivere l’albo e nell’assumere le redini del personaggio. Del resto, a ogni scrittore sarebbero tremate le gambe nel momento in cui Tiziano Sclavi ti consegna le chiavi della Ferrari più bella e costosa di tutte ed afferma di aver fiducia in te (la famosa “benedizione papale”). Da qui la risposta metaforica che Recchioni sembra dare attraverso l’albo (“Quale Dylan credete di trovare da oggi in poi? Lo stesso di sempre, ma ovviamente non quello di Sclavi, perché Sclavi ha abdicato… quindi niente sangue vero alla fine, sono tutti cloni!”).

In questo senso, il vero incubo, il vero gioco con il lettore è proprio nell’ultima tavola, in cui si scopre che anche questo numero 5, il Dylan che sembra un replica perfetta di quello a cui siamo tutti affezionati, in realtà altro non è che un nuovo “clone”, anche questo inevitabilmente portato a deludere le aspettative e le esigenze dei lettori. Quindi anche il nuovo corso deluderà? E perché? Perché ogni lettore ha la sua storia preferita e un’idea ben precisa di ciò che cerca in una storia di Dylan Dog. E gli pare che quest’idea coincida con quella che tutti hanno del personaggio. Invece, paradossalmente, tutto è molto più relativo di quel che si pensa: ognuno cerca in Dylan Dog qualcosa che rispecchi le proprie paure, che lo tocchi in punti a lui dolenti, che lo scombussoli nel profondo dell’animo. Storie da cui puoi aspettarti l’incubo, ma anche il sogno, permeate da una rappresentazione stratificata e non sempre oggettiva della realtà.
Insomma, è uno di quei casi in cui non è affatto irrilevante scoprire il gioco delle rappresentazioni, perché c’è tanto sotto da scoprire e l’idea di raccontare il momento editoriale del personaggio mediante una storia a fumetti è un ottimo punto di partenza per il rilancio della serie. Poi, oltre alle tante allegorie e disquisizioni metafumettistiche, l’episodio ha comunque tutte le caratteristiche per essere godibile e significativo anche senza cercare questi significati ulteriori: gli incubi, le identità, gli inferni, gli incontri con altre versioni di se stessi (e con altri amici sotto forma di mostri!). Mica poco…

 

- Oltre la disgregazione: un solo Dylan?
Quest'albo è senz'altro frutto di riflessioni organiche circa la natura profonda del personaggio. Anche perché, senza un’accurata analisi di ciò che Dylan Dog è stato e potrebbe essere, probabilmente questa rivoluzione (detta “fase due”) non si sarebbe potuta nemmeno mettere in piedi (e invece noi ci auguriamo che il team di autori messi in gioco non deluda minimamente le aspettative!). Detto ciò, sarà importante capire quale Dylan Dog emergerà da tutti i cambiamenti in atto: gli autori dovranno sforzarci di ridarci un solo Dylan, quello vero!


- L’importanza per la vita editoriale del personaggio e le aspettative per il futuro
Roberto Recchioni, in definitiva, ha voluto esordire in un modo sicuramente poco convenzionale alla guida del personaggio fumettistico italiano che maggiormente incarna le paure e la sensibilità dell'uomo moderno. L’autore romano si trova ad avere a che fare con personaggi impressi in maniera vivida nell'immaginario dei lettori: tutti conoscono Groucho, tutti conoscono Bloch. Perché avere fiducia in RRobe & co.? Perché questo immaginario sicuramente costituirà un terreno fertile e un background forte per la sua gestione su Dylan Dog: Recchioni ha dimostrato su più fronti di saper giocare in maniera esemplare con le entità impersonificate, con i “personaggi famosi” da destrutturare (senza snaturarli). Ovviamente questo senza dimenticare la sua predilezione per le storie con i toni forti (e spesso anche veloci nella lettura, ma non è il caso di questo Spazio profondo), con i colpi di scena e con i livelli di lettura stratificati, tutte caratteristiche che potrebbero giovare se utilizzate per bene.

Le speranze, quindi, ci sono tutte! Diamo tutti quanti una possibilità a questo rinnovamento, partiamo senza alcun pregiudizio e ci sapremo godere una stagione sicuramente ricca di sorprese per il fumetto italiano!

Giuseppe “Giuppo” Lamola


Bozzetti per la copertina di DD 337

Copertina in stile "Urania"

La proposta di Sclavi (sketch di Recchioni)

Versione "2001 Odissea nello spazio"
La versione definitiva di Angelo Stano

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